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Avio (Trento) I Tre faggi di Malga Trett – da gli alberi di Valido

Continuano i racconti e le storie riprese dal Gruppo facebook molisealberi degli Alberi di Valido.

faggiodimalgatrett
Un faggio di Malga Trett – Comune di Avio (TN)

I TRE FAGGI DI MALGA TRETT  (Malga Tretto)
Primavera del 1992. Con il mitico Luigi Scaccabarozzi che mi fa da guida, abbiamo appena visitato il Faggio di Ca’ Vecia. Avevamo deciso di lasciare la mia macchina al casello di Villa Lagarina e proseguire il viaggio con una macchina sola. Davanti a noi, una serie interminabile di tornanti oltre i quali si spalancano precipizi verticali di centinaia di metri, prima di raggiungere il casello. Che strano modo di guidare, Scaccabarozzi! Sparato fino alla curva, poi frenata brusca all’ultimo momento. Ovviamente:
“Luigi – gli dico – ma non sarebbe meglio che rallenti prima, invece di frenare all’ultimo metro?”
“Sai che ho avuto una paresi facciale da poco – mi risponde – e quando abbasso la testa, l’occhio sinistro mi si riempie di lacrime e non ci vedo più”.
“Ma hai l’altro occhio!” Ribatto.
“Con quello sono cieco da anni!”
Lascia immaginare con quale sollievo rividi la pianura e la mia auto.
“Da qui si cambia, Luigi! Tu vai avanti con la tua, io ti seguo con la mia!”
Macchine in colonna, si risale la valle, di nuovo in altura, fino ai faggi di Malga Trett. Qui i faggi monumentali sono addirittura tre. Il faggio nr. 3, sui 4 metri di circonferenza, è in prossimità della recinzione del pascolo. Il faggio nr. 2, isolato, è proprio in mezzo al pascolo. Ha una circonferenza di m. 5,29 ed è quello di cui presentiamo l’immagine. Il nr. 1 è un esemplare da favola, di m. 5,54 di circonferenza. Allora, direte, perché non ci fai vedere il nr. 1? Perché la pianta è assolutamente infotografabile. Da lontano, si vedrebbe solo la massa scura di un bosco. Da vicino, occorre arrivare a 20 cm di distanza, scansando con energia il resto della vegetazione, per vedere e toccare il fusto. Gli integralisti della natura direbbero che va bene così: la natura deve fare il suo corso. Personalmente, penso che una saggia azione di diradamento della vegetazione minore circostante, non potrebbe che portare beneficio alla pianta, consentendole di assorbire aria e luce, con deciso prolungamento della sua vita.

da Gli Alberi di Valido Capodarca

Dal censimento del CFS, Il faggio aveva una circonferenza di 596 cm.

Malga Tret
Comune di Avio (Tn) Lago di Pra da Stua – Malga Tretto

L’Olmo della frazione di Bergemolo vicino Demonte (CN)

Nome comune dell’albero: Olmo
Nome scientifico dell’albero: Ulmus glabra
Altezza stimata (m): 30-35 mt
Circonferenza (cm): 6,20
Comune: Demonte (CN), località Bergemolo
Quota sul livello del mare: 1170 mslm

Come dice Tiziano Fratus nel suo libro “La linfa nelle vene”: Il tronco che ho avuto il piacere di osservare è davvero notevole, ostenta una corteccia rugosa e grigio chiara, fessurata che sale a costole fino a cinque metri dove inizia la divarcazione dei rami. Le tre branche sono rimaste due a causa della caduta di una, che ha lasciato in eredità una fessurazione interna al tronco recentemente curata. Un albero spettacolare in ogni stagione. D’altro canto è qui da quattro secoli dal 1620 l’anno della costruzione della Cappella di San Michele. Pochi sono gli Olmi rimasti vicino chiesette, case rurali, non potevamo che dare un vero omaggio a questa pianta.

 

L'Olmo di Bergemolo foto di Roberto Silvestri
L’Olmo di Bergemolo comune di Demonte foto di Roberto Silvestri

 

Il faggione della catenella delle Mainarde

faggionedellacatenlladellemainardeSiamo tra il Molise e il Lazio, nel comune di Cardito. Segnalato dall’amico Michele Carnevale un maestoso faggio che potete vedere qui sotto e che ci ha fatto restare “a bocca aperta” per la sua maestosità. Non solo noi di molisealberi, ma anche amici e cercatori di alberi, hanno affermato che è davvero bello e che occorre dargli un nome. Quel tronco un po’ tozzo, quelle sue branche e rami curvilinei che svettano davanti un boschetto, ne fanno un esemplare tra i più belli nella zona dei monti delle Mainarde e della Meta. Fermiamoci un po’ ad osservare questa pianta.

Il faggione della catenella delle Mainarde
Foto di Michele Carnevale

Un acero incantato di Valido Capodarca (l’Acero di Valle Ura a Pizzone)

Acero di Valle Ura
Acero di Valle Ura

Se qualcuno è alla ricerca di un acero che sia fra i più grandi d’Italia, che sia di aspetto assolutamente singolare e che sia dotato di una storia straordinaria, eccolo servito: il monumentale Acero di Valle Ura, in comune di Pizzone, in pieno Parco Nazionale d’Abruzzo; è l’albero che fa al caso suo. La singolarità dell’albero sta nel fatto che, in realtà, esso è costituito da due aceri distinti, saldati alla base fino a un paio di metri di altezza. La circonferenza dell’insieme, all’altezza di m. 1,30 dal suolo era di m. 6,60 nel 1988. Si può ipotizzare che nei 25 anni trascorsi essa possa essersi incrementata di diversi centimetri. Uno dei due tronchi è cavo tanto che può contenere tranquillamente un uomo in piedi.

Secondo i montanari di Pizzone, sull’Acero veglierebbe un qualche sortilegio. Non si spiegherebbe, altrimenti, come mai tutte le valanghe che da secoli scendono giù per il canalone di Valle Ura, schiantando tutti i faggi che incontrano sul loro cammino, si limitano a sfiorare il suo piede senza mai travolgerlo. La ragione risiederebbe in un patto che antichi briganti fecero con il diavolo. Essi avrebbero nascosto un tesoro frutto delle loro rapine sotto il terreno nella cavità dell’acero. Per assicurarsi la protezione di Satana, essi gli avrebbero sacrificato un neonato, sgozzandolo sopra il terreno che copriva il tesoro. Da allora, il diavolo ha sempre mantenuto il patto di sangue stipulato sì che, ogni volta che qualcuno si azzarda a tentare di trafugare il tesoro, all’improvviso attorno all’acero si scatena una tempesta di vento, pioggia e fulmini che mette in fuga gli incauti.

Si racconta che una volta, in piena notte, alcuni montanari avrebbero tentato l’impresa. Giunti davanti all’acero, furono raggelati da due occhi gialli, fosforescenti, che li fissavano dal fondo della caverna. Si trattava probabilmente di un gufo o un animale simile, ma si conoscono bene gli effetti della paura. Gli ardimentosi se la diedero a gambe senza più tornare indietro.

da Gli Alberi di Valido Capodarca

I particolari in:
Abruzzo, sessanta alberi da salvare – Edizioni Il Vantaggio – Firenze, 1988.

Precedente articolo con fotografie ed ubicazione dell’acero a questo link

 

I Boschi del Molise alcune proposte di gestione.

Dei 136 comuni molisani circa 50 hanno una superficie boschiva sotto il 20% del loro territorio ed in particolare nella provincia di Campobasso. Il problema non è solo la superficie ma anche la qualità dei boschi che possiamo definire in alcune aree “scadente”.

Molise siti di importanza Comunitaria e limiti comunali
Molise siti di importanza Comunitaria e limiti comunali

In un precedente articolo e dai dati della carta forestale della Regione Molise, si individuava, dopo i querceti di roverella, le cerrete mesoxerofile e quelle mesofile, al quarto posto la copertura del suolo da parte delle latifoglie di invasione miste e varie pari al 8,66% dei 160.000 Ha della superficie boscata del molise. Questo dato numerico sicuramente è in aumento, tra diversi anni, dipende molto anche dall’azione dell’uomo, saremo invasi non solo dagli alieni (visto che secondo molti il Molise non esiste) ma dalle latifoglie miste e varie e da arbusti di ginestre, rovi, alianteti, robinieti, prugnoli, saliceti ecc…, oltre che da superfici ridotte all’agricoltura (aree dismesse, siti inquinati, ex cave, ex pale eoliche, ex colitvi, ex strade interpoderali e montane, ex aree industriali e artigianali ecc.. ). Si ipotizza un aumento stimabile al 20-25% della superficie “invasiva delle piante” che non sono “veri” boschi con problemi di gestione, di pericolosità geologica, di consumo di suolo, di incendi, di dissesto idrogeologico, di frane.

Molti boschi non sono poi in condizioni migliori, spesso non c’è rinnovazione. I boschi privati spesso sono abbandonati o tagliati irrazionalmente per il solo scopo di fare più legna possibile per fini economici, anche perchè nei cedui solo dopo 18-22 anni in media posso ritornare a fare legna in quel bosco.

La legna è un bene economico primario e le prescrizioni di massima e di polizia forestale e la legislazione forestale vigente non sempre hanno un buon effetto visto le irrisorie sanzioni che prevedono. Se la superficie boschiva o meglio i terreni abbandonati all’agricoltura e “marginali” stanno sempre aumentando in particolare in Provincia di Isernia, non dobbiamo essere contenti perchè occorre vedere cosa fare con questi suoli polverizzati, frammezzati con vegetazione soggetta più facilmente ad incendi, malattie, e danni di varia natura provocati spesso anche dall’uomo.

Occorre quindi partire da una azione programmatica come citava il vecchio Piano Forestale Regionale nel 2006 che citiamo:
– tutela e miglioramento del patrimonio forestale del Molise;
– miglioramento degli strumenti di conoscenza, normativi e informativi sulle risorse forestali; (personale che deve conoscere la storia del bosco, valutare, stimare, informarsi ecc.. su come “migliorare” un bosco importante il ruolo dell’operatore forestale nella gestione del patrimonio boschivo in un quadro di sicurezza e di professionalità)
– aumento dei livelli di occupazione e delle occasioni di impiego legati al miglioramento produttivo della filiera bosco – prodotti della selvicoltura (non tutti vogliono intraprendere il lavoro del “legnaiuolo” termine che a noi non piace ma meglio parlare di operatore forestale che conosce le tecniche di utilizzazione forestale, la cura e il taglio del bosco)
– miglioramento dell’offerta dei servizi turistico – ricreativi connessi al patrimonio forestale (funzione che sta avendo sempre una sua importanza come il selviturismo, l’economia che ruota intorno ad un grande albero, le caminate in bosco, le aree pic-nic, ecc..)
– Gestione forestale sostenibile (GFS), che prevede il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali senza compromettere quelli delle generazioni future, garantendo la perpetuità dei valori del bosco, con specifiche azioni per il mantenimento ed il miglioramento della biodiversità.
– lavori selvicolturali di prevenzione degli incendi e manutenzione dei soprassuoli boschivi;
– ripulitura delle fasce boscate limitrofe alle strade d’accesso e d’attraversamento di superfici boscate;
– creazione di cinture verdi parafuoco ai margini dei boschi limitrofi ai campi coltivati;
– formazione e qualificazione professionale.
– allontanamento dei residui vegetali accumulati negli strati superficiali del suolo (resti di lavorazione, ramaglia, piante secche);
– potatura dei rami secchi e bassi, onde evitare che eventuali incendi radenti possano tramutarsi in incendi di chioma;
– sfoltimento dei rimboschimenti troppo densi;
Molte sono le funzioni di un bosco per una sua migliore gestione, che non è solo produttiva. Il bosco è sempre “il bosco” anche se spesso si classificano i boschi protettivi e produttivi. A noi questa distinzione non piace. Tutti i boschi se ben gestiti ci proteggono sempre da molti fattori avversi.

Le foto e i racconti di alberi di Valido Capodarca

Ripercorriamo un po’ le storie, rivedendo le quasi 800 foto con le descrizioni di grandi alberi che Valido Capodarca ha pubblicato in questi ultimi anni su facebook.  Lui ci ha autorizzati alla divulgazione anche sul nostro sito.

Nei racconti e nelle foto c’è l’Italia, ci sono le regioni, le comunità, i borghi, le località, le persone e in particolare c’è l’amore di Valido per gli alberi. Una vita da cercatore di alberi, uno scrittore, una passione, un grande impegno, una conoscenza e che riassumiamo in un unica frase: “I grandi alberi di Valido”. Grazie Valido: i migliaia di alberi raccontati e fotografati sono un po’ tutti tuoi.

Adesso li stai regalando anche a noi di molisealberi con immagini, fotografie descrizioni, storie, anedotti, leggende. Riesci a farceli amare giorno per giorno. Citiamo una frase di un suo libro: “Caro lettore, che il grande albero, anche se al primo impatto può fornire una rassicurabile senzazione di solidità, di salute, di forza di eternità, è in realta quanto di più fragile possa esistere tra gli esseri viventi. Gli alberi, crescono vivono, fanno carriera, si ammalano, muoiono”.

Fatte queste premesse, partiamo nel lungo viaggio di Valido in molte regioni d’Italia alla ricerca dei grandi alberi. Molti post sono ripresi anche dai suoi libri, ne citiamo alcuni: Toscana cento Alberi da Salvare (1983), Marche cinquanta alberi da salvare (1984), Emilia Romagna,ottanta alberi da salvare (1986) Abruzzo, sessanta alberi da Salvare (1988). Gli alberi monumentali della Toscna (2003). Alberi monumentali delle Marche (2007). Valido poi ha deciso di appendere rotella metrica e penna con cui ha raccontato di migliaia di alberi. Noi non ci abbiamo mai creduto. Lui continua a descrivere di alberi su facebook perchè il mondo dei grandi alberi come egli stesso dice è un libro sempre aperto. C’è sempre qualcuno che deve continuare a riprendere rotella e penna per mantenere questo libro aperto.

Come lo stesso Valido dice alla fine del suo libro sui grandi alberi della sua Regione Marche: “Appendo a quel chiodo la penna e la bindella. Ogni tanto, mi affaccerò alla porta della stanza a controllare, con la speranza, un giorno, di non trovarcele perchè questo significherà che qualcuno le avrà riprese e starà continuando il lavoro da me cominciato trent’anni fa”.  Di nuovo grazie Valido per quello che hai fatto per gli alberi e per quello che ci hai insegnato.

Non potevamo che partire dalla prima foto che Lui ha inserito sul facebook nel 2012.  Si tratta di una coppia tra un leccio e un pino domestico ad indicare l’unione tra gli alberi. Ecco il suo primo racconto:
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QUESTO MATRIMONIO NON S’HA DA FARE
E’ stata, questa, la prima foto da me pubblicata su Facebook, il 18 maggio 2012, ma senza adeguata spiegazione di quanto esposto, come ho poi imparato a fare in seguito. Ritengo che pochi ricordino questi due alberi, in ogni caso, non avendo spiegato di cosa si tratti, ritengo opportuno riproporre la foto con l’opportuna didascalia. La coppia di alberi è costituita da un leccio e un pino domestico, e si trova accanto alla casa di campagna della famiglia Mercuri, in località Cortaglie, in comune di Montelparo (FM). Per Cortaglie si intende una delle due vallette che sono alla testata del torrente Indaco, affluente dell’Aso.
La curiosa figura è composta da due elementi molto poco omogenei: un leccio di dimensioni ordinarie, e un pino che, con m. 3,60 di circonferenza, è uno dei più grandi delle Marche e può accreditarsi del titolo di albero monumentale. Qui, però, ancor più monumentale è ”la strana coppia”. Non si sa se per intenzione di qualcuno o per un evento naturale, i due alberi sono nati e cresciuti estremamente vicini, tanto che sembrano l’uno abbracciato all’altro. Addirittura un ramo del leccio si e ricavato un incavo nel ramo del suo compagno. A causa della eccessiva diversità tra le specie, non si è verificata nessuna anastomosi, in quanto i due rami non sono saldati e non c’è travaso di linfa da una specie all’altra.
L’abbraccio, comunque, c’è, e forte, ma i due alberi hanno trovato il giusto modo per convivere e, più che lottare, sembra che si abbraccino.

Valido Capodarca

Il Censimento degli alberi monumentali d’Italia da parte dei Comuni. Le schede di segnalazione e di identificazione.

r fajone
r fajone a Vastogirardi

Nel ex sito del Corpo Forestale dello Stato oggi sul sito del Ministero delle Politiche agricole alimentari e Forestali e del Turismo sono presenti gli allegati tecnici del Decreto del 23 ottobre 2014 “Istituzione dell’elenco degli alberi monumentali d’Italia e principi e criteri direttivi per il loro censimento”. Il censimento dovrà essere realizzato dai Comuni entro il 31/07/2015 (poi è stato prorogato ultimo elenco aggiornato al 2018),  sia mediante ricognizione territoriale con rilevazione diretta e schedatura del patrimonio vegetale sia a seguito di recepimento, verifica specialistica e conseguente schedatura delle segnalazioni provenienti da cittadini, associazioni, istituti scolastici, enti territoriali, strutture periferiche dei dello Stato, Direzioni regionali e Soprintendenze competenti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

la grande quercia di Carovilli
la grande quercia di Carovilli

Per la segnalazione di alberi monumentali si dovrà utilizzare l’apposita scheda di segnalazione opportunamente compilata che deve essere consegnata al Comune che ha competenza sul territorio in cui si trova la pianta oggetto di segnalazione. Considerato che le informazioni riportate nella scheda dovranno permettere a chi svolgera’ la verifica specialistica di operare una prima selezione degli esemplari da sottoporre a rilievo di campagna, e’ necessario che la compilazione sia più completa e corretta, con possibilità di allegare sempre una foto dell’albero o della formazione vegetale.

 La scheda di identificazione è utilizzata invece per la verifica specialistica di campagna e per l’esame statistico dei dati raccolti.  La scheda permette di rendere omogenei e confrontabili i dati raccolti nei vari contesti territoriali. Dalle Istruzioni per la compilazione delle schede è anche scritto: A complemento della scheda di rilevamento, e’ necessario allegare, altresi’, della documentazione fotografica. Le immagini dovranno essere di buona qualita’ e tali da permettere una chiara visione del rilievo e della sua potenziale monumentalita’. Si sottolinea la necessita’ di fornire innanzi tutto un inquadramento della pianta o delle piante nel paesaggio circostante, possibilmente ponendovi alla base un riferimento dimensionale noto (una macchina, una persona). Alla foto d’inquadramento seguono poi una o piu’ immagini di dettaglio relative a qualche particolare che si ritiene importante. Se si e’ in possesso di materiale illustrativo di qualsiasi genere che documenti l’importanza del rilievo, e’ opportuno allegarne copia alla scheda di rilevamento.

Acero di Valle Ura a Pizzone
Tra i più grandi Aceri montani d’Italia l’Acero di Valle Ura a Pizzone foto dal gruppo facebook molisealberi

Tutti coloro che dovranno complare le schede di identificazione  il censimento degli alberi monumentali dovranno essere in grado di sapere le coordinate GPS in WGS 84, la denominazione del foglio IGM, il nome scientifico secondo la classificazione binomia dell’albero, la completa indicazione di sottospecie, varieta’ o cultivar. Nei comuni si dovranno avere a disposizione la strumentazione per misurare l’altezza di un albero. Occorre poi sapere: cos’è la dendrometria, una ceppaia, l’albero policormico, cosa si intende per chioma espansa, pendula, ecc. vigore vegetativo, defoliazione, decolorazione, microfillia, agenti biotici e abiotici. Per la compilazione della scheda bisogna conoscere il nome dei funghi, virus, batteri che danneggiano gli alberi, la loro collocazione anatomica e descrivendone i sintomi (presenza di ferite, cavita’, carpofori, rami epicormici, carie, sintomi di instabilita’ ecc. Si dovranno fornire informazioni circa la meccanica di un albero, l’instabilità, la tassonomia, l’estensione, le condizioni vegetative, gli interventi passati e da attuarsi. Poi occorre conoscere lo stato della tutela e proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico, i vincoli idrogeologico, ex articoli 10, comma 4, lettera f), 136 e 142 del decreto legislativo n. 42/2004. Il tutto doveva essere completate in 6 mesi ? Ci pare abbastanza complicato che molti comuni possano far questo. In effetti è successo così L’elenco come si i legge nel sito del MIPAF e aggiornato al 2018 Con gli alberi monumentali gli aggiornamenti non finiscono mai 

Tutte le informazioni relative alle schede di segnalazione da compilare e da trasmettere ai Comuni dove l’albero si trova  le istruzioni per la loro compilazione sono disponibili qui sotto e nel sito del Ministero delle Politiche agricole e forestali e del Turismo Sezione alberi monumentali

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Le Istruzioni per la compilazione della scheda di segnalazione è scaricabile qui:

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La scheda di segnalazione è  sono in formato excel tali da poter essere compilata in forma elettronica dovranno esser consegnate ai Comuni.

Il decreto del 23/10/2014 sul censimento degli alberi monumentali in Italia (terza parte)

All’art. 5 sono stabiliti i criteri di monumentalità. Anche in questo caso ci sono delle difficoltà per definire la monumentalità di un albero o un filare di alberi. Qualcuno dovrà stabilire i valori di soglia minimi di circonferenza, ma diventa complicato. Per esempio qui in Molise una roverella o un cerro di circonferenza del tronco sopra i 3,00 metri si trova abbastanza facilmente, un po’ di meno se arriviamo a 3,50, sopra i 4 metri cominciano ad essere specie più difficili da trovare. In altri luoghi e in altre regioni un cerro di 3,00 metri diventa “quasi” monumentale oppure una roverella lo diventa solo sopra i 4,50 mt. I cerri e le roverelle in Molise potrebbero essere “monumentali” già a partire da 3,50 metri? in Lombardia invece bastano solo 2,00 metri di circonferenza del tronco. Se usiamo gli stessi parametri della Lombardia qui in Molise avremo 100.000 … alberi di roverella da definire monumentali. Come si fa ad unificare a livello nazionale il parametro circonferenza del fusto per una roverella, un faggio o un pioppo? Alla misura della circonferenza non conviene dare quindi sempre molto peso, così anche alla definizione di “criteri di monumentalità” scritta nel decreto. Ci sono anche altri valori di monumentalità, come il “buon senso” le “stranezze degli alberi” un po’ la soggettività e il contesto in cui vive un albero. Come dice il Capodarca: “quant’è che un albero possa essere definito monumentale? meglio lasciar perdere, nel rispondere alla domanda.

L’art.5 del decreto sui criteri di monumentalità mette in difficoltà interpretativa un po’ tutti. Esso dice tutto e niente sulla monumentalità e poi occorre trovare sempre una “scappatoia”. Chi poi deve scrivere gli appositi atti sui valori di soglia minima di circonferenza?
Art . 5.
Criteri di monumentalità
1. I criteri di attribuzione del carattere di monumentalità,
sono i seguenti:
a) pregio naturalistico legato all’età e alle dimensioni: aspetto strettamente legato alle peculiarità genetiche di ogni specie ma anche alle condizioni ecologiche in cui si trovano a vivere i singoli esemplari di una specie. Il criterio dimensionale, che riguarda la circonferenza del tronco, l’altezza dendrometrica, l’ampiezza e proiezione della chioma, costituisce elemento di filtro nella selezione
iniziale ma non è imprescindibile qualora gli altri criteri siano di maggiore significatività. A tale proposito, i valori soglia minimi della circonferenza sono individuati mediante appositi atti. Importante nella valutazione è l’aspetto relativo alla aspettativa di vita dell’esemplare, che dovrà essere affrontato evitando di inserire nel rilevamento situazioni compromesse in misura irreversibile
sia sotto il profilo fitosanitario che statico, questo valutato mediante l’utilizzo delle metodologie in uso;
b) pregio naturalistico legato a forma e portamento: la forma e il portamento delle piante è alla base del loro successo biologico e anche dell’importanza che ad essi è stata sempre attribuita dall’uomo nel corso della storia. Tali criteri hanno ragione di essere presi in considerazione, in particolare, nel caso di esemplari cresciuti in condizioni ambientali ottimali (es. condizioni di optimum ecologico, assenza di potature errate, forma libera perfetta per la specie) o particolari (es. presenza di vento
dominante) o per azioni dell’uomo (es. potature) che possano aver indotto forma o portamento singolari ad essere meritevoli di riconoscimento;
c) valore ecologico: è relativo alle presenze faunistiche che su di esso si insediano, con riferimento anche alla rarità delle specie coinvolte, al pericolo di estinzione ed al particolare habitat che ne garantisce l’esistenza. L’albero può rappresentare un vero e proprio habitat per diverse categorie animali in particolare: entomofauna, avifauna, micro-mammiferi. Tale prerogativa si riscontra soprattutto in ambienti a spiccata naturalità, dove la salvaguardia di queste piante rappresenta elemento importante per la conservazione di specie animali rare o di interesse comunitario;
d) pregio naturalistico legato alla rarità botanica: si riferisce alla rarità assoluta o relativa, in termini di specie ed entità intraspecifi che. a tale riguardo si considerano anche le specie estranee all’area geografica di riferimento, quindi esotiche, e alle specie che, seppur coerenti in termini di areale di distribuzione, sono poco rappresentate numericamente;
e) pregio naturalistico legato all’architettura vegetale: riguarda particolari esemplari o gruppi organizzati in architetture vegetali basate su di un progetto architettonico unitario e riconoscibile, in sintonia o meno con altri manufatti architettonici. Le architetture vegetali sono caratterizzate da una notevole complessità derivante dai rapporti esistenti con gli elementi architettonici a cui si associano e con il contesto più generale in cui sono inserite. Si tratta spesso di ville e parchi storici di notevole
interesse storico, architettonico e turistico, ma anche di architetture vegetali minori di interesse rurale. Il criterio di cui alla presente lettera è verificato e valutato d’intesa con la Soprintendenza territorialmente competente del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
f) pregio paesaggistico: considera l’albero come possibile elemento distintivo, punto di riferimento, motivo di toponomastica ed elemento di continuità storica di un luogo. Trattasi di un criterio di sintesi dei precedenti, essendo il paesaggio, per sua definizione, costituito da diverse componenti: quella naturale, quella antropologicoculturale e quella percettiva. Il criterio di cui alla presente lettera è verificato e valutato d’intesa con la Soprintendenza territorialmente competente del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
g) pregio storico-culturale-religioso: è legato alla componente antropologico-culturale, intesa come senso di appartenenza e riconoscibilità dei luoghi da parte della comunità locale, come valore testimoniale di una cultura, della memoria collettiva, delle tradizioni, degli usi e costumi.
Riguarda esemplari legati a particolari eventi della storia locale, tradizioni, leggende, riferimenti religiosi, ecc. Tale valenza è generalmente nota a livello locale e si tramanda per tradizione orale o è riscontrabile in iconografi e, documenti scritti o audiovisivi. Il criterio di cui alla presente lettera è verifi cato e valutato d’intesa con la Soprintendenza territorialmente competente del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
2. Nella applicazione dei suddetti criteri, da utilizzare, anche in modo alternativo, sarà assicurato un approccio attento al contesto ambientale, storico e paesaggistico in cui l’albero insiste.

Sono 7 punti sui criteri (tra valori e pregi). A chi dare maggiore significatività? Nell’applicazione dei criteri si può utilizzare, anche il modo alternativo, cioè forse si intende alternare il criterio di applicazione del pregio storico culturale con il pregio naturalistico o con altro criterio con l’approccio attento al contesto in cui vive l’albero. Non si è scritto nel decreto che almeno uno o due o tre dei 7 criteri definisce la monumentalità. Poi è interessante stimare anche l’aspettativa di vita di un albero monumentale, e come si fà se spesso non sappiamo l’età attuale? Se gli alberi dal punto di vista sanitario e statico non possono essere considerati monumentali, questi alberi “malati” “instabili” sono forse gli unici che rispettano il criterio c) in quanto la salvaguardia di queste piante rappresenta elemento importante per la conservazione di specie animali rare o di interesse comunitario. Il valore ecologico inteso come microhabitat di una albero per altre specie di entomofauna, avifauna, micro-mammiferi non sarà mai rispettato?

Valutare il criterio del pregio naturalistico e paesaggistico e) ed f), ha un iter diverso. Infatti si legge di intesa con le Soprintendenze (forse i comuni si devono intenedere) si devono valutare e verificare il pregio naturalistico e paesaggistico. Se poi non si è d’accordo nel definire il pregio di un albero chi interviene? Il Tribunale amministrativo regionale?

In ultimo il pregio storico-culturale-religioso è forse l’unico che permette di intervistare o parlare con coloro che hanno dei ricordi legati alla memoria collettiva, alle tradizioni e storie degli alberi.

Il decreto sul censimento degli alberi monumentali d’italia del 23/10/2014 (seconda parte)

Abeti bianchi Ecco il punto dolente del Decreto, dare una definizione giuridica di “albero monumentale”. Ancora oggi  non sappiamo bene cosa significa “bosco” (sempre dal punto di vista giuridico), e ancora più complicato definire giuridicamente un albero monumentale. L’art. 2 del decreto legge 227/2001, definisce bosco i terreni con estensione non inferiore a metri quadrati 2000, larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti. Ci sono sentenze della Corte di Giustizia Europea, del Consiglio di Stato, della Cassazione civile e penale dei vari TAR Regionali sulla definizione di bosco. Accennaimo un po’ di  normativa:  Art 3 lett a) e b)  Reg CE 2152/2003.  Art. 21 r.d. 16 maggio 1926 n. 1126. Regio Decreto 3267-1923 (legge Serpieri). Legge n. 431 del 1985 (legge Galasso). Articolo 146, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490. Ex artt. 423 e 425 n. 5 cod. penale. Legge quadro sugli incendi boschivi n. 353/2000 (art.423-bis c.p.). Articolo 181 del D.L.vo n. 42/2004. Art. 1 comma 37 L.N 308/2004. Leggi varie regionali sui boschi e foreste  ecc. con rispettive sentenze TAR.

Per il decreto legge del 2001 bosco, foresta e selva sono equiparati. Ogni regione  stabilisce  per il territorio di  competenza la definizione di bosco. La legge nazionale infatti rimanda alle regioni i valori minimi di larghezza, estensione e copertura necessari affinché un´area sia considerata bosco, le dimensioni delle radure e dei vuoti che interrompono la continuità del bosco e le fattispecie che per la loro particolare natura non sono da considerarsi bosco..

 Il  comma 6 dell’articolo 2 del dlgs  227/2001:  “Nelle more dell’emanazione delle norme regionali di cui al comma 2 e ove non diversamente gia’ definito dalle regioni stesse si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la macchia mediterranea, ed esclusi i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualita’ di coltura e gli impianti di frutticoltura e d’arboricoltura da legno di cui al comma 5. Le suddette formazioni vegetali e i terreni su cui essi sorgono devono avere estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti. E’ fatta salva la definizione bosco a sughera di cui alla legge 18 luglio 1956, n. 759. Poi ci sono: “gli  assimilati” a bosco: i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per le finalita’ di difesa idrogeologica del territorio, qualita’ dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversita’, protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale, nonche’ le radure e tutte le altre superfici d’estensione inferiore a 2000 metri quadri che interrompono la continuita’ del bosco. 

Già è complicato definire il bosco poi il legislatore ha inserito un “terreno coperto di una vegetazione forestale arborea  associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale. E che significa vegetazione forestale arborea? Al riguardo, è stato, infatti,  osservato (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 29.03.2013, n. 1851) che la suddetta “vegetazione forestale arborea” costituisce un requisito necessario ma non sufficiente (neppure in presenza del dato dimensionale) ad integrare un bosco, dovendo la medesima copertura altresì:

– costituire un sistema vivente complesso (non perciò caratterizzato da una monocoltura artificiale), di apparenza non artefatta (come ad es. se a filari);

– essere tendenzialmente permanente: perciò non solo non destinato all’espianto o alla produzione agricola, ma anche, in virtù del dato naturale, mediamente presumibile come capace di autorigenerarsi perché dotato di risorse tali da consentire il rinnovamento spontaneo.

Sappiamo solo che il bosco risulta diversamente disciplinato: come produttivo, di difesa idrogeologica,  di protezione del paesaggio, di qualità dell’aria, di conservazione della biodiversità.   Ci sono allora diverse competenze di chi deve far rispettare le leggi correlate all’imposizione di specifici regimi vincolistici:  “vincolo protettivo”, “vincolo idrogeologico”,  “vincolo paesaggistico”  “vincolo paesistico”, e di “tutela paesaggistica”.

E’ per albero monumentale? diciamo che è lo stesso, le dimensioni (circonferenza del fusto, larghezza della chioma, altezza, età ) non sono una condizione necessaria per definirlo come tale anzi definire un albero monumentale rimane dal punto di vista giuridico ancora più di difficile interpretazione.  Ecco il testo del decreto di definizione di albero monumentale.

 Art. 4. Definizione di albero monumentale
1. Ai sensi dell’art. 7, comma 1, della legge 14 gennaio 2013, n. 10, si intende per «albero monumentale»:
a) l’albero ad alto fusto isolato o facente parte di formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate ovvero l’albero secolare tipico, che possano essere considerati come rari esempi di maestosità e longevità, per età o dimensioni, o di particolare pregio naturalistico, per rarità botanica e peculiarità della specie, ovvero che rechino un preciso riferimento ad eventi o memorie rilevanti
dal punto di vista storico, culturale, documentario o delle tradizioni locali;
b) i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico, monumentale, storico e culturale, ivi compresi  quelli inseriti nei centri urbani;
c) gli alberi ad alto fusto inseriti in particolari complessi architettonici di importanza storica e culturale, quali ad esempio ville, monasteri, chiese, orti botanici e  residenze storiche private.
2. Ai fini dell’individuazione degli alberi monumentali singoli o delle formazione vegetali monumentali di cui al comma 1, lettera b) , si considerano gli esemplari appartenenti sia a specie autoctone — specie naturalmente presenti in una determinata area geografica nella quale si sono originate o sono giunte senza l’intervento diretto, intenzionale o accidentale, dell’uomo — che alloctone — specie non appartenenti alla flora originaria di una determinata area geografica, ma che vi sono giunte per l’intervento, intenzionale o accidentale, dell’uomo.

La definizione dice tutto e niente infatti nel punto a) ci sono gli “o” e gli “ovvero” o isolato o facente parti di formazioni boschive. Per dire gli alberi o stanno da soli o stanno in bosco.  O stanno in formazioni boschive naturali o in quelle artificiali:  “ovunque ubicate”  ci sono 8 “o” e “ovvero” nel punto a) I nostri alberi possono stare da tutte le parti:.. anche sulla luna?

Poi c’è “l’albero secolare tipico” (definizione mai sentita) come i “prodotti tipici” o l’albero come raro esempio di maestosità e longevità per età o dimensione o di particolare pregio naturalistico (è chi è competenete a definirere con un “numero” il pregio naturalistico di un albero? Mentre l’età,  le dimensioni, le altezze sono indicate con dei numeri.

Il punto 2. definisce la specie autoctona e  alloctona (non bastava origine naturale o artificiale nella definizone di bosco?) per l’individuazione. Chi individua o segnala un albero allora la prima cosa che deve dire è se autoctono monumentale o alloctono monumentale singolo o in formazione vegetale.  Quanto  diciamo che l’età di una quercia o di un faggio è di 150 anni, di 300 anni, ecc.. Ci sapete dire a quale età senza o con l’intervento dell’uomo una quercia o un faggio è  autoctono o alloctono o di origine naturale o artificiale?

Ogni comune d’ Italia che deve fare il censimento degli alberi monumentali  deve avere una figura professionale  che sappia cosa si intende per: alto fusto, alberate di particolare pregio paesaggistico, alloctono, autoctono, naturale e artificiale, flora originaria, rarità botanica, pregio naturalistico.

Inoltre nel dlgs 227/2001 si evidenzia che i giardini pubblici e le aberature stradali non sono boschi,  mente i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico, monumentale, storico e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani si intendono “alberi monumentali”.

Tutti gli alberi nei giardini pubblici e delle aberature stradali, che non sono boschi, e che non sono sottoposti a vincolo paesaggistico e che non sono quindi di particolare pregio paesaggistico, monumentale, storico e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani potranno essere tutti tagliati senza autorizzazione? In effetti non rientrano nella definizione di bosco e di albero monumentale.

Per approfondimenti

http://www.ambientediritto.it/Giurisprudenza/BOSCHI.htm

http://www.ambientediritto.it/home/categorie/boschi-e-macchia-mediterranea