Il Cipresso calvo

Il Cipresso “Calvo”, è un albero che in primavera ha delle foglie aghiformi di colore verde brillante, in estate giallastre, in autunno rossicce ed in inverno diventa “calvo”. Si chiama anche Cipresso delle Paludi, perchè vive nelle zone umide e vicino corsi d’acqua. E’ una conifera, originaria del Nord America il suo nome scientifico e Taxodium distichum (L.) volgarmente Taxodio. E’ una pianta che può vivere a lungo. In Molise possiamo trovare alcuni Taxodium lungo il fiume Biferno e in altri corsi d’acqua. Nel Comune di Oratino vicino la centrale idroelettrica c’è un gruppetto inserito nell’elenco nazionale degli alberi monumentali d’Italia.

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11260

Cantalupo nel Sannio, alcuni grandi alberi un grazie a Dimensione Explorer

Gli amici di Dimensione Explorer, hanno una lunga esperienza nel campo della cartografia. Recentemente (anno 2021) hanno realizzato una Cartoguida turistica del Comune di Cantalupo del Sannio, uno dei tanti paesi dell’area matesina. Nella guida sono segnalati dei grandi e monumentali alberi. A noi di molisealberi ha fatto molto piacere che un puntino, una icona o un simbolo indica la presenza di un albero monumentale. In questo periodo in cui le mappe digitali, spesso errate, risultano prevalere sulle vecchie mappe turistiche e trovarsi fra le mani una cartografia “di carta” è sempre bello e interessante per conoscenza e studiare un territorio. Ancora di più se sono indicate anche le specie e le caratteristiche di grandi alberi alcuni monumentali e iscritti nell’elenco nazionale. Per dettagli il loro sito

https://dimensioneexplorer.com/cartografia-app-guide/

Capracotta Monte Civetta un “Tasso”

Autunno in Alto Molise nel Comune di Capracotta da Monte Capraro e Monte Civetta si vedono ampi panorami e boschi di faggio.

Lungo la cresta di Monte Civetta a quota 1676 mtslm si vedono le foglie giallo rosse dei faggi. Sparsi altri colori quelli verdi degli aghi dei tassi, che non sono animali, ma piante chiamate “gli alberi della morte” perchè contengono degli alcaloidi velenosi. Nella faggeta di Monte Civetta in aree rocciose dove le piante rimangono spesso piccole e contorte emerge un tasso di di altezza di circa 8-10 metri. Grazie all’amico Michele abbiamo scoperto questa pianta di grandi dimensioni, forme e portamento. Pur avendo diversi tronchi esso appare unico con una chioma molto ampia. I sui aghi di colore verde scuro toccano a quasi a terra. Impressionante la sua capacità di “resistenza” nel vivere in un ambiente difficile. Del resto il suo legno è molto duro, usato in passato per costruire gli archi. Gli uccelli fanno il loro lavoro per diffondere questa pianta. Mangiando gli arilli, che non sono proprio dei frutti, rilasciano i semi. Questi semi possono rimanere molto tempo nel terreno prima di germinare, poi la pianta cresce molto lentamente Come spesso accade le foto non sempre rendono l’idea della sua grandezza. Non sapremo mai la sua età.

Civitanova del Sannio un faggio tricormico

Siamo sulla montagnola molisana tra pascoli e faggete, zone spesso meno conosciute e frequentate se non nei periodi estivi. Cavalli, bovini pecore brucano l’erba nell’area del lago di Civitanova chiamato anche lago di San Lorenzo. Qualche macchina e ciclisti sulla strada che sale dal Comune di Sessano nell’area. L’asfaltata costeggia a monte per un breve tratto il lago e poi scende in direzione di Frosolone. L’acqua nel lago ad agosto e settembre di solito non c’è, solo in inverno e con le piogge si creano dei “pantani”. Si nota da lontano una casetta rifugio su una piccola collinetta che sovrasta il lago. Scendendo nell’area del lago sulla brecciata a destra si vedono alcuni faggi ma anche numerose piante di felci e cardi. Gli animali al pascolo sanno cosa scegliere. Tra alberi sparsi un faggio tricormico con una chioma molto alta e larga e di tutto rispetto. Circonferenza circa 6 metri. “Impressioni e colori verdi e grigi di Settembre


Un faggio tricormico con fusti cilindrici quasi tutti uguali. Una perfezione della natura

Segnalazione Albero – Bagolaro VERONA

Segnalato da Enrico Battistolli – Verona

Nome comune dell’albero:Bagolaro
Nome scientifico dell’albero: Celtis Australis
Altezza stimata (m): 18
Circonferenza (cm): 350
Tipo: Albero singolo
Numero esemplari: 1
L’albero ha un solo fusto?: si
L’albero ha più fusti?: no

Comune di: VERONA
Località: Verona
Indirizzo: Strada Bresciana 51
Indicazioni utili per raggiungere l’albero:
Proprietà: privata
Di chi é l’albero monumentale: Ferrari Maria

Ambiente Urbano: verde privato
Ambiente Extraurbano: Altro
La pianta é segnalata per: Forma o portamento particolari, Valore paesaggistico, Valore architettonico
Descrizione della motivazione: L’albero è davvero maestoso con una bellissima ramificazione interna. L’altezza è di circa 18-20 metri.
L’albero è stato oggetto di potatura che ne ha ridotto la chioma circa 5 anni fa, a seguito delle continue lamentele del vicino al nostro terreno. Vicino che tra l’altro ora minaccia di procedere legalmente per farlo tagliare al piede ( il problema non dovrebbe sussistere in quanto l’albero era preesistente al confine del vicino). Ma ogni forma di tutela sarebbe opportuna, anche perché è uno degli ultimi esemplari di questo tipo nella zona, di sicuro il più maestoso che io abbia visto in tutta la nostra zona di Verona e provincia.
Inoltre da voci che sono sempre state riferite nella zona proprio in questa proprietà Maria Callas era solita essere ospite in una casa qui vicina, sempre sita in strada bresciana 51, e passeggiare e riposare sotto questo Bagolaro.

Minacce: Rischio di taglio, Altro

Altre informazioni: 45.443464, 10.913478

Il faggio con la protesi e l’orso ladro.. da gli alberi di Valido

Riportiamo una delle tante storie di grandi alberi del nostro amico Valido Capodarca:

Pizzone pianoro Le forme Foto del 1987 di Valido Capodarca tratta dal gruppo facebook
di molisealberi descritto nel libro “Abruzzo, 60 Alberi da salvare”

Altro albero molisano descritto nel mio libro “Abruzzo, sessanta alberi da salvare” è un grande faggio che si trova a Valle Fiorita, una conca di origine glaciale sempre in comune di Pizzone .In realtà il pianoro si chiamava Le Forme, ma da poco tempo gli era stato conferito il nome, più accattivante ai fini turistici, di Valle Fiorita. Qui, gli alberi monumentali, sarebbero tantissimi; ne scelsi uno che, a un primo assaggio, mi sembrava il più grande. La circonferenza era di ben m. 6.85 misurata nel 1987. Il terzo inferiore del fusto è metà legno e metà pietra. Il faggio cioè, dopo essere nato vicino a un masso, nel corso dei decenni o secoli, lo ha inglobato. Oggi, o almeno nel 1987, la parte di roccia sembra quasi una protesi messa lì a sostituire una parte di fusto mancante. Ad accompagnarmi sono i soliti guardaparco Spina e Di Cianni e, mentre la macchina va, continuano gli aneddoti e i racconti. Un contadino di Pizzone, proprietario di alcune piante di ciliegi, si era accorto che durante la notte un misterioso ladro si intrufolava nel suo orto e faceva man bassa di ciliegie. Non solo, ma il vandalo non si limitava a mangiarle, bensì provocava anche danni con la rottura di diversi rami. Fu così che una notte, deciso a dare il fatto suo al malandrino, si nascose in un angolo buio armato di bastone. Nel pieno della notte, ecco avvicinarsi un’ombra indistinta la quale, fra un crepitio di rami spezzati, cominciò ad arrampicarsi su un ciliegio. L’uomo uscì furibondo dal suo nascondiglio e, vibrando in alto il bastone, si portò velocemente verso il misterioso individuo. Quando gli fu quasi addosso, un raggio di luna, emerso improvviso dalle nuvole, illuminò il viso del ladro: era l’orso! L’uomo nascose subito il bastone dietro la schiena e, indietreggiando con finta calma verso la porta di casa, mormorò, rivolto all’orso: “Ah, sei tu? Mangia, mangia!”

I Boschi Vetusti ” la difficile definizione”

Le fasi della vita di un albero

Nel 2018 al Testo Unico in materia di foreste e filiere forestale sono state apportate modifiche alla legge 14 gennaio 2013, in particolare:
a) alla rubrica dell’articolo 7, dopo le parole: «alberi
monumentali,», sono inserite le seguenti: «dei boschi vetusti,»;
b) all’articolo 7, dopo il comma 1, e’ inserito il seguente:
«1-bis. Sono considerati boschi vetusti le formazioni boschive
naturali o artificiali ovunque ubicate che per eta’, forme o
dimensioni, ovvero per ragioni storiche, letterarie, toponomastiche o
paesaggistiche, culturali e spirituali presentino caratteri di
preminente interesse, tali da richiedere il riconoscimento ad una
speciale azione di conservazione. Il legislatore ha cercato, ma non è stato sicuramente facile, definire il “bosco vetusto”. Quasi sempre le leggi devono essere interpretate, del resto dove è difficile legiferare bisogna arrampicarsi un po’ sugli specchi (o su gli alberi). E poi i detti comuni: si fa la legge e si troverà l’inganno. Ci vengono in mente gli interessanti articoli del nostro amico Valido Capodarca nel gruppo facebook sull’inefficacia, in alcuni casi, delle leggi di tutela degli alberi. Un esempio è la legge specifica della “tutela delle querce”. Sapendo che una legge potrebbe mettere un vincolo di tutela, molti si affrettano a tagliare le querce quanto prima possibile. Del resto, anche la FAO nel 2001 ha dato una definizione di bosco vetusto partendo comunque dalla foresta: “Una foresta vetusta è un bosco primario o secondario che abbia raggiunto un’età nella quale specie e attributi strutturali normalmente associati con foreste primarie senescenti dello stesso tipo, si siano sufficientemente accumulati così da renderlo distinto come ecosistema rispetto a boschi più giovani” Il legislatore italiano non ha scritto di “foreste” ma di “boschi” altrimenti avrebbe per esempio potuto scrivere di “foreste vergini” che sono quelle in cui l’uomo non ci è mai entrato. Nelle foreste vergini c’è sicuramente une elevato livello di naturalità, di biodiversità e di grandi alberi. Per cui il bosco diciamo vetusto sta tra un bosco “vergine” (anche se è una brutta definizione ma rende l’idea ) e il bosco in cui l’uomo da molti anni non le gestisce più. Una definizione un po’ particolare di bosco vetusto è quella di “un ecosistema caratterizzato dalla presenza di alberi annosi e dai relativi attributi strutturali” (Spies 2004,) Altra definizione fornita sempre da studiosi che a noi di molisealberi piace, e che i boschi vetusti: rappresentano un elemento chiave nelle strategie di conservazione della biodiversità (Blasi et al. 2010) di cui abbiamo scritto nei precedenti articoli. L’assenza prolungata di lavorazioni e interventi selvicolturali favorisce la formazione dei grandi alberi cavi e/o morti in piedi e a terra microhabitat ideali per molte specie: funghi, licheni, ecc.. .

Il legno morto o necromassa legnosa.

Cerchiamo di capire cosa si intende per legno morto. A noi di molisealberi piace il “legno”, un po’ meno “morto”, anche perchè il legno già di per se e per sua natura è un tessuto che presenta cellule morte. Infatti come sempre ci aiuta il vocabolario Treccani in botanica: “il legno è un , complesso di elementi istologici che si trova nei fusti, nei rami e nelle radici delle piante vascolari; è caratterizzato dalla presenza di elementi conduttori morti con parete lignificata (trachidi e trachee), insieme con cellule parenchimatiche e meccaniche. Prende denominazioni diverse a seconda dell’origine, della composizione istologica e della fase stagionale in cui si forma” per cui al nome legno si può aggiungere per esempio: liscio, primario, secondario, omoxilo, eterozilo, primaverile, estivo, da ferita, da costruzione, da lavoro, di cerro, di faggio ecc… Anche se semplicemente scriviamo di “legno morto”, se ci riferiamo ai nostri alberi e boschi a noi piace più il termine: “necromassa” o “biomassa legnosa non vivente” frase che non abbiamo inventato noi.

La Global Forest Resources Assessment, l’ Organizazione delle Nazioni Unite definisce la “necromassa” come: “la biomassa legnosa non vivente, non contenuta nella lettiera, sia essa in piedi, a terra o nel suolo in cui rientrano in questa definizione gli alberi interi o frammenti di legno appoggiato a terra, le radici morte e le ceppaie purché superiori ad una soglia dimensionale prestabilita” che dovrebbe essere di 10-15 cm

La conservazione della necromassa legnosa ha un ruolo importante o meglio ci possiamo sbilanciare, nel dire “essenziale” al mantenimento e alla valorizzazione della biodiversità forestale in quanto favorisce la vita a un notevole numero di organismi: muschi, funghi, licheni, insetti, vertebrati oltre che rifugio per gli uccelli. La necromassa con il tempo , grazie anche all’azione di alcuni insetti, arricchisce il suolo di sostanza organica e quindi la sua fertilità e permette la nascita di nuove piante. L’albero con legno “morto”, paradossalmente continua a ospitare organismi viventi e a dare nuova vita.