Carovilli, il cerro con le foglie che non cadono quasi mai?

Un signore che abitava vicino questa “quercia” che potrebbe essere un ibrido tra un cerro e una sughera lo chiamava “l’albero di Natale”, forse aveva ragione. In vicinanza e in autunno mentre i cerri intorno perdono le foglie, questa pianta pare le mantiene, quasi sempre. Con Salvatore ed Antonio allora siamo stati a vedere più da vicino quest’albero che si trova in località Fonte Curelli Circonferenza 225 cm, tronco inizialmente unico, poi si biforca in due grosse branche.  Pianta ben slanciata molto alta con chioma regolare. Toccata la corteccia in effetti sembra sugherosa, ma di solito tutte le cortecce delle piante vecchie assumono una consistenza sugherosa. Parte cava della coteccia di colore rosa,  ma non è un parametro per definire facilmente la specie. Vediamo le foglie purtroppo rimaste poche a seguito della gelata tardiva di fine aprile 2016, comunque non sembrano quelle del cerro, non hanno alla base del picciolo 2-3 alette e nemmeno i lobi profondi quasi a toccare la nervatura centrale.

Caratteristiche foglie di quercia
Caratteristiche foglie di quercia

Potrebbe essere una roverella ma le foglie sono diverse e la “copula” del frutto invece ha i cirri, e forse un po’ più corti del cerro e poi in questo  ambiente le roverelle non si trovano facilmente . Allora potrebbe essere un ibrido tra un cerro e una sughera, chiamata Quercus crenata ? (da confermare).

cerrosughera

 

Un cerro sughera?
Il cerro sughera? di Carovilli  da google earth

 

L'albero senza foglie per la gelata tardiva di fine aprile 2016

 

 

 

 

L’Albero del Piccioni nelle Marche, una grande emozione

Siamo stati a Mozzano vicino Ascoli Piceno. Un passaggio veloce con l’auto sulla strada Salaria. Ho inserito per gioco, su maps di google “Albero del Piccioni”, e l’abbiamo trovato.

Lo conosciamo bene in  quanto chi ha letto il libro di Valido Capodarca “Alberi monumentali delle Marche; non può che rimanere senza fiato ed un po’ emozionato nella lunga descrizione e della storia di quest’albero. La riassumiamo brevemente, poi le fotografie fanno il resto.  Diciamo che un platano con un tronco di circonferenza di 8,70 metri non l’abbiamo mai visto. Alla base comunque la circonferenza è di 10,50 metri. Diciamo pure che  circa 25  metri di diametro della chioma sono un numero di tutto rispetto e l’età millenaria di questo Platano ci fa  capire come sia la pianta tra le più maestose originali e unica per questa specie. Un patriarca con la “P” maiuscola. Valido Capodarca afferma: “l’Albero del Piccioni è oggi, senza tema di smentite, la pianta più conosciuta dell’intera regione Marche e noi aggiungiamo di tutti i cercatori di alberi e non solo.  La denominazione “di Piccioni” deriva probabilmente dal fatto che l’albero si trovasse nel i terrreni di Piccione Parisani, nobile ascolano, e l’albero era citato nei documenti come albero di confine della via Salaria  tra il territorio di Mozzano e Ascoli Piceno. Secondo una tradizione popolare invece il nome sarebbe legato al celebre brigante Giovanni “Piccioni” . Gia intorno all’anno 1000 ci sono dei documenti che forse ne attestano la sua esistenza, ma ci sono dei dubbi, anche perchè un platano in media arriva fino a 300-450 anni. Ci viene in mente il platano dell’Ortobotanico di Roma.  Vedendo le foglie dell’albero a prima vista sembra un Platanus  Orientalis, ma ci sono alcuni dubbi, e potrebbe essere una antico ibrido sterile come afferma anche Valido Capodarca. Non potrebbe essere nemmeno un Platanus acerifolia o hybryda cioè  un incrocio di vivaio o spontaneo fra il platano orientale arrivato in Italia duemila anni fa e quello occidentale o sicomoro americano in quanto è arrivato in Italia importato solo all’ inizio seicento (Cit. Tiziano Fratus).  Un platanus orientalis con una circonferenza di 6,50 metri si trova all’ortobotanico di Roma  https://www.flickr.com/photos/molisealberi/5725541579 ed è datato  da 300 a 500 anni  con circonferenza di  220 cm  più piccolo di quello del Piccioni.  Ipoteticamente per un platano ci vogliono  300-500  anni per aumentare il diametro del tronco di 2 metri. Quindi potrebbe avere un millennio di età, ma forse abbiamo esagerato con questo numero a tre cifre, se pensiamo ad altri alberi millenari. Il tronco dell’albero ha tre aperture, tanto che mi sono divertito  ad entrare ed uscire più volte senza toccarlo. Una curiosità e un fatto forse unico che descrive Valido Capodarca nel suo libro. Nel 2004 un camion andò a finire contro l’albero, travolgendo anche il  cartello con la scritta sulle sue caratteristiche. L’autista si salvò grazie all’albero. Sotto c’è una a scarpata abbastanza alta che porta su una stradina e poi un  dirupo sul fiume Tronto. Consigliamo una visita a questo pianta cercando di non scrivere sul tronco dell’albero e di non lascaire i rifiuti visto che c’è una panchina e un cestello di raccolta.

per dettagli Alberi Monuemtali delle Marche di Valido Capodarca Edizioni Roberto Scocco anno 2008

La pineta di Petacciato

Siamo stati sulla costa molisana, nella pineta di Petacciato. Pineta realizzata dall’uomo negli anni 50. Ci troviamo nell’area SIC Foce del Trigno-Marina di Petacciato. Nella pineta costiera oltre agli alberi ci sono rifiuti di vario tipo. L’area della pineta è quasi un rettangolo,  ha una lunghezza di circa 2300 mt per una superficie di circa 65 ettari.

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L’habitat di interesse prioritario è classificato numero 2270  “Dune con foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster”  anche se c’è nei margini della pineta una invasione dell’Acacia saligna con i suo caratteristici fiori

Acaciasaligna
Acacia saligna, infestante della pineta

L’acacia Saligna propagandosi per stoloni sotterranei è diventata molto invasiva, assieme all’Eucalipto. Sulla duna costiera abbiamo visto la  Salsola kali  e anche la Cakile maritima Scop. subsp. maritima e una bella fioritura di Silene colorata sulla spiaggia. Si vedono alcuni pini caduti  altri sono  inclinati e  secchi che potrebbero cadere  L’habitat prioritario è qui presente in ampi poligoni, situati secondo  fasce parallele alla linea di costa e piste  perpendicolari che permetono di raggiungere la spiaggia.  Altre specie presenti nella pineta  sono  Pistacia lentiscus L., Phillyrea latifolia ,  Rosmarinus officinalis, Rhamnus alaternus e i Cistus ssp.

lentisco

Ci siamo fermati soprattutto ad osservare qualche esemplare di Quercia; ne abbiamo viste alcune sempre nella parte più a Nord che a prima vista sembrerebbero farnie con foglie ristrette alla base, con un corto picciolo e con  due caratteristici piccoli lobi ineguali (orecchiette). Poi ci è venuto un dubbio.  Potrebbe  essere anche rovere che spesso si ibridizza proprio con la farnia per cui la classificaizione si rende difficile. Queste querce comunque acquistano un alto valore ecologico nella pineta per cui dovrebbero essere meglio mantenute e conservate.

Farnia? Rovere?
Farnia? Rovere?

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La “Cerquabella” Storia di una fine di un grande monumento (anno1986)

Siamo nelle Marche, a Montegiorgio sulla via Faleriense nella terra di Valido Capodarca uno dei primissimi cercatori di alberi, almeno in Italia. Valido ha vissuto un po’ tutta la storia della Cerquabella di Montegiorgio. La descrive nel suo libro Alberi Monumentali delle Marche. E’ stata tanto famosa da essere nota come la quercia più bella d’Italia. Forse è la quercia con più pubblicaizioni di ogni genere. Già nel  1981 era sulle Carte del Touring Club Italiano. Scrive Valido: …quando pochi grandi alberi erano conosciuti a livello nazionale, ce n’era solo uno che aveva l’onore di essere riportato, con nome e tondino di localizzazione, sulle carte automobilistiche del T.C.I. Questo albero era Querciabella, della quale –morta nel 1986 – è conservato il rudere ancora in piedi. Consideriamo che nemmeno il Castagno dei Cento Cavalli o il Platano dei Cento Bersaglieri avevano questo onore.  La circonferenza del fusto prima di morire era  di 5,60 per Querciabella, il diametro della chioma è 34 metri  L’altezza era di 22 metri. la sua biografia era ricchissima di episodi e anedotti. …. Sotto la chiona per secoli avevano bivaccato Carovane di zingari e la sua ombra aveva offerto riparo a tente famiglie nella tradizionale scampagnata del Primo Maggio….  Oggi Cerquabella è ridotta a un rudere, impressionante per le su dimensioni e per tutti i significati allegorici che sembra voler trasmettere a chi lo osserva. Cerquabella era un albero che avrebbe meritato un monumento per la incomparabile bellezza, ma non c’è n’è stato bisogno: il suo monumento se l’è eretto da sola”. da: “Alberi monumentali delle Marche” di Valido CAPODARCA – 2007
Quando nel 1984 Valido Capodarca, scrisse: Marche cinquanta alberi da salvare e quando nel 1986 la pianta non cominciò più a germogliare ad indicare la fine della sua storia noi di molisealberi non ancora esistevamo. Solo dopo circa 15 anni abbiamo cominiciato a leggere i libri di Valido Capodarca e in particolare: “Abruzzo sessanta alberi da salvare” del 1988.

 da gli alberi di Valido. Foto della Cerquabella di Motegiorgio di Valido Capodarca

Cerquabella_1983
Cerquabella_1983
Cerquabella_1987
Cerquabella_1987
Cerquabella2009
Cerquabella 2016 da Google Earth

 

Tra i grandi alberi dell’Ortobotanico di Roma l’Agathis robusta

Le Agathis sono un genere di piante della famiglia delle Araucariaceae provenienti generalmente dall’Oceania. Si tratta di  grandi alberi sempreverdi che crescono dritti  fino ad un’altezza di 40 m, con corteccia liscia.  Le foglie sono di 5-12 cm di lunghezza e di 2-5 cm di larghezza, dure e coriacee nella struttura, senza nervatura centrale; sono disposte a coppie contrapposte (raramente spire di tre) sullo stelo. I coni sono globosi, 8-13 cm di diametro, e maturano in 18-20 mesi dopo l’impollinazione; poi si disintegrano a scadenza per liberare i semi.
Questi alberi sono spettacolari, sono di dimensioni prodigiose e sono anche abbastanza rari qui da noi. Si trovano solo in ortobotanici. Una pianta di Agathis l’abbiamo fotografata all’ortobotanico di Roma. E’ veramente “robusta” almeno con il suo tronco di forte resistenza. Svetta altissima di fronte la serra Arancera.

Agathis robustaper dettagli e altre foto in un nostro precedente articolo Una giornata con i grandi alberi all’ortobotanico di Roma   http://www.molisealberi.com/wp-content/uploads/2013/05/95122158-Una-giornata-con-i-grandi-alberi-dell-Ortobotanico-di-Roma.pdf

agathisrobusta1

 

 

Il fascino del Larice di Morgex località Grignes Rosses

Non ci siamo stati a Morgex in Valle d’Aosta. Sapevamo del  famoso vino D.O.C. “Blanc de Morgex et de La Salle” (i vitigni tra  più alti d’Europa). Il vino è stato trovato e anche bevuto ma per pensare al vino ci si è dimenticati di andare a trovare un Larice millenario. Tiziano Fratus  descrive il suo incontro con questo Larice nel 2012. Arrivati nel paese di Morgex si seguono le indicazioni per località Villair, Da qui si parte per l’Alpe Licony e  per circa tre ore di cammino non facile si arriva al Larice. Fratus  lo descrive come:  un patriarca della terra che gli uomini hanno stimato in mille anni. Le misure ufficiali sono riportate nell’immancabile targhetta in ferro arancione che la Regione Valle d’Aosta ha posizionato ai piedi di tutti i monumentali, 505 cm la circonferenza del tronco (a petto d’uomo, ovvero a 130 cm da terra) e 30 metri di altezza. Come tutti i larici monumentali è cresciuto leggermente inclinato. A otto metri di altezza il tronco emette le prime branche laterali. Le ramificazioni più basse sono state spezzate. Dal Libro delle Piante Monumentali della valle d’Aosta si legge che questo è il larice tra i più longevi della Valle d’Aosta  dal quale si è potuto risalire all’età  che supera i 1000 anni. Dal sito del navigatore cartografico della Regione oltre ai sentieri  sono localizzati anche gli alberi monumentali  http://geonavsct.partout.it/pub/geosentieri/

LaricediMorgex

Ad Issen un Libocedro o Calocedro o Cedro della California (Calocedrus decurrens Florin)

Non è facile incontrare un Cedro o Cipresso della California dalle nostre parti. Dovremo andare subito nel parco dello Yosemite in California. Eppure in Italia in qualche parco o giardino ci sono dei Calocedri (a Napoli per esempio). Tiziano Fratus nella sua rubrica di cercatore di alberi sul giornale la Stampa del luglio 2015 rimane impressionato da un calocedro policormico, che si trova in Toscana nel famoso Arboreto di Vallombrosa nel comune di Regello (FI). Vedendolo ll calocedro lo riporta  immediatamente in California, a Yosemite. Egli scrive  “L’albero da solo vale il viaggio. E’ maestoso, la base si spalanca in un ventre circolare (ben 750 cm la sua circonferenza) nel quale posso entrare per sbirciare la fuga verticale delle sei branche primarie in cui si articola. La luce scava nel legno come se fosse una frattura nella roccia d’una grotta. Splendide le nostre foreste e i nostri parchi monumentali, ma che perdita se un giorno non fossero stati accolte queste splendide specie straniere! Bisogna aprire il cuore, usare quel che Dio ci ha messo in testa.” Anche noi di molisealberi abbiamo visto un Calocedro in Toscana a Badia Prataglia e in Valle d’Aosta a Issen. Se non era per la targhetta arancione posta sulla rete metallica che circonda una villa, passava inosservato. Siamo lungo la valle del Lys o Valle di Gressoney in zona Walser.I dati di questo albero si leggono nella foto Calocedrusdecurrens

Calocedrusdecurrens1
la caratteristcia chioma del calocedrus di Issen

Calcedrusdecurrens.pngIl calocedro, è un albero originario della California  con corteccia rossastra  con delle fessurazioni e si sfoglia in lunghe strisce sulla base del tronco dei vecchi alberi. Le foglie son di un bel colore verde brillante e squamiformi  Il Calocedrus decurrens è una pianta monoica. Il nome generico deriva dal greco ‘kalòs’ (bello) e dal latino ‘cedrus’, nome che designava una conifera; il nome specifico si riferisce alle foglie decorrenti sui rametti. Il suo legno è uno dei principali materiali utilizzati per la realizzazione di matite, facile da temperare. Questa pianta ha un suo fascino, pur se non fa parte del nostri ambienti.

Donnas i 2 Platani delle Caves

Specie : Platanus Acerifolia (Aiton) Willd (Platano comune)
Circonferenza esemplare di destra 480 cm circa
Altezza circa 38 metri (Fonte: Le piante monumentali della Valle d’Aosta di Corrado Letey)
Età 325 anni (300 anni nel 1993)
Siamo stati a Donnas, in Valle dìAosta dove c’era molto probabilmente il più grosso
ippocastano d’Italia con una circonferenza di 570 cm chiamato la “Pianta Grossa” di cui avevamo già scritto qui  http://www.molisealberi.com/valle-daosta-a-donnas-cera-il-piu-grande-ippocastano-ditalia/  Dal 2012 l’ippocastano non c’è più. Ci siamo fermati velocemente ad osservare 2 Platani che svettano sull’abitato di Donnas lungo la strada statale 26. Una misura veloce, una toccata al tronco e una foto. Non avendo un obiettivo idoneo non ho potuto fotografarli per intero visto la notevole altezza. Inoltre avevo un po’ bloccato il traffico veicolare.
Siccome c’erano dei cartelli “AFFITTASI” o “VENDESI” su un palo in vicinanza dei due monumenti naturali , qui in Valle d’Aosta  vendono anche i grandi alberi ? Alberi come questi, di dimensioni, età e di alto valore paesaggistico, vincolati e tutelati dalla Regione Valle d’Aosta non hanno nessun prezzo. Devono essere osservati e toccati anche se solo per un attimo. Il Platano a sinistra ha un tronco un po’ più inclinato e una corteccia che sembra “bruciata”.

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Donnas I 2 Platani delle Caves
Donnas I 2 Platani delle Caves

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Le foreste servono nella lotta ai cambiamenti climatici ?

Il ruolo delle foreste nella lotta ai cambiamenti climatici e’ sempre piu’ riconosciuto come fondamentale in tutto il mondo. Rappresentanti dei governi, forse alcune imprese, sindacati, organizzazioni non lucrative, università, istituti di ricerca, comunità  di vario tipo,  gestori delle foreste in riunioni, convegni, conferenze, dibattiti in rete, studi analisi,  chi di più chi meno si dice nei documenti finali che: le foreste e i loro prodotti hanno la capacita’ straordinaria di ridurre le emissioni di gas serra, catturare il  carbonio, e ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici sull’ambiente e sulle persone.” Frase ormai fatta è che quasi tutti hanno più o meno capito.  Il problema è sempre il solito cercare di capire meglio. Se riscriviamo questa frase in modo diverso o meglio partendo dalle foreste per arrivare al clima scriviamo:  “La mancanza  delle foreste e i loro prodotti aumentano le emissioni di gas serra, non si cattura il carbonio, aumenta quindi l’impatto dei cambiamenti climatici sull’ambiente e sulle persone. Se non ci fossero le foreste noi uomini non saremo su questa terra, quindi tutto parte dalla presenza e “forza”  delle foreste.

Amazzonia la Foresta pluviale
Amazzonia la Foresta pluviale

Noi ci scordiamo spesso o meglio non capiamo cosa si intende per foresta. Dove c’è la foresta non c’è l’uomo. La foresta infatti   una vasta zona non antropizzata (quindi l’uomo non dovrebbe esserci)  dove la vegetazione naturale, costituita soprattutto da alberi ad alto fusto, cresce e si diffonde spontaneamente.  Le foreste pluviali, che coprono solo il 6 % della superficie terrestre  ospitano metà delle specie terrestri, stanno scomparendo velocemente. La deforestazione di queste determina un continuo incremento della concentrazione di anidride carbonica che corrisponde approssimativamente al 20 % delle emissioni mondiali di CO2 . Nelle foreste ci sono gli alberi che assorbendo ed immagazzinando il diossido di carbonio, hanno un ruolo fondamentale nel mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Il carbonio viene immagazzinato nella biomassa forestale, nel tronco, nei rami, nelle foglie nelle radici nel suolo. Una foresta lavoro costantemente all’immagazzinamento di carbonio  perché nuovi alberi sostituiscono quelli abbattuti, ed anche dopo i prodotti legnosi continuano ad immagazzinare carbonio. Negli ultimi 15 anni, la superficie forestale in Europa per esempio è cresciuta di circa 13 milioni di ettari, Allora perche c’è un continuo incremento della concentrazione atmosferica dell’anidride carbonica (CO2) che è forse il problema  scientifico e non solo “scientifico” da risolvere in questo nuovo millennio ? Vuol dire che le foreste in Europa servono poco rispetto a quelle tropicali e pluviali dell’Amazzonia a ridurre la Co2?  Il dibattito continua.

Il cerro si rinnova?

Per chi ancora non lo sa il cerro è una quercia. Di solito  molti  fanno riferimento alla “quercia” che  viene identificata spesso  con una roverella o una farnia. Il suo nome latino è  Quercus Cerris L. Il Cerro è abbastanza diffuso in Molise in particolare in Alto Molise. su una fascia  altitudinale tra gli 800 m a 1000-1200 m di quota. Comprende la fascia della classe Querco-Fagetea  dell’ordine Fagetalia sylvaticae, Nei riguardi del terreno la pianta preferisce terreni argilloso-compatti. La crescita di una piantina avviene più agevolmente con una copertura che non superi circa il 50% del sole pieno; da giovane ha crescita molto veloce ma dopo alcuni anni molte piante muoiono praticamente si “seccano”. La rinnovazione del cerro rappresenta, forse, il problema selvicolturale più importante in alcune zone del Molise a prevalenza di tale specie, se pur attenuato dalla superficie ancora  ridotta e dalla presenza di popolamenti di recente formazione. Nonostante la copiosa disseminazione, la nascita di numerosi semenzali e l’aiuto con ripetute cure colturali, le giovani piantine spesso non riescono a superare la soglia critica del terzo – quarto anno d’età. Tale problema è da imputare principalmente al rilascio di un elevato numero di piante portaseme che se, da una parte, favorisce un’abbondante disseminazione, dall’altra riduce notevolmente la quantità di luce utile per il successivo sviluppo dei giovani semenzali. Diverse esperienze dimostrano che quando il cerro non ha ostacoli alle sue esigenze di luce si sviluppa eccezionalmente superando senza difficoltà tutti gli ostacoli che si possano presentare. Ne è testimone, inoltre, la rinnovazione presente ai margini dei boschi, ben sviluppata, e quella che si presenta tutte le volte che una buca nella copertura favorisce l’ingresso della luce. Trovare poi grandi alberi  di Cerro con circonferenze superiori  a 400 cm  diventa spesso un po’ difficile almeno all’interno di boschi “chiusi”. Molti alberi con circonferenza superiori a 400 cm sono in effetti in zone ai margini di boschi, vicino vecchi casolari e ruderi, in aree più aperte del bosco  come nei comuni dell’Aloto Molise di Castel del Giudice, Chiauci, Pietrabbondante, Carovili,  Vastogirardi ecc.. A Chiauci infatti c’è forse il più grande Cerro del Molise di cui abbiamo già scritto in un precedente articolo.