Ai margini del bosco

Riportiamo un vecchio articolo di FRANCESCO MANFREDI-SELVAGGI – da altromolise del 13/01/2008 dal Titolo “Ai Margini del Bosco” che noi abbiamo un po’ integrato.

La classificazione dei boschi è incerta e, allo stesso modo, è incerta la delimitazione della fascia di rispetto larga 50 metri stabilita nei piani paesistici. I margini sono una parte della superficie forestale alla quale  solitamente non si pone attenzione, mentre invece essi costituiscono un ambiente di grande interesse.

Essi  contribuiscono ad arricchire l’ecomosaico del bosco, il quale si presenta suddiviso in porzioni di differente età, dimensioni e densità ed è inframmezzato da superfici erbose e da terreni inselvatichiti con copertura boschiva.  Non si tratta di fatti singoli in quanto essi vengono a formare un insieme in cui i vari componenti possono essere collegati tra di loro e separati da spuntoni rocciosi, piccoli rivi, scarpate e sentieri. In questo modo i margini dei boschi hanno una particolare importanza perché rappresentano la fascia di transizione con la  campagna aperta.

Nelle zone poste ai margini dei complessi boscati si hanno, data la minore fittezza degli  alberi, migliori condizioni di luminosità la quale permette la crescita di una molteplicità di specie vegetali superiore a quella che si ha all’interno del bosco, favorendo la sua articolazione strutturale. In definitiva i margini evitando che il passaggio tra due differenti tipi di biotopi, il bosco e la campagna coltivata, sia  eccessivamente netto, bensì che sia graduale, e, perciò, hanno un notevole valore ecologico.

Ai margini dei boschi si collocano spesso i campeggi o le aree pic-nic perché gli ambiti boschivi sono i più attraenti per la ricreazione all’aperto; la presenza di attrezzature ricreative in prossimità dei terreni è, però, potenzialmente una causa di incendi, specie quando si tratta di pinete o abetine che sono popolamenti arborei di resinose. Un altro pericolo viene dalla vicinanza di aziende in cui si pratica ancora la bruciatura delle stoppie. Un  rimedio è rappresentato dai viali tagliafuoco i quali possono coincidere con i margini del bosco con i quali  hanno in comune la ridotta vegetazione. I margini per la loro natura di strisce di terreno a cavallo tra realtà  distinte sono caratterizzati da ambiguità e, quindi, non sono facilmente definibili. Una difficoltà che del resto,  riguarda il bosco nella sua generalità.

La definizione di bosco è divergente da un sistema di rilevazione all’altro per cui l’estensione forestale in  Italia calcolata dall’ISTAT è molto diversa da quella che scaturisce dal Censimento dell’Agricoltura effettuato  dal Ministero per le Politiche Agricole. Non esiste un vero e proprio catasto forestale né su scala nazionale  né su quella regionale. Sarebbe necessario un inventario che potrebbe utilizzare i dati forniti dalle carte  topografiche e dai piani di assestamento dei boschi.

Un catalogo sistematico e continuativo dovrebbe essere  basato sul rilevamento satellitare il quale assicura una ricognizione fotografica periodica del territorio  evidenziando i processi di trasformazione in atto; si potrà così stare al passo con la dinamicità della  situazione forestale poiché i boschi nel Molise stanno in costante, seppur lenta, espansione. Un problema  nella ricognizione da satellite è dato dalle zone in ombra che sono molto frequenti in terreni di montagna come sono quelli molisani; inoltre va sottolineato che i rilievi da satellite non possono sostituire del tutto quelli compiuti a terra, cioè quelli classici.

La normativa che vige qui da noi in molise è, la legge regionale n. 6 del 2000, che definisce il bosco in base ad alcuni parametri (per noi molto aleatori)

Tra questi vi è quello della superficie minima che è di mq. 2000, quello della sua larghezza, per quanto riguarda la vegetazione ripariale, che è di m. 20, sul grado di copertura che deve essere il 25%  dell’intera superficie (si tiene conto pure del fenomeno della frammentazione della superficie forestale perché anche macchie boschive inferiori a questa dimensione purché a distanza inferiore a m. 70 da un bosco sono considerate boschi). Quest’ultimo criterio è legato ad una concezione del bosco come risorsa legnosa che altrove fa riferimento alla massa legnosa per unità di superficie o addirittura al numero di tronchi. Ciò porta a classificazioni divergenti perché vi sono boschi ricchi di legname, boschi radi ed arbusteti, boschi formati da specie arboree dal rendimento elevato oppure terreni rinselvatichiti che anche quando rientrano tra i boschi hanno una scarsa produzione legnosa.

Sulla scorta di quanto sopra i limiti di un bosco diventano estremamente incerti e, così, fissare i margini  diventa un’operazione davvero ardua e ciò si traduce in una forte insicurezza nell’applicazione della  disposizione contenuta nei piani paesistici dei 50 metri della fascia di rispetto dai boschi; va precisato che questa norma precede la legge forestale regionale e, pertanto, non ha potuto tener conto dell’attribuzione della definizione di bosco anche ai suoli con basso popolamento erboso quali sono, appunto, i margini come si è visto prima. In altri termini si vuole dire che la fascia di rispetto prescritta nella pianificazione paesistica  non poteva che mirare a salvaguardare le parti estreme delle superfici boschive le quali sono state  ricomprese successivamente con la legge più volte citata nella classificazione di bosco e, pertanto, tale vincolo, la striscia di m. 50 di inedificabilità, ha, in un certo senso, perso di significato.

In conclusione l’inedificabilità per noi di molisealberi non esiste ai margini dei boschi.

Le Tavole dendrometriche di alcuni boschi del Molise

Cosa sono le tavole Dendrometriche? Sono quelle che ci permettono di misurare gli alberi. Risposta semplice. Misurare gli alberi e i boschi (altezza, volume,  età, massa,  accrescimento, area basimetrica ecc.)  non è semplce. Le tavole dendrometriche sono delle tabelle che possono aiutarci.

La dendrometria (dendron = albero, metron = misura) studia l’accrescimento delle piante e  i metodi  per determinare il volume degli alberi in piedi o abbattuti e la massa legnosa di un intero bosco (cubatura). In poche parole per chi ha un albero nel giardino di casa o ha un bosco la dendrometria ci dice quanto volume di legna (in metri cubi)  possiamo ottenere per poi venderla o usarla per il nostro camino o stufa.

Le Tavole dendrometriche derivano comunque da studi, misure di alberi ed esperienze di forestali.  Siccome è difficile  andare a misurare migliaia di alberi in un bosco in alcuni casi si possono usare queste tavole dendrometriche per sapere il volume di legna che se ne  ricava. Non è semplice i risultati sono  sempre diversi perchè ci sono molti fattori che influenzano la crescita di un albero e di un bosco.

Un albero di cerro in un bosco del Molise con un età di 120 anni Generoso Patrone  nella redazione delle tavole dendrometriche del Molise afferma che ha un diametro di 40 cm e un volume di 440 metri cubi (Italia Forestale e Montana anno 1970).  Generoso Patrone fu tra i fondatori negli anni 50 dell’Accademia di Scienze Forestali. Ha redatto molti piani di assestamento. Patrone, Pavari, Antoniotti, De Philippis, Ciancio e qualcun’altro sono un po’ i  padri dell’assestamento Forestale. Patrone mori nel 1980. Ancora oggi si fa riferimento alle sue tavole dendrometriche . Per il Molise esistono le tavole dell’Antoniotti per alcuni comuni (Matrice Vastogirardi ecc..) sia per il faggio che per il cerro e si possono scaricare qui:

Tavole dendrometriche per il Molise

 

Normativa dei Piani d’Assestamento Forestali della Regione Molise

La Normativa sui Piani d’Assestamento Forestali della Regione Molise è rimasta ferma al 2005. Forse occorre cambiare qualcosa, sollecitando gli addetti ai lavori e i tecnici ad una procedura più semplice. Si legge dal sito della Regione Molise  le schede da compilare del Progetto Bosco Gestione sostenibile, Schede A, B1, B2,B3 N che pur se molto interessanti e di dettaglio possono creare confusione anche nella compilazione. Poi ci sono 11 Pagine di Normativa procedure amministrative e prezziari.

In effetti la pianificazione forestale è un po’ complessa ci sono i Piani Forestali Regionali, I piani Forestali Comprensoriali, i Piani di Assestamento o economici o di riassetto, i Piani dei Tagli, i Piani di Riordino, i Piani Forestali territoriali, i Piani di indirizzo forestale, Il Piano Forestale territoriale di Distretto, i Piani colturali, ecc.. Ogni Regione dice e scrive la sua pianificazione forestale come prevedono le norme statali .

Per la Regione Molise la DGR 1229/2004 e successive modifiche ha approvato le Normativa le procedure e il Prezzario dei Piani di Assestamento. Si devono acquisire elaborati e se continuate a leggere occorre  far riferimento a dettagli  che spesso scoraggiano anche gli addetti ai lavori (tecnici forestali,  ecc.)

Ecco cosa si deve fare:

1 – R E L A Z I O N E

2 – C A R T O G R A F I A

3 – R E G I S T R O DEGLI EVENTI

1 – R E L A Z I O N E
In essa saranno riportati i dati relativi:
PARTE GENERALE
– caratteristiche geografiche, climatiche, morfologiche, geologiche, pedologiche,idrologiche, vegetazionali e floristiche e faunistiche della zona;
– vicende storiche che hanno riguardato il complesso da assestare;
– passate gestioni e utilizzazioni boschive;
– principali elementi che caratterizzano la specifica realtà socio-economica del Comune e della zona, quali la entità dei terreni agrari e pascolivi, sia di proprietà pubblica che privata, in relazione alla popolazione ed alle sue variazioni nel tempo;
– stato degli usi civici;
– esistenza di vincoli e di atti preordinati alla loro imposizione;
– individuazione di segni antropici tradizionali quali sentieri, muri di delimitazione, di terrazzamenti o di divisioni fondiarie, capanne pastorali, ecc.
PARTE SPECIALE
– consistenza, estensione, tipologia ed ubicazione del complesso boscato da assestare.
Questa parte è articolata nelle seguenti fasi:
a) – formazione del particellare e delle comprese o classi colturali.
Il bosco sarà suddiviso in particelle e, se ritenuto opportuno, in sottoparticelle. Il criterio da seguire, in attesa della redazione delle tipologie forestali regionali e delle relative linee guida selvicolturali, nonché di carta e inventario forestale, è quello di una selvicoltura puntuale e mirante all’aumento della produttività, della qualità tecnologica e del pregio dei soprassuoli.
Ciascuna di esse sarà caratterizzata da un soprassuolo sufficientemente omogeneo, da condizioni di fertilità uniformi, da confini inequivocabili facilmente individuabili, preferibilmente coincidenti con linee fisiografiche naturali e artificiali permanenti (strade, corsi d’acqua, crinali, sentieri, teleferiche, etc.). Ciascuna particella verrà delimitata sul territorio mediante idonea confinazione, che sarà riportata fedelmente in cartografia.
Ogni particella dovrà essere dettagliatamente descritta in forma sintetica, completa e chiara in ordine ai fattori ambientali e ai caratteri del popolamento e, della stazione, utilizzando come modello base le allegate schede A e B.
La materializzazione delle particelle e sottoparticelle sul terreno dovrà essere operata tracciando i confini con vernice di colore rosso su piante (doppia anellatura a petto d’uomo), rocce, termini lapidei, integrata dalla relativa numerazione. Per i confini di particelle che coincidono con i limiti esterni si farà ricorso ad una doppia colorazione (es. azzurro e rosso).
Tutte le particelle che presentano soprassuoli con caratteristiche colturali similari costituiranno una classe colturale o compresa.
Per ciascuna compresa si procederà al calcolo della provvigione, degli incrementi e della ripresa. In altre parole ogni classe colturale verrà considerata come un complesso boscato a sé stante.
b)- Inventariazione del bosco (rilievo dendrometrico-cronoauxometrico)
L’inventariazione della foresta si basa sul rilievo del numero delle piante, dei loro diametri e delle aree basimetriche corrispondenti, le altezze e gli incrementi radiali del fusto. Le misurazioni delle frequenze numeriche e diametriche possono essere realizzate mediante cavallettamento totale o campionamento.
Il rilievo dendrocronoauxometrico verrà realizzato particella per particella sulla base di aree di saggio, o cavallettamento totale o con metodo relascopico, a seconda della tipologia dell’insieme forestale (governo, struttura, ecc.) e delle sue attitudini (produttive, protettive, ambientali ecc…).
Si procederà mediante aree di saggio scelte con criterio soggettivo o oggettivo (campionamento sistematico o stratificato nei comprensori più grandi di 500 ha) nei boschi cedui, semplici e matricinati, nei cedui in conversione in alto fusto, nell’alto fusto (quando trattasi di stangaie, perticaie e giovani fustaie coetanee per le quali non si preveda, nel periodo di validità del P.d.A., alcuna utilizzazione che non sia un eventuale diradamento).
Le singole aree di saggio, normalmente di forma circolare a raggio fisso di 10 o 15 metri, saranno delimitate con vernice di colore bianco e porteranno segnato sulla pianta o pietra o altro elemento fisso coincidente con il centro, il numero progressivo che le  contraddistingue e che ne consente la individuazione sul terreno ai fini del collaudo (coordinate geografiche). La medesima evidenziazione riguarderà i centri di numerazione, quando sia stato adottato il metodo relascopico.
Nelle particelle d’alto fusto, specie in quelle in cui si prevede di intervenire nel periodo di validità del P.d.A. con normali utilizzazioni, si potrà effettuare, il cavallettamento totale. Tuttavia, quando le caratteristiche del soprassuolo lo consentono, è ammesso l’uso del rilievo campionario, anche con metodo relascopico.
Nell’effettuare le aree di saggio, o le prove di numerazione o, infine, il cavallettamento totale, occorrerà compilare e conservare il relativo piedilista con la distinzione per la specie. La misurazione delle altezze e degli incrementi sarà eseguita ripartendo le osservazioni fra tutte le classi diametriche proporzionalmente al loro peso e alle specie presenti. La densità dei punti di osservazione sarà correlata al grado di uniformità stazionale e strutturale dei soprassuoli.
c)-Stima della provvigione legnosa
Per pervenire alla determinazione della provvigione legnosa esistente, l’assestatore, partendo dai dati del cavallettamento, da quelli relativi alle prove di numerazione relascopica e da quelli delle aree di saggio, dovrà effettuare, per ciascuna compresa, da 5 a 8 alberi modello, in base al peso di ciascuna classe diametrica. Queste avranno ampiezze di cm.5 nell’alto fusto e di cm.2 nel ceduo. Gli alberi modello, su cui effettuare tutte le misure  necessarie (diametro, altezze, età, incrementi, ecc.), saranno scelti in modo da rappresentare le varie condizioni di fertilità (buona media e scadente) esistenti nell’ambito della classe colturale stessa. Ciò al fine di costruire una tavola di cubatura ovvero di  erificare al tempo stesso, in quale misura e con quali accorgimenti sia possibile utilizzare i dati delle tavole di cubatura comunque disponibili e applicabili al soprassuolo indagato.
Le piante di alto fusto da abbattere per albero modello dovranno essere preventivamente numerate e contrassegnate con martello forestale che vi apporrà il tecnico assestatore o il personale del Comando Stazione Forestale competente per territorio, a seguito del quale verrà redatto un regolare verbale amministrativo di assegno che, una volta controfirmato dal tecnico incaricato di redigere il P.d.A. e da un rappresentante della proprietà (o Ente delegato), verrà inviato, in copia, al Comune ed al Coordinamento Provinciale del C.F.S. Ad abbattimento e misurazione avvenuta, (per i boschi cedui si potrà far ricorso anche al metodo della pesata totale dei polloni), il materiale resterà a disposizione dell’Ente proprietario o gestore.
Dovranno essere compilate le schede di misura relative agli alberi modello ed inviate al presente servizio per la costruzione della relativa banca dati regionale.
3° – al raffronto tra la situazione reale dei boschi, quale si è venuta a delineare in base ai rilievi di campagna, e quella normale, quale è possibile ipotizzare per quel tipo di bosco in base a modelli teorici ben definiti e che facciano riferimento a condizioni di fertilità similari (tavole alsometriche locali).
4° – alle scelte selvicolturali relative alla forma di governo e trattamento prescelti che dovranno avere carattere adattativi
5° – alla scelta del turno valutando il tempo di permanenza delle specie e la fertilità della stazione;
6° – alla ripresa reale ed al piano dei tagli.
La ripresa dovrà ovviamente essere proporzionata, per ciascuna classe colturale, alla provvigione reale e al tasso di crescita, avendo per obiettivo di ottenere in maniera significativa e ragionevole, nel periodo di validità del P.d.A., l’eventuale riordino bioecologico e l’aumento della complessità e dell’articolazione strutturale della provvigione reale
Si cercherà, inoltre di operare affinché la ripresa totale si ripartisca nel tempo in maniera costante. Il piano dei tagli, redatto anch’esso separatamente per ciascuna compresa, dovrà contenere indicazioni di dettaglio nel senso che dovrà precisare, particella per particella, non solo la entità del prelievo ma anche le modalità con cui il medesimo dovrà operarsi e gli interventi proposti;
7° – all’uso dei pascoli.
8° – alle norme che dovranno disciplinare la raccolta dei prodotti secondari, quali: funghi, tartufi, fragole, erbe officinali ed aromatiche;
9° – ai miglioramenti fondiari. Tra essi potranno annoverarsi:
a)-opere di presidio per la lotta agli incendi boschivi, quali vasche, piccoli invasi, viali spartifuoco e piste di servizio, piccoli ricoveri per presidi sanitari e per stazioni radio ricetrasmittenti, torri di avvistamento;
b)- intervento di potenziamento della rete viaria principale e secondaria e/o di miglioramento di quella esistente;
c)-intervento di miglioramento pascoli, quali opere di captazione ed adduzione di acqua, case appoggio per il personale di guardiania, recinzioni fisse e mobili, locali per la lavorazione del latte, decespugliamento, trasemine, concimazioni, ecc.;
d) -opere intensive di sistemazione idraulico – forestale, quali briglie, difese spondali, canalizzazione di alvei, graticciate e viminate, canali di scolo, drenaggi, fossi di guardia, ecc.;
e) – interventi estensivi di sistemazione idraulico – forestale e di ripristino ambientale, quali rimboschimenti ex novo, le cure colturali a quelli già esistenti, le ricostituzioni boschive, la manutenzione degli stradelli di servizio del rimboschimenti stessi;
f) – interventi finalizzati alla valorizzazione turistica del complesso boscato oggetto di assestamento, quali percorsi pedonali tabellati, aree pic-nic, rifugi per escursionisti, ricoveri ed attrezzature per l’esercizio degli sport equestri, impianti sciistici, etc.
Il piano dei miglioramenti fondiari deve essere, dunque, completo e dettagliato. Esso dovrà costituire, infatti, la base programmatica cui dovranno fare riferimento tutti gli interventi futuri, comunque finalizzati, che riguardino i beni silvo – pastorali di proprietà dei Comuni e degli Enti.
10° – Alle norme legate alla salvaguardia di valori naturalistici o storici di particolare rilevanza e alle modalità di fruizione turistico-ricreativa.

2 – C A R T O G R A F I A
Essa si comporrà di:
1° – carta di inquadramento generale, in scala 1:25.000 e carta assestamentale (o silografica) in scala al 10.000 o 1:5.000 per piccoli complessi boscati, con la individuazione delle singole particelle in cui è stato compartimentato il bosco. La carta assestamentale dovrà essere realizzata utilizzando la base topografica ridotta in scala 1:10.000, formato raster o vettoriale della Carta Tecnica Regionale più recente.  Per una facile lettura della medesima, tutte le particelle costituenti una stessa compresa o classe colturale avranno identica rappresentazione grafico-cromatica. La colorazione eventualmente integrata a combinazioni grafico-cromatiche dovrà evidenziare le tipologie forestali e le compartimentazioni assestamentali. Sulla carta assestamentale dovrà essere riportato, in nero, il numero che contraddistingue ciascuna particella abbinata ad una lettera in caso di sottoparticella. La viabilità sarà rappresentata con diverse simbologie (tratteggi) a seconda del tipo e destinazione ( strade principali, di ordinario collegamento, strade e piste trattorabili, sentieri). In nero con tratto continuo verranno riportati i confini (con tratto interrotto quelli delle particelle) mentre i termini lapidei o elementi fissi salienti, interni e/o di limite, saranno indicati con apposita simbologia (triangolini, ipslon, ecc).
2° – carta del miglioramenti fondiari in scala 1:10.000 o in scala 1:5.000 per piccoli complessi boscati. Questa carta dovrà essere redatta con ogni possibile accortezza al fine di ubicare con precisione gli interventi programmati.

3 – REGISTRO DEGLI EVENTI O LIBRO ECONOMICO (utilizzando come
modello base l’allegata scheda N) Tutto il materiale predisposto contenuto nelle suddette norme tecniche, dovrà essere prodotto su supporto magnetico; i testi su formato microsoft Word mentre gli elaborati cartografici in formato compatibile ESRI – ArcView le schede descrittive in formato Excel o Access 2000.

….CONTINUA   con i Piani di gestione  Procedure Amministrative e Prezzario

Per ulteriori dettagli se vi accingete a voler fare dei Piani di Assestamento nella Regione Molise (non sappiamo se è ancora consigliabile) ecco tutta la normativa in pdf che potete scaricare anche qui:

normativa p.ass

modifica normativa p.ass

scheda A progetto_bosco

scheda B2 progetto_bosco

scheda B3 progetto bosco

scheda N progetto_bosco

Fonte del documento: www.regione.molise.it

Alcuni alberi di San Francesco

Come scritto nel nostro gruppo di facebook dal più famoso cercatore di alberi, Valido Capodarca: “Il primatista assoluto, in Italia, in quanto ad alberi dedicati al proprio nome, è certamente San Francesco. Fra Centro e Nord Italia sono almeno una decina gli alberi che lo ricordano”. Noi di molisealberi riprendendo un po’ di spunti bibliografici abbiamo fatto un elenco di tre alberi di San Francesco, con una breve descrizione. Oggi tutto è dedicato a San Francesco.

Partiamo da Assisi località Eremo delle Carceri. Qui ci sono due lecci censiti nel 2008 dalla Regione Umbria indicati con codice pianta 001 e 002. Il primo ha una circonferenza di cm 200 altezza mt 5 larghezza chioma mt 4. Il secondo circonferenza di cm 360 altezza mt 21 larghezza chioma mt 16. Storie e miracoli si associano a questi luoghi dove Francesco pregava e contemplava. Boschi di leccio grotte e pietre sono i testimoni della vita del Santo di Assisi.

Leccio Eremo delle Carceri

Andiamo ora  a Rivodutri in provincia di Rieti frazione Cepparo a quota intorno i 1230 mtslm dove c’è un faggio con una forma particolare con rami che si intrecciano  ad ombrello dove la leggenda narra che Francesco si riparò da un temporale. Le dimensioni dell’albero sono  8 mt di altezza, la circonferenza è di 400 cm  L’età oscilla intorno ai 250 anni (Fonte: Alberi monumentali del Lazio di Valido Capodarca).  Capodarca lo definisce: originalissimo, un gigantesco cespuglio con i tronchi più grandi un po’ rovinati oggi come “radice quadrata” di una pianta madre (vecchio faggio di San Francesco che sta morendo ) in un nuovo faggio di San Francesco.

Si tratta comunque di fusti obliqui con rami contorti. Se l’albero ha 250 anni e San Francesco è vissuto 800 anni fa, qualcosa non quadra, ma a noi piacciono le leggende sugli alberi di San Francesco. Ci avviciniamo alle sue creature (non solo gli alberi), alla sua spiritualità, alle sue Lodi, al Creato, alla Natura, alla nostra sorella e madre Terra; “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba”. Questo faggio forse è un discendente di quello originario. E’ stato, in questi 800 anni, sempre un faggio un po’ particolare e magico, come dalla foto, e a noi basta questo.

Il Faggio di San Francesco

Dopo il leccio e il faggio uno dei dieci monumenti della natura da non perdere in Italia come dice Tiziano Fratus nel suo manuale del: “Perfetto cercatore di Alberi è il cipresso di San Francesco a Verrrucchio in provincia di Rimini. La targhetta dell’albero dice: Piantato da San Francesco nel 1213. Età 800 anni.” Circonferenza base cm 530. Altezza 25 mt.

Che dire di questo Cipresso, qui intorno all’albero e nel chiosco del Convento di Santa Croce si respira aria miracolosa. E’ una rarità anche per gli studiosi di alberi. Possiamo dire, qui si ferma un po’ la scienza che  cede il posto alla fede e alla religione. Se non vuoi ardere, cresci ? diceva Francesco al suo bastone che non riusciva a bruciare. Così buttandolo a terra  nacque il nostro Cipresso. L’albero oggi sta ancora in piedi  dopo aver perso la cima e grazie anche ad  alcuni sostegni. Il tronco è  legato con filo di ferro e una cintura arrugginita.  

Tiziano Fratus, osservatore attento di alberi, dice che nel 1800 la cintura arrugginita era stata applicata per poter tenere insieme le diverse branche, dopo che i soldati napoleonici tentarono di bruciarlo. Questo Cipresso, si legge dai giornali di oggi, è stato clonato per donarlo all’attuale papa Francesco. E’ uscita una piantina alta 40  centimetri diretta discendente del cipresso che 800 anni fa piantò San Francesco.

Un Albero forte, storico, leggendario, miracoloso, favoloso, imponente non ci vengono in mente altri aggettivi. Ci sono altri Cipressi di età superiore a 600-700 anni Capodarca classifica al secondo posto quello di Toffia (messo un po’ male) in provincia di Rieti e Fratus un cipresso alle cinque Terre in Liguria di 800 anni e a Grizzana in Provincia di Bologna in frazione La Scola  con circonferenza di cm 550 Si tratta quindi di Cipressi che per circonferenza e per altri parametri arrivano all’età in cui visse San Francesco. Continueremo nei prossimi giorni a parlare di grandi alberi di San Francesco e delle loro storie e leggende.

Il cipresso di San Francesco

Il Giardino dei Patriarchi da frutto dell’Unità d’Italia

Venti regioni, venti patriarchi da frutto grazie all’Associazione Patriarchi della Natura d’Italia a villa dei Quintili a Roma.

Ecco i venti Patriarchi da frutto che, regione dopo regione, rappresentano, i suoi diversi paesaggi e ambienti, con piante  secolari o addirittura millenarie.

Valle d’Aosta: pero Brusson (il pero più grande e vecchio della Val d’Aosta)
Piemonte: melo PUM dal Bambin (uno dei meli più grandi del Piemonte)
Liguria: olivo di San Remo millenario (l’olivo più antico della Liguria)
Lombardia: ciliegio di Besana in Brianza (forse il ciliegio selvatico più grande d’Italia)
Trentino Alto Adige: melo di Fondo (il melo più vecchio d’Italia e forse d’Europa)
Friuli Venezia Giulia: melo di Campone (il più grande del Friuli) 150 anni,
Veneto: Olivo di San Vigilio (olivo millenario sulle rive del Garda)
Emilia Romagna: cotogno antico Faenza (fra i più vecchi d’Italia, produce frutti quasi privi di tannino che si mangiano come mele)
Toscana: corniolo di Montieri (fra i più grandi d’Italia)
Marche: olivo di Campofilone (fra gli olivi più longevi delle Marche)
Umbria: Noce di Poggiodomo, Perugia, (il più grande d’Italia di oltre 5 metri di circonferenza)
Abruzzo: fico Reginella di Bucchianico (antica varietà locale)
Molise: olivo di Venafro (millenario, coltivato già in epoca romana)
Lazio: melograno di Roma (San Giovanni in Laterano, fra i più vecchi d’Italia)
Campania: vite di Taurasi (vite plurisecolare e di dimensioni enormi)
Puglia: fico di Otranto (varietà autoctona, fra le più antiche)
Basilicata: olivo maiatica di Ferrandina (olivo millenario, il più antico della Basilicata)
Calabria: vite Mantonico di Bianco (vitigno risalente all’epoca magno-greca)
Sicilia: vite Corinto Bianco (vitigno portato in Italia dai Greci oltre duemila anni fa)
Sardegna: olivo Luras (3800 anni, il più antico d’Europa, 13 metri di circonferenza)

Fonte: Associazione Nazionale Patriarchi della natura d’Italia

Il “Mazzone”, la grande quercia di Jelsi

Nome comune: Roverella
Specie: Quercus pubescens
Località: Masserie Papali/Macchione
Età: circa 500 anni
Circonferenza a m. 1,30: cm. 600
Altezza mt 25
Morfologia della chioma: uniforme
Stato vegetativo: buono
Posizione: in filari di n° 3 piante
(Caratteristiche inviate dal Dr Forestale Lino Cirucci. Fonte: Schede redatte dal Corpo Forestale dello Stato (Comando stazione di Riccia anno 2000)

Alcuni simpatiche persone di Jelsi ci hanno trasmesso la foto di una delle più grandi roverelle esistenti in Provincia di Campobasso. Siamo ad Jelsi paese della festa del grano, del ballo dell’uomo orso e noi aggiungiamo anche di grandi querce. Ben cinque roverelle (ma ce ne saranno anche di più) dai dati del Censimento della Regione Molise del 2009,  hanno una circonferenza superiore ai 5 metri.Il “Mazzone” di cui la foto qui sotto è di 6 mt con ben sette persone sopra il palco da cui si diramano 6  branche e rami. Dalla foto si vede che è un vero colosso. E’ una quercia a candelabro. Il Dr Forestale Lino Cirucci, che con la sua Associazione: “Centro studi di storia, cultura, tradizioni e territorio San Amanzio” ci racconta che a questo albero i Briganti, dopo l’unità d’Italia erano soliti legare i loro cavalli data la vasta ombra che proiettava al suolo. Il numero 6 è un numero fortunato per quest’albero, speriamo che continui a vivere per altri 66, per non dire 666 anni.

La quercia di 6 mt di circonferenza con 7 persone. Foto di Michele Fratino.
La quercia di 6 mt di circonferenza con 7 persone. Foto di Michele Fratino.

Piano Forestale Regionale 2002-2006 da aggiornare?

Già nel 2011 era nata la necessità di aggiornare e scrivere un  nuovo piano forestale previsto dalla legge scaduto ormai nel 2006. Nella Giornata Forestale della Regione Molise del 29/04/2011, il Presidente dell’Accademia nazionale di Scienze Forestali Orazio Ciancio aveva così scritto: ” L’individuazione delle caratteristiche forestali, ambientali e sociali a scala regionale consente di verificare la connessione tra epistèmi, sapere obiettivo, e prassi, permettendo di esaminare il processo evolutivo almeno sotto tre punti di vista: 1) lo sfondo storico; 2) le modalità di analisi; 3) la prefigurazione dell’orizzonte possibile….. continua ….  Il processo di pianificazione fornisce elementi utili sia sul piano sociale, economico e culturale sia in merito alla gestione sostenibile di quel meraviglioso sistema biologico complesso che è il bosco. Al tempo stesso, valorizza al massimo livello quelle che sono le caratteristiche connaturali al bosco: i servigi connessi alle classiche funzioni di difesa idrogeologica e di produzione legnosa, ma anche quelli legati alla cosiddetta terza dimensione di Lucio Susmel: la possibilità di purificazione dell’acqua e dell’aria, di distensione, di valorizzazione paesaggistica, ecc. Per dettagli Università del Molise a questo link

Piano Forestale della Regione Molise 2002-2006

Fonte: http://www.regione.molise.it/pianoforestaleregionale/

Il pino domestico della frazione Indiprete di Castelpetroso

Specie: Pinus Pinea L.
Nome Comune: Pino Domestico
Circonferenza (mt): 3,20
Stato Vegetativo: buono qualche problema è sulla strada per noi perché è  stato costruito un muretto troppo vicino al tronco.
Altezza (mt): 20
Età (anni): 200 forse

Questo pino domestico, ha dato il nome alla zona che attualmente viene chiamata “Pugnuol” che in gergo dialettale di Castelpetroso significa “Pinolo”. Le persone anziane se lo ricordano sempre della stessa stazza. La sua chioma e ad ombrello con ramificazione a V. I suoi aghi stropicciati  danno un buon odore. I pinoli commestibili sono grandi e molto buoni. Non a caso si chiama anche: “pino da pinoli”.  Forse il nome Pinocchio deriva da Pinoli. E’ un albero con “un bel  naso lungo” allora.  Nella foto a circa 7 mt  da terra (riferimento il lampione vicino)  ci sono le 4 ramificazioni.


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Regione Molise – La legge regionale di tutela e valorizzazione degli alberi monumentali

Pubblicata sul BUR Molise n. 39 del 16/12/2005
Fonte: www.regione.molise.it

logo-regione-moliseARTICOLO 1

(Finalità)

1. Allo scopo di tutelare e valorizzare il patrimonio ambientale e il paesaggio della regione, la presente legge detta norme per l’individuazione degli alberi monumentali di alto pregio naturalistico e storico, di interesse paesaggistico e culturale presenti nella Regione Molise.

ARTICOLO 2

(Definizione)

1. Sono considerati alberi monumentali di alto pregio naturalistico e storico e di interesse paesaggistico e culturale:

a) Gli alberi isolati o facenti parte di formazioni boschive naturali o artificiali che per età o dimensioni possono essere considerate come rari esempi di maestosità o longevità;

b) Gli alberi che hanno un preciso riferimento a e-venti o memorie rilevanti dal punto di vista storico o culturale o a tradizioni locali.

ARTICOLO 3

(Elenco regionale degli alberi monumentali)

1. È istituito, presso l’assessorato regionale all’agricoltura, l’elenco regionale degli alberi monumentali.

2. A tal fine l’assessorato all’agricoltura, sentito il responsabile regionale del Corpo Forestale dello Stato, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, definisce la metodologia di rilevazione ed i contenuti informativi di una scheda tipo che deve contenere almeno i dati caratteristici di vegetazione e i criteri di tutela di cui all’articolo 2.

3. L’assessorato all’agricoltura, sulla base della scheda di cui al comma 2 ed esaminate le eventuali proposte pervenute ai sensi del comma 4, predispone l’elenco re-gionale degli alberi monumentali.

4. L’inserimento nell’elenco regionale degli alberi monumentali può avvenire anche su proposta del Corpo Forestale dello Stato, delle province, dei comuni, delle comunità montane, degli Enti parco ed anche a seguito di segnalazioni da parte degli Istituti scolastici, cittadini o associazioni ai medesimi Enti. In tale ultimo caso detti enti sono tenuti a trasmettere la segnalazione all’assessorato all’agricoltura, entro trenta giorni dal ricevimento, corredata dal loro parere trasmesso contestualmente a quanti hanno provveduto alla segnalazione o all’associazione interessata.

5. La scheda tipo di cui al comma 2 e l’elenco regionale degli alberi monumentali sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione. L’elenco regionale degli alberi monumentali è aggiornato semestralmente.

6. Il Corpo Forestale dello Stato, le strutture regionali competenti in materia di servizi forestali, di servizi fitosanitari e l’assessorato all’agricoltura assicurano, ciascuno nell’ambito delle rispettive competenze, l’assistenza per gli aspetti agroforestali e di fitopatologia agli alberi dell’elenco di cui al comma 1.

ARTICOLO 4 (Iniziative di valorizzazione e tutela)

1. Gli alberi inseriti nell’elenco sono classificati come “Albero monumentale protetto”.

2. L’assessorato all’agricoltura e gli enti di cui all’articolo 3, comma 4, promuovono iniziative di pubblicizzazione e valorizzazione degli alberi inclusi nell’elenco, al fine cli divulgarne la conoscenza, il significato della tutela, nonché per migliorare il contesto territoriale e ambientale circostante.

3. I comuni riportano nel proprio strumento urbanistico generale gli alberi monumentali protetti e le relative aree di pertinenza dettando apposita normativa di tutela.

4. È vietato a chiunque abbattere, danneggiare o comunque modificare la struttura degli alberi monumentali inseriti nell’elenco regionale, salvo quanto previsto ai commi 5 e 6.

5. Gli interventi per una corretta manutenzione e conservazione degli alberi monumentali nonché il loro eventuale abbattimento, qualora non siano già attribuiti alla competenza di enti o amministrazioni diverse ai sensi della normativa statale e regionale vigente, sono autorizzati dal comune, previa acquisizione di un parere tecnico delle strutture regionali competenti in materia di servizi forestali e fitosanitari.

6. L’abbattimento di alberi inclusi nell’elenco di cui all’articolo 3, avviene per esigenze di pubblica incolumità o per esigenze fitosanitarie e comunque dopo aver accertato l’impossibilità ad adottare soluzioni alternative volte ad evitare l’abbattimento.

7. I comuni e le strutture regionali competenti in materia di servizi forestali e fitosanitari vigilano sull’applicazione delle disposizioni della presente legge.

ARTICOLO 5 (Sanzioni amministrative)

1. Chiunque compia gli interventi di manutenzione e conservazione degli alberi monumentali senza l’autorizzazione di cui all’articolo 4, comma 5 è assoggettato ad una sanzione amministrativa da un minimo di Euro 50,00 ad un massimo di Euro 100,00.

2. Chiunque danneggi o abbatta alberi sottoposti a tutela della presente legge senza l’autorizzazione di cui all’articolo 4, comma 5, è assoggettato a una sanzione amministrativa da un minimo di Euro 500,00 ad un massimo di Euro 2.500, 00 per ogni albero abbattuto.

3. L’area di pertinenza delle piante abbattute senza l’autorizzazione non può essere utilizzata per diversa destinazione per 50 (CINQUANTA) anni a decorrere dalla data di abbattimento delle piante.

4. All’applicazione delle sanzioni di cui al comma 1, provvedono i comuni nel cui territorio è stata commessa la violazione con le modalità e le procedure di cui al-la legge 24 novembre 1981, n. 689.

5. Il comune incamera i relativi proventi che destina esclusivamente alla cura, tutela, valorizzazione ed eventualmente alle cure colturali dell’alberatura pubblica.

ARTICOLO 6 (Reimpianto)

1. In caso di abbattimento i comuni provvedono al reimpianto di specie vegetali analoghe a quelle abbattute.

ARTICOLO 7 (Concorso per le scuole)

1. Per incrementare la conoscenza e l’amore per gli alberi è istituito il premio regionale “La storia del Molise attraverso gli alberi” aperto alle scuole di ogni ordine e grado.

2. Una commissione formata da un rappresentante dell’Università del Molise, dai Dirigenti Scolastici delle province di Campobasso ed Isernia, dal responsabile regionale del Corpo Forestale dello Stato, dall’Assessore all’agricoltura e presieduta dal Presidente del Consiglio Regionale, di anno in anno, stabilisce il tema del premio e la modalità della partecipazione.

3. Per ogni ciclo scolastico, (scuole materne, scuole medie e scuole superiori) saranno messi a disposizione vari premi. Per l’Università, per ogni anno accademico, sarà premiata con una Borsa di Studio una tesi di laurea attinente il tema del concorso.

ARTICOLO 8  (Norma finanziaria)

1. Alle spese di natura corrente derivanti dall’applicazione della presente legge, quantificabili in euro 80.000,00 per ciascuno degli esercizi 2006, 2007 e 2008, si fa fronte mediante legge di bilancio.

 ARTICOLO 9 (Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Re-gione Molise.

2. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla rispettare come legge della Regione Molise.

La grande quercia a Carovilli

Specie: Quercus cerris L.
Nome Comune: Cerro
Circonferenza (mt): 4,90
Stato Vegetativo: buono
Altezza (mt): 25
Età (anni): 200-250
Quota Slm (mt): 860

E’ la grande quercia di Carovilli. Si trova in vicinanza di un ristorante che prende il suo stesso nome. Si scorge facilmente dalla strada verso San Pietro Avellana. Un po’ tutti la conoscono nella zona, almeno per coloro che da diversi anni vanno a pranzare al ristorante.  La sua chioma è davvero considerevole. Il tronco  e’ in leggera pendenza e si biforca a circa tre metri d’altezza. E’ talmente regolare la chioma che nel  periodo autunnale distribuisce la sua ghianda in modo sempre “uniforme” sul terreno.

Ecco cosa scrive Valido Capodarca sulla grande quercia di Carovilli:

IL CERRO DI CAROVILLI
Concludiamo il nostro viaggio fra i grandi alberi del Molise con quello che, forse, è esteticamente più valido fra quelli visitati. Purtroppo, questa volta le notizie biografiche disponibili sono poche, per il mancato incontro con un interlocutore debitamente informato. Gli stessi proprietari dell’agriturismo ne hanno il possesso solo da pochi anni. Dobbiamo perciò  limitarci ad alcune osservazioni.
La quercia in questione si trova in comune di Carovilli, nei pressi di una struttura di agriturismo che prende il nome proprio dalla quercia. La circonferenza del suo fusto è prossima ai 5 metri (esattamente 4,96). Il diametro della chioma è di 26 metri, circa 22 se ne possono attribuire all’altezza. Visto dalla strada provinciale, il fusto sembra più esiguo di quanto sia in realtà, per la pronunciata ovalizzazione dello stesso. Solo facendo un giro attorno ad esso ci si accorge della sua imponenza. L’aspetto della pianta è dei più sani, e la sua silhouette è un prodigio di armonia e di simmetria.
In mancanza di notizie storiche, si può solo interrogare la pianta e ascoltare cosa essa ci racconta.  Il fusto è internamente cavo e alla base, sul lato nord, appare un foro alla sua base, poco sopra il livello del suolo. In mancanza di altre interpretazioni circa la sua origine si può solo formulare una ipotesi: che siano stati gli stessi proprietari a praticarlo per fornire un’uscita all’acqua piovana che altrimenti, ristagnando nella cavità del fusto, potrebbe danneggiarlo.  La preghiera che rivolgo agli eventuali lettori che conoscessero questo cerro e le sue vicende biografiche, è di fornirle con un commento.


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