Benvenuti su 'Molise Alberi', il blog dedicato agli alberi secolari e ai boschi rigogliosi della regione Molise. Scopri le storie, le curiosità e le meraviglie nascoste dietro ogni tronco e foglia
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Siamo sulla montagnola molisana tra pascoli e faggete, zone spesso meno conosciute e frequentate se non nei periodi estivi. Cavalli, bovini pecore brucano l’erba nell’area del lago di Civitanova chiamato anche lago di San Lorenzo. Qualche macchina e ciclisti sulla strada che sale dal Comune di Sessano nell’area. L’asfaltata costeggia a monte per un breve tratto il lago e poi scende in direzione di Frosolone. L’acqua nel lago ad agosto e settembre di solito non c’è, solo in inverno e con le piogge si creano dei “pantani”. Si nota da lontano una casetta rifugio su una piccola collinetta che sovrasta il lago. Scendendo nell’area del lago sulla brecciata a destra si vedono alcuni faggi ma anche numerose piante di felci e cardi. Gli animali al pascolo sanno cosa scegliere. Tra alberi sparsi un faggio tricormico con una chioma molto alta e larga e di tutto rispetto. Circonferenza circa 6 metri. “Impressioni e colori verdi e grigi di Settembre
Un faggio tricormico con fusti cilindrici quasi tutti uguali. Una perfezione della natura
Riportiamo una delle tante storie di grandi alberi del nostro amico Valido Capodarca:
Pizzone pianoro Le forme Foto del 1987 di Valido Capodarca tratta dal gruppo facebook di molisealberi descritto nel libro “Abruzzo, 60 Alberi da salvare”
Altro albero molisano descritto nel mio libro “Abruzzo, sessanta alberi da salvare” è un grande faggio che si trova a Valle Fiorita, una conca di origine glaciale sempre in comune di Pizzone .In realtà il pianoro si chiamava Le Forme, ma da poco tempo gli era stato conferito il nome, più accattivante ai fini turistici, di Valle Fiorita. Qui, gli alberi monumentali, sarebbero tantissimi; ne scelsi uno che, a un primo assaggio, mi sembrava il più grande. La circonferenza era di ben m. 6.85 misurata nel 1987. Il terzo inferiore del fusto è metà legno e metà pietra. Il faggio cioè, dopo essere nato vicino a un masso, nel corso dei decenni o secoli, lo ha inglobato. Oggi, o almeno nel 1987, la parte di roccia sembra quasi una protesi messa lì a sostituire una parte di fusto mancante. Ad accompagnarmi sono i soliti guardaparco Spina e Di Cianni e, mentre la macchina va, continuano gli aneddoti e i racconti. Un contadino di Pizzone, proprietario di alcune piante di ciliegi, si era accorto che durante la notte un misterioso ladro si intrufolava nel suo orto e faceva man bassa di ciliegie. Non solo, ma il vandalo non si limitava a mangiarle, bensì provocava anche danni con la rottura di diversi rami. Fu così che una notte, deciso a dare il fatto suo al malandrino, si nascose in un angolo buio armato di bastone. Nel pieno della notte, ecco avvicinarsi un’ombra indistinta la quale, fra un crepitio di rami spezzati, cominciò ad arrampicarsi su un ciliegio. L’uomo uscì furibondo dal suo nascondiglio e, vibrando in alto il bastone, si portò velocemente verso il misterioso individuo. Quando gli fu quasi addosso, un raggio di luna, emerso improvviso dalle nuvole, illuminò il viso del ladro: era l’orso! L’uomo nascose subito il bastone dietro la schiena e, indietreggiando con finta calma verso la porta di casa, mormorò, rivolto all’orso: “Ah, sei tu? Mangia, mangia!”
S.I. non è solo una sigla automobilistica ma significa Sentiero Italia. L’idea nasce nel 1983 da un gruppo di escursionisti che si riunirono nell’associazione “Sentiero Italia” con la collaborazione del Club Alpino Italiano. Noi di molisealberi in passato abbiamo sempre sostenuto questo itinerario escursionistico. In Molise l’itinerario è per lo più sui tratturi ove spesso si incontrano anche grandi e monumentali alberi nelle vicinanze. Nel 1999 un gruppo di escursionisti del Club Alpino Italiano assieme all’Associazione Nazionale Alpini coprì’ l’intero percorso dei circa 7000 km con 350 tappe nel giro di 8 mesi. Dopo 20 anni di lavoro lungo e difficile di segnatura e manutenzione dei sentieri anche in Molise sono stati raggiunti dei risultati. Oggi, grazie al Club Alpino Italiano e alla segnaletica del CAI si riconoscono i colori bianco-rossi della sigla S.I. e c’è anche un sito internet in cui sono descritti i percorsi e si possono scaricare le tracce gps a questo link https://sentieroitalia.cai.it/ Nella cartina la linea rossa è il Sentiero Italia e i pallini verdi con gli alberi sono i grandi e monumentali alberi del Molise.
Tra i 177 alberi monumentali del Molise (aggiornamento anno 2020) iscritti nell’elenco nazionale del Ministero delle Politiche Agricole alimentari e forestali c’è un bel frassino maggiore con una circonferenza del tronco di circa 380 cm che si trova a Carovilli vicino la stazione ferroviaria a quota 839 metri sul livello del mare. Ha una altezza di circa 25 metri. Il tronco ben slanciato è ricoperto da muschi. I rami e le foglie hanno superato anche il filo della linea elettrica di media tensione. Tranne una evidente cicatrice rigonfia sul fusto ad altezza d’uomo, dovuta al taglio di un ramo, l’albero continua ad esprimersi nei colori e nelle forme particolari delle foglie e a crescere tranquillo, nonostante la vicinanza del colletto c alla strada asfaltata. Non sappiamo la sua età sicuramente sopra i 100 anni. Ha un pregio è l’unico Fraxinus excelsior L. iscritto nell’elenco degli alberi monumentali del Molise . Di unici alberi monumentali iscritti del Molise ci sono anche un acero di monte, un castagno, un ginco, un albero del paradiso, un cedro del libano ecc..
Curare un patrimonio arboreo “monumentale” non solo quello dei circa 3300 alberi e formazioni vegetali che fanno parte dell’elenco nazionale ma anche molti altri alberi, filari, gruppi che potrebbero essere considerati monumentali risulta complesso perchè si devono gestire piante vecchie, delicate, fragili, spesso malate, uniche, eccezionali, non facilmente rinnovabili. Se per la cura si considerano anche gli aspetti biologici, economici e tecnici, la gestione e la tutela dei nostri “patriarchi arborei” si complica ancora di più, anche per gli addetti ai lavori e che si occupano di arboricoltura. I tecnici, che potremo chiamare “medici e guaritori” dei nostri grandi e monumentali alberi non possono essere considerati dei manutentori del verde. Occorre competenza, conoscenza ed esperienza per la loro cura e salvaguardia. Nelle linee guida, scaricabile qui intese come buone pratiche, per gli interventi e cura degli alberi monumentali redatta a dicembre 2019 dal Ministero delle Politiche agricole la gestione e la tutela di questo patrimonio devono essere “quanto più rispettosi dei più intimi meccanismi biologici che regolano la vita di un albero e si misurino con le tante implicazioni fitopatologiche, agronomiche ed arboricolturali che possono discostarsi anche molto da quelle considerate nelle ordinarie pratiche di manutenzione del verde. La gestione degli alberi monumentali dovrà essere, pertanto, coordinata in ogni fase da figure professionali competenti e condotta da ditte esecutrici specializzate: tecnici di comprovata esperienza nell’ambito dell’arboricoltura e con le specifiche competenze e abilitazioni definite dalle norme relative all’esercizio delle professioni, e imprese scelte in base a documentata esperienza nel campo dell’arboricoltura e in particolare nella cura degli alberi monumentali rappresentano, pertanto, le figure a cui necessariamente si deve fare riferimento” L’albero è un sistema energetico e biologico assai complesso specialmente un vecchio e grande albero dove non bastano solo le normali tecniche e studi dell’ arboricoltura per essere sicuri di ottenere dei risultati per tenerlo ancora più a lungo in vita senza “accanimenti”. Potremo riuscire a misurare il lento accrescimento del tronco, i rami che crescono, vedere annualmente i germogli, le foglie, i fiori ogni tanto qualche frutto. I nostri grandi alberi, anche senza molte cure, sanno risolvere i loro problemi di vecchiaia anche favorendo la vita di altri esseri viventi (se si pensa al solo valore biologico di un tronco ) per cui ci si chiede spesso se o no intervenire su alberi con interventi drastici (capitozzature) o non toccarli e lasciarli fermi a completare il loro ciclo di vita. Gli alberi, in particolare quelli malandati e vecchi diventano un problema e un fastidio per noi uomini in quanto ci dimentichiamo che sono essere viventi.
Quercia delle Streghe o di Pinocchio ?
Le conclusioni indicate nella guida redatta dal Ministero sono da condividere: ” L’approccio con un albero monumentale dovrebbe avvenire con umiltà, ma allo stesso tempo deve essere libero da condizionamenti e presunzioni: un approccio interdisciplinare, olistico, capace di raccogliere da ogni esperienza, da ogni conoscenza, elementi utili alla comprensione e alla risoluzione dei tanti problemi che un albero, soprattutto se senescente, manifesta “
Vastogirardi, in Alto Molise, Riserva della biosfera dell”UNESCO di Monte di Mezzo, un luogo dell’Appennino ricco di storia forestale e di grandi valori ambientali. Circa 300 ettari da visitare per una “immersione salutare” nei boschi e lungo i sentieri della riserva. Tra questi c’è ne uno un po’ particolare: quello di Colle San Biagio, perchè è un percorso senza barriere architettoniche accessibile a tutti. Il sentiero è attrezzato con passerelle, tabelle informative per i non vedenti, staccionate in legno.
il pannello ad indicare tra i più alti cerri lungo il sentiero di Colle San Biagio
Tra diversi alberi, lungo il sentiero, i cerri la fanno da padrone. Le foto non rendono mai l’idea della dimensioni e dell’aria che si respira in una giornata invernale passeggiando nella riserva.
In vicinanza del Tratturo Pescasseroli – Candela nel Comune di Sepino, la chioma di questa quercia mi appare nella sua maestosità. Mi trovo a poche centinaia di metri da Altilia (zona archeologica tra le più importanti del Molise ). Mi avvicino all’albero per scattare alcune foto, un anziano signore mi vede e mi viene incontro. Aveva capito, che stavo dirigendomi verso l’albero. Lo saluto e gli dico se l’albero è di sua proprietà. Lui mi risponde che non è suo ma è del “Padre Eterno” . Gli rispondo che se è un bene cosi bello del “Padre Eterno” non dovremmo lasciarlo con tubi, ferri e legname e materiale vario accumulato sotto il tronco. L’albero si trova a 560 mtslm ha una circonferenza del tronco di 380 cm, una chioma ampia e regolare.
Peccato che il materiale ferroso accumulato alla base dell tronco non permette di goderselo nella sua bellezza.
I micro habitat e i l valore ecologico di un grande e vecchio albero
Camminiamo in una faggeta, si incontrano ogni tanto grossi tronchi di alberi, senza branche e rami , quasi dei cilindri irregolari. Monconi di fusto con tronchi spezzati a diversi metri, con buchi, cavità di varie dimensioni, con superfici che in alcuni tratti presentano delle lamelle (funghi), con seccume del legno diffuso pieni di “carie”, ricoperti da muschi e licheni, proprio brutti a vedersi. Coloro che non sempre frequentano i boschi, le prime parole che ci dicono vedendo questi alberi-tronchi , è ormai “secco”, ottimo legno e “brace” per cuocere un agnello o una salsiccia. Risulta poi difficile far capire a qualche amico l’importanza del valore “ecologico” di un vecchio e grande albero. Già nel 2014 il decreto di attuazione sul censimento degli alberi monumentali e il suo manuale tecnico disponibile sul sito del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali fissava il criterio “ecologico”per la monumentali di un albero. E’ scritto nel manuale ” Il valore ecologico di un albero fa riferimento alle presenze faunistiche e vegetali che si insediano al suo interno e nelle sue immediate vicinanze, da considerarsi importanti e meritevoli di tutela quanto più sono rare, in pericolo di estinzione e per questo motivo considerate di interesse comunitario (Dir. Habitat n. 43/92/CEE). L’albero senescente, soprattutto quello che vegeta in ambienti a spiccata naturalità, può rappresentare un vero e proprio habitat per diverse categorie animali (entomofauna, avifauna, micro-mammiferi) che, richiedendo nicchie trofiche speciali, si insediano nelle numerose entità discrete presenti in esso (es. cavità vuote, piene di acqua, piene di rosura, fori, essudati, corteccia sollevata, ramificazione avventizia, corpi fruttiferi di funghi), approfittando anche della presenza di legno morto. Considerata la specificità dell’argomento e la necessità di un approccio scientifico alla determinazione del criterio ecologico, maggiori dettagli saranno riportati in specifica guida.”
Un vecchio albero, come il nostro faggio, nel tempo ha avuto tanti ospiti, alcuni rimangono (funghi, licheni, muschi ), altri lasciano i loro segni ( insetti, uccelli, micro mammiferi ecc..) fornendo sempre nicchie trofiche speciali in poche parole cibo per tutti, come il suo legno morto. Il nostro vecchio tronco di faggio costituisce quindi un micro-habitat per molte specie considerato meritevole di tutela e quanto più queste specie sono rare e in pericolo di estinzione tanto le dobbiamo conservare. Anzi diventano alberi davvero importanti, di interesse comunitario oltre che di grande valore ecologico. Questi alberi, “brutti” quasi morti in quanto con diffuso seccume e/o con presenza di legno o morto , nei boschi e nelle aree dei siti della Rete Natura 2000 devono essere quindi mantenuti e conservati, senza che l’uomo possa toccarli, fino al termine del loro ciclo vitale. Poi i nostri grandi alberi-tronchi un volta caduti continuano a svolgere la loro funzione ecologica. Grazie ai microrganismi, alla pioggia, e agli eventi naturali il legno morto sarà lettiera forestale, sostanza organica e fertilità del suolo per un nuovo ciclo di vita.
Il nostro vecchio brutto grande albero-tronco di faggio sarà solo un bel ricordo, ma che ha dato nella sua lunga vita di 100 anni e oltre da mangiare a molti suoi ospiti.
Gli chiamiamo “monumenti della natura” anche per le loro stranezze come alcuni faggi presenti in località “Le Forme” nel comune di Pizzone. Si tratta di faggi “policormici” con tronchi che crescendo insieme raggiungono circonferenze di tutto rispetto. Difficile, in alcuni casi, stabilire qual’e il tronco principale, delle volte appaiono talmente uniti che risulta complesso misurare la loro circonferenza, a 130 cm da terra . Alcuni di questi si trovano sul pianoro delle “Forme” a 1400 metri sul livello del mare nel Comune di Pizzone, nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. Ho misurato alcuni faggi con più fusti, le circonferenze del tronco sono di circa 9 metri, ma sono quelle esterne, con alcuni tronchi sviluppati un po’ a distanza da quello che possiamo considerare il principale.
I grandi faggi policormici di località Le Forme a Pizzone alcuni con circonferenze superiori ai 6 metri
L’ esemplare nella foto seguente ha 6-9 tronchi che partono più o meno da terra , ma ad una certa distanza appare come un unico albero maestoso con una circonferenza misurata di 680 cm.
Un grande Faggio di 680 cm
Girando tra grandi faggi di questi luoghi sia in inverno che in primavera (ce ne sono 4-5 davvero belli) e stare un po’ seduti sulle panchine a guardarli ci fa sempre pensare che siamo in un bosco delle “fiabe”.
Faggione con un insieme di tronchi di circonferenza di cm 920
E’ un faggio bicormico quello che abbiamo incontrato casualmente a circa 1100 mslm sul sentiero CAI n.128 nel Comune di Campochiaro. Ci troviamo nelle faggete del Matese; ci sono agrifogli sparsi, il loro verde sembra più intenso quando c’è neve a terra. L’albero ha una chioma considerevole, emerge con la sua maestosità sulle altre piante in vicinanza. Boschi sempre incantevoli quelli che si vedono percorrendo la strada che dalla diga di Arcichiaro nel Comune di Guardiaregia sale fino al quadrivio della “Casella” al confine con la Regione Campania. Inoltrandosi poi nelle faggete e seguendo i sentieri altri grandi alberi sono sicuramente nascosti alla nostra vista, ma il cercatore di alberi, non si dovrebbe fermare quasi mai.