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La tavola della Ragione a Cavalese, da gli alberi di Valido

LA TAVOLA DELLA RAGIONE
A Cavalese (TN) al Parco della Pieve, c’è una strana costruzione: due muri di pietra circolari, concentrici, con al centro un tavolo anch’esso di pietra e circolare, con al centro un foro.
La chiamano la Tavola della Ragione, perché nei secoli passati attorno ad essa si riunivano a “ragionare” tutti gli abitanti di Cavalese. Finita la discussione, tutti entravano in mezzo ai cerchi, si avvicinavano alla tavola e lasciavano cadere il loro voto nella cavità. Attorno alla costruzione si ergono 5 antichi tigli, di cui uno molto più grande e più antico degli altri, con una circonferenza di tronco di circa 6 metri. La foto è del 1993, ma immagini più recente reperibili su internet lo danno ancora vivo però privo della porta.
Il vecchio patriarca ebbe sicuramente parte attiva alle antiche assemblee, fornendo ombra ai convenuti.
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Attorno ad esso è più volte passata la Storia, con i suoi lutti, come quelli della Prima Guerra Mondiale, quando su Cavalese piovevano le terribili bombe dei cannoni austriaci e accanto al tiglio si alzavano i lamenti dei feriti che venivano portati al vicino ospedale.
Dalla sua posizione, nell’estate del 1986, esso poté assistere al transito, sulle fangose acque del sottostante Avisio, di molte delle 269 vittime della tragedia della Val di Stava. Per chi non era ancora nato, ricorderemo che la disgrazia venne provocata dal crollo delle dighe di terra di due invasi artificiali situati nella valle del torrente Stava, poco a monte di Cavalese. La valanga di fango fece sparire tutta la frazione di Stava e buona parte di Tesero. Proprio a Tesero lo Stava confluisce nell’Avisio, e molti cadaveri, trascinati a valle dal fiume, vennero avvistati e recuperati, pochi chilometri dopo, dagli abitanti di Cavalese.
Forse al vecchio Tiglio saranno giunti anche lo schianto e gli urli delle 41 vittime, quando la vicina funivia del Cermis crollò al suolo per la rottura d’un cavo.
La grata di legno venne opportunamente messa dal comune di Cavalese in quanto troppa gente aveva cominciato a scambiare la cavità del tronco per un locale dove si va a soddisfare le proprie necessità corporali.
I particolari in: Gardenia nr. 107 del marzo 1993
Foto disponibili in  rete
La Tavola della Ragione

 

Il Castagno di Varna e di San Giorgio di Scena, da gli alberi di Valido

Nessun testo alternativo automatico disponibile.IL CASTAGNO DI VARNA

Varna: il nome di questo incantevole paesino dell’alta valle dell’Isarco, molti chilometri a nord di Bolzano, era l’incubo dei 71 partecipanti al 60° Corso Allievi Ufficiali di Complemento in quei primi giorni del dicembre 1970. Il corso volgeva al termine, e fra le destinazioni nelle quali avremmo potuto essere inviati a trascorrere 4 mesi da sergente AUC prima di diventare sottotenenti, c’era proprio Varna, dove c’era un posto presso la Brigata Alpina Tridentina. Ci spaventava l’enorme distanza da Roma ma soprattutto il fatto di dovervi trascorrere tutto l’inverno, nel bel mezzo delle Alpi. La sorte scelse proprio un romano, Carmelo Costantini, che partì con fosche prospettive sul suo immediato futuro. Lo avremmo rivisto l’11 aprile successivo, col suo berretto da alpino, visibilmente soddisfatto di come aveva trascorso i suoi 4 mesi a Varna.
Venti anni dopo, avrei avuto occasione, per alcuni anni, di andare a trascorrervi le vacanze con la mia famiglia, e potei comprendere il perché della soddisfazione di Carmelo.
Stando sul posto, mi accorsi che Varna, oltre alla bellezza delle montagne che la circondano, dei suoi fiumi, dei suoi boschi, poteva offrire anche ottimo materiale per un cercatore di alberi. In particolare, a monte dell’abitato, si possono ammirare dei castagneti molto ben curati, con diversi esemplari veramente monumentali. Dopo aver appagato lo spirito godendomi la visione di questi secolari vegliardi, scelsi questo castagno per la sua pubblicazione su Gardenia. L’albero superava di poco i 7 metri di circonferenza di tronco ma, a detta di qualche residente del luogo, nei boschi circostanti ce ne sarebbe dovuto essere qualcuno più grande. Valido Capodarca 

Comune di Varna http://www.gemeinde.vahrn.bz.it/it

IL CASTAGNO DI SAN GIORGIO DI SCENA
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Chiudo questo lungo viaggiofra gli alberi monumentali del Trentino-Alto Adige, presentando uno dei suoi rappresentanti più superbi. I miei fin troppo pazienti lettori potranno trovare altri tre eccezionali monumenti naturali che avevo presentato in un passato più o meno recente andando a sfogliare nel mio diario per trovare: 1. ILarici della Val d’Ultimo; 2. Il Castagno di Lusenegg; 3. L’abete del Principe.
Il Castagno di questa foto si trova all’interno di un frutteto, a poche decine di metri dalla Pensione Meinhard, ai cui proprietari appartiene, sul territorio comunale di San Giorgio di Scena. Il fusto, alto e slanciato, misura ben 8,40 metri di circonferenza. La misura in sé è in realtà superata da altri castagni della provincia (10,50 quello di Lusenegg, 10 metri quello di Castel Verruca). La differenza sta nel fatto che, al contrario degli altri castagni quasi tutti ridotti a… capitozze (non quello di Lusenegg), sopra questo fusto si erge una chioma proporzionata ad esso, e l’albero raggiunge un’altezza di 30 metri. A metà del fusto, sul lato sinistro, si scorge la targhetta metallica circolare, bilingue, che attesta il riconoscimento del castagno come albero monumentale. Purtroppo, sono del castagno anche i ciocchi di legno visibili in terra: il gigante era attaccato da una delle temibili malattie cui la specie va soggetta. La foto è del 1992.
Valido Capodarca

 

 

Sarche (TN) un grande leccio da gli alberi di Valido

Nessun testo alternativo automatico disponibile.Dicono gli esperti che la zona intorno alla parte superiore del Lago di Garda viene considerata l’ultimo territorio verso nord a clima mediterraneo, quello che consente la crescita di ulivi e lecci. Quest’ultima specie non poteva scegliere esemplare migliore per chiudere in bellezza. A Sarche (TN) c’è uno dei più grandi lecci d’Italia, molto noto agli appassionati. Le misure, rilevate nel 1991, parlano di 5,25 metri di circonferenza, 20 d’altezza e 24 di diametro della chioma. L’età non fu possibile accertarla: ci provò un professore dell’Istituto Forestale di San Michele all’Adige, ma dovette desistere dopo che, nel tentativo di estrarre una carota con il “succhiello di Pressler”, gli si ruppero ben due punte. La stima parlava di 4-500 anni. Sicuramente l’albero era presente quando nel piazzale antistante vennero fucilati alcuni garibaldini durante le lotte risorgimentali. Era già grande, quando le truppe austroungariche usarono la sua ampia chioma come deposito e magazzino durante la Prima Guerra Mondiale.
Il fusto, in precedenza, era più alto di circa due metri, ma venne in parte sommerso quando venne costruito l’adiacente canale derivato dal fiume Sarca per la produzione di energia elettrica.
Dopo la guerra, sotto la sua chioma ha tenuto per una cinquantina d’anni la sua officina di meccanico Dante Frioli, che è la fonte di ogni notizia sul Leccio.
Nel 1991, c’erano forti dubbi sulla sopravvivenza dell’albero. Al momento della mia visita, il fusto presentava numerosi fori tipici delle larve di cerambici, e sulla chioma apparivano vistose chiazze rossastre.
La cittadinanza di Sarche aveva ben pensato di perpetuare la memoria del Leccio intitolandogli una via nei pressi: Via del Leccio, appunto. Tuttavia, nel 2009 notizie tratte da giornali locali lo davano ancora vivo e in buona ripresa. I particolari in: Gardenia, nr 92 del dicembre 1991
Nell’anno 2015 è stato tagliato vedi articoli seguenti:

Un grazie a Valido Capodarca da parte di tutti gli amici di molisealberi

Quasi ogni giorno Valido Capodarca scrive nel gruppo facebook di molisealberi. Sono 2 anni di  racconti sui grandi alberi. Mi faccio portavoce come amministratore del gruppo facebook “molisealberi” per  ringraziare pubblicamente il grande maestro. Tra i primi  cercatori di alberi, sicuramente in Italia, ha visto, descritto, misurato e fotografato migliaia di questi monumenti  della natura  in ogni stagione e in ogni luogo crediamo da 40 anni.  Nell’aprile 2013 Valido aveva già  scritto nel nostro gruppo  quando aveva incontrato “r’ fajone” di Vastogirardi a cui  vi  rimando all’articolo e all’intervista su questo sito. Un po’ più vecchio di noi c’è anche il gruppo facebook “Amanti degli alberi monumentali” cui   consigliamo di aderire . Noi di molisealberi abbiamo quindi deciso di raccogliere sul nostro sito con la sigla: “gli alberi di Valido” quelle che secondo noi sono tra le Sue più belle storie di alberi,  Speriamo di fare cosa gradita  a Valido e a tutti gli amici che ci  seguono su molisealberi.

ALTO ADIGE: IL CASTAGNO RESTAURATO da “gli alberi di Valido”
 
(Chi mi legge, tenga sempre conto del fatto che i viaggi per effettuare questi servizi furono da me realizzati nel 1991-1992; alcuni alberi, pertanto, potrebbero non esistere più).
A Merano, lungo la strada che da Maia Alta conduce al Castel Verruca, a fianco della strada, poco prima dell’hotel Steiger, l’attenzione del passante è catturata da questo strano personaggio. Si tratta di un castagno di molti secoli di età, dall’aspetto molto complicato, di dieci metri di circonferenza, dentro quali stanno tutte le sue parti, frutto di tutte le azioni compiute dalla natura nei secoli, ma anche dell’opera di restauro compiuta dall’uomo. L’iniziativa del restauro era stata oggetto di molte controversie, presso l’Assessorato Tutela del Paesaggio di Bolzano. Lo stato di salute dell’albero era, infatti, talmente compromesso che, nella valutazione costi-benefici, ci si chiese se valesse la pena spendere la somma necessaria per assicurare una sopravvivenza di soli pochi anni alla pianta. Fu lo stesso Assessore Lorenzo Pasquali a spingere verso la soluzione affermativa. La squadra dei restauratori vi lavorò per una intera settimana, eliminando con cura ogni parte malata, e concludendo il restauro con l’applicazione di una rete di protezione contro possibili offese di animali, soprattutto quelli… a due zampe.
Era trascorsa appena una settimana dalla conclusione dei lavori, quando la squadra dovette rimettervi mano in quanto, in ossequio al detto “il cane morde sempre lo stracciato”, il vecchio Castagno era stato colpito da un fulmine.
IL CASTAGNO DEL MASO GUGG
Non ricordo chi mi segnalò l’albero, ma a rileggere ora, sulla rivista Gardenia, l’itinerario per raggiungerlo, mi domando come io abbia fatto ad arrivarci.
In sintesi, occorre partire da Bolzano in direzione San Candido, per una strada ripida e tortuosa che in 10 km sale da quota 266 a quota 1087. Prima di arrivare a San Candido, si prende a destra il bivio per Avigna. Si prosegue per 5-6 km e, prima di arrivare alla frazioncina, sulla destra appare l’albergo Pockschin. Di fronte ad esso parte una sorta di mulattiera in discesa sulla quale ci si inoltra per circa un km finché si arriva a due masi, il vecchio e il nuovo Maso Gugg, di Johan Stuefer. Il castagno, un gigante di m. 8,55 di circonferenza è nascosto da uno scoscendimento. Il viaggio è valsa la pena. Il tronco sale avvitato per una decina di metri e in cima è monco. Fu il nonno del proprietario attuale ad effettuare l’operazione. Alcuni rami, prima morti, vennero schiantati dal peso della neve, abbondante a quella quota.
L’origine del castagno affonda nella notte dei tempi, tanto che le tradizioni orali della famiglia, sul posto da secoli, non arrivano alla sua nascita. Eppure, dice il signor Johan, il patriarca non ne vuol sapere di andare in pensione, e ogni anno fornisce il suo abbondante contributo di castagne all’economia della famiglia.
I particolari in:
“Gardenia” – nr. 81 – gennaio 1991

 

 

Lavarone Malga Laghetto Avéz del Prìnzep (L’Abete del principe)

Lavarone, un comune della provincia di Trento. Molte frazioni sparse, un po’ più di 1000 abitanti. Nel territorio comunale è presente un piccolo lago attorno al quale Sigmund Freud spesso andava a passeggio.  C’è un’area SIC denominata “Malga Laghetto”. In vicinanza, il grande abete Principe, Si dice che forse è l’abete fra i più alti d’Europa  con i suoi  50 mt di altezza  con circonferenza intorno ai 5 metri. L’altezza nel 1982  era 50 mt nel 1997 passa a 54 mt.  Tiziano Fratus nella rubrica di cercatore di Alberi sulla Stampa in un articolo del 2013 descrive il percorso per raggiungerlo: “ Proprio di fronte ad un vecchio albergo parte il sentiero che costeggia sia il lago sia il bosco, per arrivare, cinque-sette minuti dopo serenamente ai piedi della piattaforma costruita intorno al gigante bianco, all’abete ( Abies alba) dal tronco leggermente inclinato a sud, con la punta della chioma che sfiora i 54 metri.  A Lavarone il  gigante alpino presenta una circonferenza del tronco alla base di sei metri, mentre a petto d’uomo mi fermo ai 500 cm. Il nome deriva dal “Prinzipe” , ovvero il podestà, il vecchio sindaco, che negli anni Trenta del XX secolo rifiutò l’abbattimento dell’albero. La sua base è colossale, raccoglie luce sula corteccia, come molti alberi da bosco richiede tempo per imprimersi nell’ immaginazione. Seduti si viene accarezzati dal vento che corre sulla superficie del lago e coccolati dal gorgoglio del ruscello che non smette mai di cantare”.

Nel 1982 le dimensioni del tronco erano 480 cm ma l’interesse in questo caso sta nell’altezza di 50 metri del censimento del CFS.  

Piattaforma, scalette in legno, pannelli indicatori, staccionate; quanto interesse c’è intorno a questo gigante e colosso, che sta sempre lì per essere abbracciato.

Ecco alcune foto trovate  in rete che mostrano come l’abete sia diventato un centro d’attrazione turistica. Alcuni abeti bianchi tra i più alti d’Italia stanno anche qui vicino a noi nell’abetina di Rosello in Abruzzo e  nel Bosco degli Abeti soprani a Pescopennataro a cui rimandiamo per la lettura in un nostro post . Anche da queste parti alcuni abeti  Soprani e di Rosello come il Principe di malga Laghetto,  che qui potremo chiamare gli abeti “Sovrani” al posto di “Soprani” meritano un interesse e una maggiore attenzione.

 

 

 

Ala (TN) Il faggio di località Sega d’Ala alla Malga Fratta, da gli alberi di Valido

Faggio di Malga Fratte
Faggio di Malga Fratte foto di Valido Capodarca

“E’ considerato il secondo faggio più grande dei Monti Lessini – ci rivela la signora Patricia Veronesi, proprietaria del camping “Al Faggio”, nei pressi di Malga Fratte, località Sega d’Ala – Il primo, invece, è quello là”. Guardiamo nella direzione indicata e riconosciamo, a circa 1,5 km, l’ampio ventaglio dei rami della “Regina”, che abbiamo da poco conosciuto. Il grande Faggio (m. 5,61 la circonferenza, 28 l’altezza, 22 il diametro della chioma), si erge al centro del camping, gli dà il nome e ne costituisce l’emblema. La sua età dovrebbe aggirarsi fra i 300 e i 320 anni.
“Sua Maestà” è il nome, carico di affettuoso rispetto, con il quale suole rivolgersi alla pianta la signora Patricia, che con essa ama talvolta soffermarsi a “parlare”.
Il Faggio è meta di scolaresche. Sul tronco spicca una targhetta metallica, apposta dagli alunni di Ala, che recita: Faggio secolare nr. 2 – LUNGA VITA – Classi quinte elementari di Ala. Maggio 1991.
La direzione del camping ha fatto divieto ai campeggiatori di erigere tende nell’area ombreggiata o di fare qualsiasi cosa possa recare danno alla pianta.
Il poderoso tronco è rivestito di muschio sul quale le formiche hanno tracciato, cospicuo esempio della loro ingegneria, delle piste lungo le quali esse si spostano.
Nella conca del primo palco di rami è addirittura cresciuto un sorbo degli uccellatori.
Ogni stagione è buona per visitare “Sua Maestà” , ma il periodo più gratificante è l’autunno, quando egli indossa il suo manto regale, una splendida e ineguagliabile porpora degna della sua nobiltà

dal gruppo facebook molisealberi da gli alberi di Valido

Villa Lagarina (TN) località Bellaria Il faggio di Ca Vecia – da gli alberi di Valido

Dopo aver conosciuto il grande Platano di Villa Lagarina, chi avrà la pazienza di accompagnarmi ancora per qualche post, potrà conoscere gli alberi più monumentali e significativi della Val Lagarina, quel tratto della valle dell’Adige che va da Bolzano a Verona.

Già nello stesso comune di Villa Lagarina, sui monti che sovrastano da sinistra la valle, si incontra il primo degli stupendi faggi della regione. E’ Chiamato “Il Faggio di Ca’ Vecia” dal nome della casa accanto alla quale dimora da qualche secolo. Lo si raggiunge dopo svariati chilometri di ardui tornanti, in località Bellaria, un chilometro dopo il lago di CEI. 

L’albero, nei suoi trecento anni, ha mutato più volte proprietari, dall’iniziale conte Lodron, all’attuale Giuliana Caviggioli Le dimensioni parlano da sole: il tronco ha una circonferenza di metri 5,55 ma quello che fa più spalancare gli occhi dallo stupore è l’ampiezza della chioma che, al momento del rilevamento (1992) raggiungeva i 35 metri di diametro. Era, in quel momento, record assoluto per un faggio italiano. Sarebbe stato battuto dieci anni dopo dai 36 metri del Faggione di Luogomano. Poiché però qualche settimana fa l’ultimo è crollato al suolo per metà, il primato è tornato al faggio di Ca’ Vecia.

Eppure, al momento della mia visita del 1992, il Faggio di Ca’ Vecia si trovava al minimo della sua estensione. Era avvenuto che tutto l’albero era stato invaso da larve di coleotteri, che aveva fatto seccare numerosi rami periferici, ma che avevano anche attirato la presenza di tanti picchi che erano arrivati per nutrirsene. Nel 1991 era giunta un ditta specializzata del Trentino che aveva asportato tutte le parti malate e disinfestato la pianta dai parassiti. Dopo la cura, la pianta era sembrata ringiovanita e, pur ridotta di diametro, misurava ancora 35 metri. Purtroppo, insieme alle larve dei coleotteri, erano spariti anche i picchi.

Il faggio dovrebbe essere rappresentato in questa foto del 2010 di google.

Avio (Trento) I Tre faggi di Malga Trett – da gli alberi di Valido

Continuano i racconti e le storie riprese dal Gruppo facebook molisealberi degli Alberi di Valido.

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Un faggio di Malga Trett – Comune di Avio (TN)

I TRE FAGGI DI MALGA TRETT  (Malga Tretto)
Primavera del 1992. Con il mitico Luigi Scaccabarozzi che mi fa da guida, abbiamo appena visitato il Faggio di Ca’ Vecia. Avevamo deciso di lasciare la mia macchina al casello di Villa Lagarina e proseguire il viaggio con una macchina sola. Davanti a noi, una serie interminabile di tornanti oltre i quali si spalancano precipizi verticali di centinaia di metri, prima di raggiungere il casello. Che strano modo di guidare, Scaccabarozzi! Sparato fino alla curva, poi frenata brusca all’ultimo momento. Ovviamente:
“Luigi – gli dico – ma non sarebbe meglio che rallenti prima, invece di frenare all’ultimo metro?”
“Sai che ho avuto una paresi facciale da poco – mi risponde – e quando abbasso la testa, l’occhio sinistro mi si riempie di lacrime e non ci vedo più”.
“Ma hai l’altro occhio!” Ribatto.
“Con quello sono cieco da anni!”
Lascia immaginare con quale sollievo rividi la pianura e la mia auto.
“Da qui si cambia, Luigi! Tu vai avanti con la tua, io ti seguo con la mia!”
Macchine in colonna, si risale la valle, di nuovo in altura, fino ai faggi di Malga Trett. Qui i faggi monumentali sono addirittura tre. Il faggio nr. 3, sui 4 metri di circonferenza, è in prossimità della recinzione del pascolo. Il faggio nr. 2, isolato, è proprio in mezzo al pascolo. Ha una circonferenza di m. 5,29 ed è quello di cui presentiamo l’immagine. Il nr. 1 è un esemplare da favola, di m. 5,54 di circonferenza. Allora, direte, perché non ci fai vedere il nr. 1? Perché la pianta è assolutamente infotografabile. Da lontano, si vedrebbe solo la massa scura di un bosco. Da vicino, occorre arrivare a 20 cm di distanza, scansando con energia il resto della vegetazione, per vedere e toccare il fusto. Gli integralisti della natura direbbero che va bene così: la natura deve fare il suo corso. Personalmente, penso che una saggia azione di diradamento della vegetazione minore circostante, non potrebbe che portare beneficio alla pianta, consentendole di assorbire aria e luce, con deciso prolungamento della sua vita.

da Gli Alberi di Valido Capodarca

Dal censimento del CFS, Il faggio aveva una circonferenza di 596 cm.

Malga Tret
Comune di Avio (Tn) Lago di Pra da Stua – Malga Tretto

Trentino Alto Adige Legge provinciale 23 maggio 2007, n. 11

Il Trentino Alto Adige con Legge provinciale 23 maggio 2007, n. 11: “Governo del territorio forestale e montano, dei corsi d’acqua e delle aree protette” rimanda ai piani forestali e montani l’individuazione e il censimento delle piante monumentali.

Art. 24

Piante monumentali e siti di particolare valenza ambientale

1. I piani forestali e montani individuano e censiscono le piante monumentali e i siti di particolare valenza ambientale, naturalistica ed ecologica presenti nelle aree forestali e montane. L’elenco delle emergenze così individuate è trasmesso alla struttura provinciale competente in materia di urbanistica e tutela del paesaggio, al fine dell’eventuale attivazione della procedura prevista dalla vigente normativa provinciale in materia di urbanistica e tutela del paesaggio per l’inclusione nell’elenco dei beni di rilevante interesse ambientale e naturalistico.

2. Se le piante monumentali e i siti di particolare valenza ambientale sono inclusi nell’elenco dei beni di rilevante interesse ambientale e naturalistico, alla loro valorizzazione e manutenzione, secondo quanto previsto dalla vigente normativa provinciale in materia di urbanistica e tutela del paesaggio, provvedono i comuni in proprio o affidando l’intervento a soggetti privati, ovvero le amministrazioni separate dei beni di uso civico, con il supporto tecnico delle strutture provinciali competenti.

3. E’ garantita in ogni caso la gestione forestale dei siti ricadenti in aree a bosco, secondo le direttive contenute nei piani forestali e montani.

Santa Gertrude in Alto Adige – I larici millenari

Larici di San Geltrude (Trentino Alto Adige)
Specie: Larix decidua.
Età stimata: meno di mille anni

Ci piace la parola “ultimo”, perchè pensiamo di poter andare nella Val d’Ultimo. Questa Valle esiste davvero. Si trova vicino il parco Nazionale dello Stelvio in zona contornata dalle cime dell’Ortles. Accanto al Maso Ausserlahner in località St. Gertraud (Santa Geltrude) a Ulten (Ultimo), crescono i tre Larici che per quasi un secolo sono stati considerati gli alberi più antichi forse del Nord Italia, con oltre 2200 anni. Recenti analisi dendrocronologiche ne hanno dimezzata l’età (1000 anni). Restano comunque un riferimento essenziale del patrimonio arboreo italiano. Noi abbiamo allegato la foto che ci ha mandato Guido Leonardi che ringraziamo e che gestisce un sito ricco di informazioni su quel territorio www.ultental-valdultimo.com e che inizia dal comune di Lana e le località San Pancrazio, Santa Valburga, Pracupola, San Nicolò e Santa Gertrude dove ci sono i Larici. Posti incantevoli per escursionismo, passeggiate, alpinismo ecc…

Poi c’è sempre una descrizione dettagliata sempre di l’Homo Radix (Tiziano Fratus) su questi Larici. Noi di molisealberi quando leggiamo di larici di altezze sopra i 30 mt o quasi e circonferenze sopra gli 8 metri, non possiamo far altro che mostrare rispetto per queste creature viventi. Poche parole, molte emozioni quando gli alberi sanno parlare da soli. Ecco una immagine dei Larici.

I Larici di Val d'Ultimo
I Larici di Val d’Ultimo

Si Ringrazia per la foto: Guido Leonardi
Link: www.ultental-valdultimo.com

Larici millenari della val d'Ultimo
Larici millenari della val d’Ultimo

Fonte: Natura Mediterraneo