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Regione Friuli Venezia Giula – Legge Regionale n. 9 del 23-04-2007

Regione autonoma Friuli Venezia GiuliaIn Friuli Venezia Giulia la tutela di monumenti naturali non è solo riferita agli alberi ma anche ai boschi. Interessanti anche le ragioni “spirituali” per la tutela di monumenti naturali e le sanzioni fino a 100.000 Euro per ogni singola pianta distrutta o alterata e il ripristino ambientale, secondo le prescrizioni della Direzione centrale.

La sanzione dei 100.000 Euro è scritta anche nella legge nazionale 14 Gennaio 2013 n.10: “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani (GU Serie Generale n. 27 del 1-2-2013)”. In Friuli la stessa sanzione è stata prevista 6 anni prima della legge nazionale.

Legge Regionale Friuli Venezia Giulia n. 9 del 23-04-2007

Capo V
Funzione paesaggistica, turistica e culturale
Sezione I
Tutela dei monumenti naturali
ARTICOLO 79

(Funzioni della Regione)
1. Allo scopo di tutelare e valorizzare il patrimonio arboreo, paesaggistico e ambientale del Friuli Venezia Giulia, la Regione promuove l’individuazione, la manutenzione e la conservazione degli alberi e dei boschi di particolare pregio naturalistico, storico, paesaggistico, culturale e spirituale.

ARTICOLO 80

(Definizione di monumenti naturali)
1. Ai fini della presente legge, sono considerati monumenti naturali i singoli elementi arborei o specifiche aree boscate o formazioni geologiche a esse connesse, di origine naturale o antropica, che, per eta’, forme, dimensioni o ubicazione ovvero per ragioni storiche, letterarie, toponomastiche o paesaggistiche, culturali e spirituali presentino caratteri di preminente interesse e richiedano una loro speciale conservazione.

ARTICOLO 81

(Inventario regionale dei monumenti naturali)
1 La dichiarazione di monumento naturale si consegue mediante l’inclusione in un apposito elenco denominato <<inventario regionale dei monumenti naturali>>, contenente:

a) l’esatta ubicazione dei monumenti naturali tutelati, con riferimento anche all’individuazione catastale dell’area su cui gli stessi insistono;

b) le caratteristiche di tali monumenti con riferimento alle ragioni che ne giustificano l’inclusione nell’inventario e le modalita’ di segnalazione degli stessi in loco.
2. L’inventario e’ approvato con decreto del Direttore centrale da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale della Regione.
3. In sede di prima applicazione della presente legge, si assume come inventario quello approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale 20 settembre 1995, n. 0313/Pres..

ARTICOLO 82

(Tutela e gestione dei monumenti naturali)
1. E’ fatto divieto a chiunque di distruggere o alterare i beni inclusi nell’inventario di cui all’articolo 81, fatti salvi gli interventi di conservazione e manutenzione di cui al comma 4.
2. I Comuni sul cui territorio insistono i beni inclusi nell’inventario sono tenuti ad adeguare il proprio strumento urbanistico generale alle prescrizioni previste dalla presente sezione.
3. Il decreto di cui all’articolo 81, comma 2, costituisce titolo per l’apposizione d’indicazioni informative dei beni soggetti a tutela.
4. Le Comunita’ montane, nel territorio di rispettiva competenza, e le Province assicurano, mediante specifici interventi conservativi e di manutenzione, la buona conservazione dello stato vegetativo dei singoli monumenti naturali e la valorizzazione ambientale dei siti che garantisca il mantenimento delle funzioni assegnate.

ARTICOLO 83

(Sanzioni)
1. La violazione del divieto di cui all’articolo 82, comma 1, comporta il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 100.000 euro per ogni singola pianta distrutta o alterata e il ripristino ambientale,  secondo le prescrizioni della Direzione centrale, fatto salvo il potere di quest’ultima di provvedere d’ufficio, previadiffida, in caso di inerzia del trasgressore, con diritto di rivalsa nei confronti del medesimo.
2. Le sanzioni possono essere ridotte fino a un decimo nei casi di tenuita’ del danno.
3. Gli importi versati ai sensi del comma 1 sono finalizzati all’esclusivo finanziamento del Fondo di cui all’articolo 90, comma 1.

Il Piano di Gestione della Riserva di Collemeluccio (Terza parte)

Parliamo brevemente del Piano di Gestione della Riserva di Collemeluccio a Pescolanciano.

Il Piano proponeva delle prescrizioni di intervento selvicolturale per la conversione ad alto fusto del ceduo di cerro costituitosi all’interno dell’abetaia in seguito alle intense utilizzazioni e antropizzazioni che il bosco aveva subito nell’arco delle due guerre mondiali.
L’esecuzione di un primo intervento preparatorio di avviamento ad alto fusto era previsto adottando la tecnica consigliata da Ezio Magini (1917-2000) negli anni 70 che può essere riassunta in quattro punti essenziali:
1. Eliminazione preliminare di tutto il piano sottoposto (ripulitura) togliendo tutte le piante ed i polloni alti meno di 3-3,5 metri. Tale prescrizione fu modificata dalle modalità di intervento previste dal Piano di Gestione Naturalistica, che limitava radicalmente l’intervento nel sottopiano arboreo, come salvaguardia della biodiversità all’interno del bosco.
2. Diradamento energico del piano dominante lasciando il migliore pollone per ceppaia (raramente due, ma non più).
3. La densità dei polloni da conservare nel piano dominante è stata regolata in funzione della loro altezza: per un’altezza media di 10-12 m i polloni da lasciare vanno da 1300 a 1600 per ettaro; per un’altezza media di 10-12 m pari a 8-9 m il numero dei polloni varia fra 2300 e 2600 per ettaro.
4. I polloni dominati (in sovrannumero) devono essere tolti dalle ceppaie nelle quali vengono riservati 1 o 2 polloni dominanti; sono invece rilasciati sulle ceppaie dominate, purché di altezza superiore a 3-3,5 m.

I criteri d’intervento proposti per la conversione ad alto fusto, vennero sconvolti da una “disposizione data sottotraccia” al Piano, che poneva un limite diametrico al taglio di conversione. Tale limite vietando l’utilizzazione dei polloni che presentavano un diametro superiore agli 8 cm, trasformò il processo di conversione in un modesto taglio di ripulitura, che ebbe l’effetto di eliminare solo le piante situate nel piano dominato e soprattutto di non intervenire sui piani dominati e intermedi. Per tale motivo venne l’esigenza di istituire delle aree sperimentali di limitata superficie dove avviare sperimentalmente il protocollo sperimentale proposto da Magini.

Nel 1993 il processo di conversione fu avviato da un primo taglio conversione ad alto fusto con lo scopo di favorire la rinnovazione naturale dell’abete bianco e di altre specie decidue che partecipavano alla mescolanza con la conifera e ripristinare le condizioni strutturali e compositive necessarie all’abete bianco per insediarsi e colonizzare aree boschive precedentemente abbandonate.

EZIO MAGINI:  Massimo studioso di selvicoltura italiana su basi naturali, intesa nel senso più ampio e profondo del termine. Tra i numerosi studi e ricerche ha scritto: Esiste sull’Appennino una varietà di abete bianco? (1973).

Pescolanciano L’abetina di Collemeluccio  (prima parte)

Pescolanciano – La Riserva di Collemeluccio (seconda parte)

L’Area MAB di Collemeluccio (quarta parte)

Mappa di Collemeluccio
Mappa di Collemeluccio

Civitanova del Sannio – Il faggio e il masso

Specie: Fagus Sylvatica L.
Nome Comune: Faggio
Circonferenza (mt): 3.6
Stato Vegetativo: buono

Siamo sulla Montagnola Molisana tra Sessano – Civitanova – Frosolone, al bivio per le Caselle di Civitanova a 1200 metri sul livello del mare. Al suo fanco un masso. Particolarità: il grosso masso ha quasi la stessa circonferenza del tronco. L’abbiamo fotografato in periodo umido e nebbioso.


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Civitanova del Sannio – Un faggio “largo” e “alto”

Specie: Fagus Sylvatica L.
Nome Comune: Faggio
Circonferenza (mt): 5,60

Un faggio bicormico. Il Numero 15 sul tronco. Grande esemplare. Si trova lungo la strada che da Sessano del Molise porta verso il lago di Civitanova, nella Montagnola Molisana a quota 1180 mslm. Qui ci sono dei veri grattacieli della natura, con altezze paragonabili a 7-8 piani di un palazzo. Faggi altissimi, quasi impossibile fotografarli interamente. Ci ha colpito oltre l’altezza, l’ubicazione di questo esemplare. Si trova ai margini del bosco, mentre all’interno altri alberi sono un po’ più bassi. Siamo affascinati da quest’albero e dal suo maestoso tronco… non abbiamo parole.

Un grande Faggio tra Sessano e Civitanova del Sannio - Montagnola Molisana
Un grande Faggio tra Sessano e Civitanova del Sannio – Montagnola Molisana

 


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Castelpizzuto – Una delle prime foto di grandi alberi

Specie: Quercus cerris L.
Nome Comune: Cerro
Stato Vegetativo: buono
Quota Slm (mt): 850

Inizi anni 90. Strada che collega Longano a Castelpizzuto, anche se la memoria fa un po’ gli scherzi. Si utilizavano macchine fotografiche con rollino e non si scattavano molte foto, anche perchè la fotografia era un hobby costoso. Si doveva saper scegliere come fotografare il paesaggio e gli alberi. Dalla foto di questa quercia è nata un po’ la passione e la ricerca di grandi alberi. Particolare di questa quercia è o forse era il suo tronco. Non ci sfuggì la sua solenne figura, giusto il tempo per un solo scatto. Non sappiamo quanti anni avrà ora questa pianta. Così a memoria d’uomo nessuno lo potrà mai sapere. Forse non c’è più. Godiamoci la bellezza di questo “patriarca della natura” almeno per un istante.

Una delle prime querce fotografate da noi di molisealberi
Una delle prime querce fotografate da noi di molisealberi

Protocollo di Kyoto, troppa anidride carbonica ancora, “povere” foreste. Il flop dell’Italia

Contabilità di Kyoto un po’ complicata, cosa succede? Riprendiamo un articolo de La Stampa del 16/04/2014 dal titolo: “Protocollo di Kyoto, flop dell’Italia. Mancati gli obiettivi sulla CO2”. Noi di Molisealberi siamo andati un po’ in dettaglio. L’Ispra, con i dati riportati nell’Inventario nazionale delle emissioni di gas serra del 2012, attesta il fallimento del nostro paese sugli obiettivi di Kyoto.

L’obiettivo di riduzione, nel quinquennio 2008-2012, era del 6,5% rispetto ai valori registrati nel 1990 e l’Italia si è fermata a una riduzione del 4,6%. Informazioni dettagliate si possono trovare seguendo il video della Conferenza del 16/04/2014 svoltasi a Roma dal titolo: L’inventario nazionale delle emissioni di gas serra ed il protocollo di Kyoto. In parole semplici, nel video qui sotto, che cosa è successo. La contabilizzazione del Protocollo di Kyoto prende in considerazioni diversi elementi: le emissioni stimate nell’Inventario Nazionale delle emissioni di gas serra, le quote assegnate alle industrie attraverso il meccanismo dell’ Emission Trading Scheme (ETS), gli eventuali crediti derivanti dai meccanismi flessibili ammessi dal protocollo di Kyoto (Clean Developlment Mechanism e Joint Implementation) e i crediti relativi alle attività forestali.

Marina Vitullo, responsabile della parte dell’inventario relativo alle foreste, con l’intervento “Emissioni e assorbimenti forestali e criticità rispetto agli obiettivi di Kyoto”, spiega che c’è ancora la possibilità che il numero finale possa subire delle piccole modifiche a causa di alcune peculiarità specifiche del settore forestale, che prevedono una specifica verifica da parte dell’UNFCCC.

È difficile però che il nostro deficit delle emissioni si discosti molto dalle 16,9 milioni di tonnellate di CO2 di cui risultiamo oggi deficitari e che dovremo acquistare sul mercato. Quindi l’Italia dovrà acquistare i crediti necessari per colmare tale gap sul mercato internazionale (il costo, calcolato sugli attuali costi della CO2, sarebbe superiore ai 20 milioni di euro). Qualcuno deve pagare. 

La contabilizzazione dei crediti di carbonioPer quanto riguarda la parte forestale, si rileva, infine, come le maggiori criticità siano relativi alle attività di afforestazione e riforestazione, come specifica il protocollo di Kyoto, per le quali va dimostrato il carattere antropico. Secondo Marina abbiamo degli strumenti normativi in Italia che tutelano le foreste ma non abbiamo però alcun strumento che leghi o protegga la cosiddetta riforestazione naturale che è una parte non irrilevante di tutta la quantita’ che viene riportata nell’ambito delle attività di afforestazione e riforestazione.

L’articolo può essere scaricato qui

Ecco il Video:

Fonte: ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale

Il faggio policormico dei tre confini

Specie: Faggio
Nome scientifico: Fagus sylvatica L.
Circonferenza fusto policormico (diversi tronchi): 6 mt circa

Siamo al confine tra i Comuni di Miranda, Carovilli, Pescolanciano a quota intorno ai 1200 mslm. Un boschetto, una zona paludosa ed un passaggio di cinghiali. In vicinanza un’antenna anemometrica a misurare la velocità del vento forse per la costruzione d’impianti di pale eoliche. Un termine lapideo in vicinanza. Si incontra un faggio con diversi tronchi. In effetti sono 4-5 tronchi non facili da distinguere. Si tratta di fusti uniti di diverse dimensioni. Quello centrale, ormai secco, è in marcescenza. Il tronco principale sta bene e sviluppa una chioma simile ai faggi in vicinanza.

Al centro, un tronco (forse una concrescenza di tronchi) ormai secchi di altezza intorno ai tre metri che comunque rigettano ancora gemme e foglie. Ai lati, tre tronchi un po’ obliqui tali da formare altre piccole chiome. La forma, l’unione e la particolarià dei tronchi ci ha colpiti. Come non dire che i tronchi uniti fanno forza e rendono l’albero monumentale per la particolare forma dei tronchi.

Il Faggio dei Tre Confini


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I Platani del Piemonte. Uno scritto di Tiziano Fratus

Se scriviamo di Sequoie e di Platani e anche di Castagni non possiamo far altro che parlare di Tiziano Fratus che ha stilato una classifica basata sulla circonferenza dei tronchi a petto d’uomo dei Platani del Piemonte. Ecco l’elenco:

1) Campiglione Fenile – uno dei due del Campo dei Miracoli, 768 cm;
2) Alessandria – Platano detto di Napoleone, 760 cm;
3) Luserna San Giovanni – platano messo a dimora nel 1540, 736 cm;
4) Savigliano – il maggiore della coppia presente in piazza Nizza, 720 cm;
5) Frazione Ova, Castelnuovo Scrivia – il solitario che svetta nella campagna, 684 cm;
6) Torino – il maggiore dei platani del capoluogo di regione, 660 cm;
7) Santena – il platano detto di Cavour nel parco dell’omonima fondazione, 640 cm.

Abbiamo ripreso un suo scritto del 2012, con una descrizione minuziosa, dettagliata e molto bella, oltre che nelle foto, per fare un itinerario dei Platani del Piemonte. Itinerari facili perchè di solito i Platani si trovano lungo viali nei parchi storici. Omaggio al Piemonte “patria dei platano” in quanto è l’albero scelto storicamente per decorare viali, piazze, parchi e giardini. Come dice Fratus oggi ci troviamo ad accudire un patrimonio di tutto rispetto dislocato in varie sedi, fra città e campagne, fra aree pubbliche e proprietà private. Non perdetevi la descrizione dei Platani battezzati: Imbronciati di Campiglione Fenile.

L’itinerario tra i Platani del Piemonte lo potete scaricare qui

Itinerario dei Platani in Piemonte

per dettagli:

I platani del Piemonte

Pizzone – Località le Forme (Valle Fiorita) un acero montano

Specie: Acero Montano
Nome scientifico: Acer pseudoplatanus L., 1753
Circonferenza: 5 mt circa
Altezza: 15 metri

Non potevamo non pubblicare la foto dell’amico Giovanni che abbraccia un acero montano un po’ in pendenza. Non c’è solo il grande Acero di Valle Ura, adesso possiamo indicare anche il grande Acero in vicinanza di località Le Forme meglio conosciuta come Valle Fiorita. Giovanni l’ha misurato e secondo noi come si dice “ad occhio e croce” ha una circonferenza intorno ai 5,00 mt e per un acero montano non è poco.

Ci si arriva partendo dal Pianoro le Forme dopo circa 45 minuti direzione la Metuccia. Giovanni ci ha detto che non é stato facile trovarlo, ma la perseveranza premia. Per chi vuole farsi un giro, sempre dietro autorizzazione da parte del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, le coordinate con sistema di riferimento WGS84 sono 41°41’05.24″N, 13°58’19.30″E.

Pizzone acero di valle fiorita
Giovanni che abbraccia l’acero montano

 

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Castelpetroso Frazione di Guasto: La quercia e il calesse

Nome Comune: Roverella
Circonferenza (mt): 3,50
Stato Vegetativo: abbastanza buono
Altezza (mt): 15-17
Età (anni): 100 circa
Quota slm: 805 mt

Guasto è una piccola frazione del comune di Castelpetroso, dove sorge il Santuario della Madonna Addolorata, patrona del Molise. La localita’ ha dato i natali alle due donne testimoni proprio dell’apparizione della Madonna. A Guasto c’é una Chiesetta con facciata in pietra chiamata della Maddalena. E’ raggiungibile facilmente da una stradina che sale a nord della frazione. Lungo l’interpoderale, che porta al luogo sacro, vari oggetti in legno e pietre con inciso date e altre scritte dei devoti. A sinistra della chiesetta un bel calesse in legno con su ben evidente in verde anno 1936. A fianco il nostro albero. Particolarità: il calesse é legato nella ruota con una catena su un massetto di cemento per evitare che qualche male intenzionato se lo porti via.

La pianta ha subito diversi tagli sulle branche almeno sul lato della strada ed il tronco risulta in parte ben ricoperto di edera. Non maestosa ma il connubbio albero silenzioso-calesse é interessante e fa ricordare quel film di Troisi “Pensavo fosse amore invece era un calesse”.

A Guasto c’era, come descritto nel libro i grandi alberi della Provincia di Isernia, una Farnia privata di circa 200 anni e di circonferenza di 4,80 mt. Oggi é visibile con un numero di tronchi e grossi rami ben tagliati e accatastati ed é ubicata al bivio per Cifelli (vecchia strada Isernia/Guasto).


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