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I Grandi Alberi del Molise

Il Bosco degli Abeti Soprani e i suoi “giganti”

Tiziano Fratus nel suo libro: “L’Italia è un Bosco” parla del Molise e in particolare del Bosco degli Abeti Soprani a Pescopennataro – Sant’Angelo del Pesco. Egli dice: “Nonostante sia una piccola regione, il Molise ha diversi boschi di valore. Curiosamente ospita quattro concentrazioni d’abete bianco tra cui il bosco degli Abeti soprani (1000 ettari). Nonostante ciò, nessun abete bianco è segnalato fra i monumentali censiti su “Molise Alberi”, uno dei siti di riferimento dei cercatori d’alberi in Italia”.

Allora noi siamo andati a trovare un bel po’ di abeti bianchi per misurarli, fotografarli e per stabilire l’albero “simbolo, di notevole interesse e forse monumentale” per questo bosco. E’ stato difficile scegliere un abete, in quanto abbiamo constatato che se facessimo riferimento solo alla circonferenza del tronco, quelle che superano i 2,50-2,90 metri sarebbero tutte piante monumentali. E con le altezze di queste piante come la mettiamo? Prendiamo per esempio l’abetina di Rosello in vicinanza del nostro bosco degli Abeti Soprani. Qui dal libro sui grandi alberi d’Abruzzo di Francesco Nasini si fa riferimento all’abete tra i più alti d’Italia con una circonferenza di 2,90 mt e una altezza di 54 mt descritto da Franco Tassi: “Alberi spontanei presenti in una forra poco conosciuta dei Monti dei Frentani al limite meridionale dell’Abruzzo e non lontano dal Molise… individui che raggiungono i 50 metri e talvolta li superano… un autentico miracolo della natura… stranamente questi altissimi alberi possiedono una circonferenza che non supera mai i 3 metri.” Inoltre si afferma nel libro: “…che abeti di altezza più modesta (45 mt) presentano una circonferenza di oltre 4 metri”.

Noi di molisealberi abbiamo invece trovato in vicinanza della strada Pescopennataro-Prato Gentile di Capracotta un esemplare di abete bianco che ha un’altezza stimata di 25 mt con una circonferenza di 3,40 mt (foto 1) ed in vicinanza altri esemplari di abete bianco con circonferenza di 2,70 mt ma altezza molto superiore, 27-30 metri. Allora quale dei due possiamo considerare “monumentale”? Quello con il tronco più largo e molto corto in altezza o al contrario, con tronco “stretto” e altezza elevata? Conclusione: difficile parlare di alberi “monumentali” se facciamo riferimento solo alla circonferenza o solo all’altezza. Abbiamo trovato (foto 2) alberi con circonferenza di 2,50 – 2,70 mt alti oltre i 25-30 metri. Il nostro albero di 3.40 mt di circonferenza (54 cm di diametro del tronco) anche se non è un gigante, è monumentale? Per noi sì, perchè circonferenze di questo genere non sono facili da trovare e poi si presentava bene anche con un po’ d’edera, con qualche ramo rotto, in bella raggiera con la sua età (150-170 anni).

Altra verifica. Dalla tavola cormometrica ad una sola entrata del bosco Abeti Soprani di Cantiani per l’abete bianco con il diametro del tronco di 54 cm, il volume cormometrico è di 2,33 mc ed una altezza di 25 metri. L’età in base alla tabella seguente per il nostro abete di 2,33 mc supera i 170 anni (con mc 2,27 calcolati l’eta è 170 anni). Comunque questa tabella dovrebbe essere utilizzata al contrario, partendo dall’età e poi non è riferita al nostro bosco di abete.

Variazioni delle altezze cormometriche dei diametri e dei volumi in funzione dell'età
Variazioni delle altezze cormometriche dei diametri e dei volumi in funzione dell’età

Valido Capodarca, che di grandi alberi se ne intende, in un post del 20 Agosto 2014 su facebook risponde alla domanda: Quali sono i criteri per stabilire se un albero è monumentale? “Meglio lasciar perdere“. Lo stesso facciamo anche noi. Inoltre Valido Capodarca dice:”…pur continuando a misurare i miei alberi, gli unici parametri che ho tenuto da conto (ovviamente di nessun valore in termini giuridici) è l’emozione che la pianta mi suscita…

Da wikipedia “L’abete bianco è un albero maestoso, slanciato e longevo, e data anche la sua notevole altezza (in media 30 metri, alcuni esemplari possono superare 50 metri),è soprannominato “il principe dei boschi“.

Camaldoli – Il Castagno di Miraglia

Specie: Castanea sativa L.(Castagno)
Comune: Poppi (AR)
Località: Metaleto (vivaio)
Circonferenza: 8,5 mt, scesa rispetto a 9,30 di Valido Capodarca censita nel 1980
Età: circa 400-500 anni (difficile, sicuramente sopra i 300)
Quota: 900 mslm

Camaldoli - Il Castagno di Miraglia  Siamo vicino a Camaldoli, in provincia di Arezzo, tra castagni monumentali. Siamo andati a trovare la pianta più conosciuta all’interno del Parco delle Foreste Casentinesi. Si trova nel vivaio forestale di Metaleto. Le sue dimensioni sono eccezionali.

Per i tanti visitatori e per evitare danni all’albero, è stata costruita una staccionata intorno. Le condizioni per noi non appaiono buone. L’età si comincia a sentire. La cavità nel tronco è una caratteristica che lo rende molto particolare ed unico per la sua grandezza. Si rimane sempre affascinati da questi monumenti della natura. Chiamato il Castagno di Miraglia forse per volontà del direttore del Ministero dell’Agricoltura, Nicola Miraglia che alla fine dell’800 dedicò questa pianta in onore della moglie, la contessa Elena Mazzarini. Non è da tutti dedicare un simile monumento di 300-400 anni alla propria moglie e per lo più contessa. Si racconta anche che la contessa fece mettere un piccolo tavolino e due sedie all’interno della grande cavità dell’albero dove trascorreva lunghe ore a ricamare. Il tavolo comunque c’era (lo dice Valido Capodarca) ed è rimasto a lungo anche come centro per “banchetti” forse di castagne.

Valido Capdarca, ci racconta di un’altra credenza popolare legata al nome dell’albero. Nella prima metà del Novecento venne visto per diverso tempo da quelle parti un ammiraglio il quale, ritiratosi in pensione, amava trascorrere gran parte del suo tempo in contemplazione davanti al castagno. L’azione del “mirare” (ammirare), associata al grado militare prestigioso, avrebbe originato il nome.

Castagnodimiraglia2Per maggiori dettagli l’articolo di Valido Capodarca é a questo link oppure sul sito di Eno Santecchia nella sezione dedicata agli alberi.

 

Regione Lombardia – Legge regionale n. 10 del 31 marzo 2008 articolo 12

Legge Regionale 31 marzo 2008, n. 10 Disposizioni per la tutela e la conservazione della piccola fauna, della flora e della vegetazione spontanea (articolo BURL n. 14, 1° suppl. ord. del 04 Aprile 2008 )

Articolo 12
1. La Regione promuove la tutela degli alberi monumentali quali patrimonio naturale e storico della Lombardia; con successiva delibera di Giunta, ai fini della miglior definizione degli alberi monumentali e della loro tutela, la Regione individua gli elementi paesistici, naturalistici, storici, architettonici, culturali che ne permettano il riconoscimento.
2. Per le finalità di cui al comma 1 gli enti competenti ai sensi dell’articolo 5, comma 9, individuano all’interno del loro territorio gli alberi monumentali da sottoporre a tutela.
3. Possono essere individuati quali alberi monumentali esemplari appartenenti alla flora autoctona e esemplari di specie di notevole valore storico, culturale e paesaggistico anche appartenenti a specie alloctone, purché non invasive ai sensi dell’articolo 1, comma 3, lettera e).
4. Sono vietati il danneggiamento e l’abbattimento degli alberi monumentali, salvo che per motivi di sicurezza e incolumità.

Con D.G.R. n. 1044 del 22.12.2010: “Modalità per la definizione degli alberi monumentali e per la loro tutela (art. 12 L.R. 10/08). La nuova Direzione Generale nell’ambito delle proprie competenze in materia di tutela e conservazione della flora e vegetazione spontanea, individua con questa delibera i criteri per la definizione degli alberi monumentali e per la loro tutela. La monumentalità viene attribuita sulla base di sei caratteristiche: la dimensione, la rarità botanica, la forma e portamento, il valore paesaggistico, il pregio in termini di architettura vegetale ed il legame con particolare eventi storici o tradizioni locali.

Possono essere definiti monumentali non solo gli alberi ma anche gli arbusti e i rampicanti, intesi come singoli esemplari ma anche come gruppi di piante (es. in filare), o architetture vegetali di particolare pregio paesaggistico (es. i parchi di ville storiche) o storico culturali (es: i roccoli). Queste piante possono appartenere sia alla flora autoctona cioè tipica della regione, che alla flora alloctona cioè non originaria dell’area geografica di riferimento purchè non invasiva.

La deliberà è scaricabile qui:  DGR 1044 del 22.12.2010

 

Sessano del Molise: il grande Tiglio vicino la chiesa della Madonna degli Angeli

Corre l’obbligo di segnalare un grande tiglio di circonferenza di 3,30 mt ai lati della Chiesa della Madonna degli Angeli di Sessano. La zona è meglio conosciuta come cittadella di padre Pio. La chiesa é del 1618. Lo attesta la data posta sull’architrave sormontato anche dallo stemma che appartenne alla famiglia Castagna che in quell’epoca era feudataria di Sessano. (Fonte: luoghi antichi del Molise di Franco Valente).

I Tigli si incrociano fra di loro e spesso danno ibridi e ne deriva che la classificazione delle specie risulta poco agevole, con opinioni contrastanti tra i botanici. Noi ci fermiamo al genere Tiglio anche se con molta probabilità la pianta è un Tilia platyphyllo Scpo, (Tila Europea) noto col nome di tiglio nostrale o tiglio nostrano. Per altri autori sono una sottospecie del Tiglio Europeo o comune.

In merito alla foto eravamo sicuri di trovarla, ma ci accontentiamo di quella di google street view, anche perchè la nostra era ancora più vecchia.


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Quercus crenate (le cerro-sughere) anche in Molise? Forse no, ma c’è la sughera di Jelsi

Riprendiamo un articolo di Homo Radix: “Un ibrido naturale popola i boschi del Nord Ovest”. Si tratta della Quercus crenata o cerrosughera o rovere verde, ibrido fra sughera (Quercus suber L.) e cerro (Quercus cerris L.)”. Diciamo che le più grandi si trovano in Ligura e in Toscana. Noi abbiamo parlato della “Ro Verda” che sta nel Bòsc Grand, di Casalborgone in provincia di Torino. In Italia la quercia crenata è abbastanza rara. Qui vicino a noi è segnalata in Campania a Roccamonfina e la chiamano: “albero Frisco”. E’ in Molise? La cerro-sughera non c’è. Almeno crediamo, anche se di cerri ce ne sono molti, ma le foglie sono diverse.

Se non ci sono cerro-sughere, una bella sughera (Quercus suber L.) esiste invece in C.da Fascia nel Comune di Jelsi censita nell’elenco degli alberi monumentali della Regione Molise. Età circa 100-150 anni e circonferenza di mt 2,50. Comunque sarebbe bello che qualche altra sughera, proveniente dalle zone del Tirreno riesca ad insediarsi anche da queste parti. Ecco le foto della sughera di Contrada Fascia ad Jelsi. Si ringrazia Lino Cirucci per l’autorizzazione e la concessione alla pubblicazione. Pare che la pianta stia abbastanza bene, una vera fortuna avere una sughera in Molise, oltre ad essere una “rarità”.

Se qualcuno conosce qualche altra sughera in regione può segnalarcela.

La Sughera di Jelsi La Sughera di Jelsi La Sughera di Jelsi La Sughera di Jelsi

La foresta demaniale di Monte Capraro (seconda parte)

Riprendiamo gli argomenti sulle foreste demaniali.

Il limite dell'area  Sic
Area Sic di Monte Capraro

Dalla Stazione ferroviaria di San Pietro Avellana (IS) direzione Osservatorio astronomico e comune di Capracotta, si attraversa un bosco e si vedono alcune tabelle ad indicare la foresta demaniale di Monte Capraro. Un grande pannello, sopra una sbarra in metallo, indica un sentiero pedonale con indicazione del tempo di un’ora necessario per raggiungere il rifugio sul pianoro.

Rifugio di Monte CapraroMonte Capraro non si conosce solo per gli impianti di risalita per lo sci invernale, ma il versante sud ed ovest è coperto da quasi 200 ettari di bosco con quote comprese tra i 1000 e i 1730 mslm. Monte Capraro fa parte dell’area SIC (Sito di importanza Comunitaria) denominata Monte di Mezzo–Monte Miglio–Pennataro-Monte Capraro e Monte Cavallerizzo, della rete Natura 2000. Siamo nel bacino idrografico del Sangro o meglio del Vandra.

In questo bosco si incontrano molti torrenti, fossi, valloni. Qui l’acqua è “padrona” ed ha determinato il modellamento del suolo. Dalla carta geologia e litologica l’area di Monte Capraro presenta:
– Formazione di calcari marnosi avana chiari, di calcilutiti e di marne pulverulente alternate, nella parte più alta e risalente al miocene medio.
– Orizzonte calcareo discontinuo costituito da calciruditi con clasti subarrotondati e da calcareniti nella parte media ad Ovest
– Formazione a calcari grigio-chiari debolmente marnosi tipo “scaglia cinerea” con sottili liste e noduli di selce varicolore prevalentemente rossa, riscontrabile in particolare per il versante occidentale di Monte Capraro fino ad una quota di 1300 mslm risalente all’Eocene, dove ci sono frane ed ed erosioni. Infatti e’ visibile una lunga fascia franosa che ogni tanto fa i “capricci” raggiungendo la strada sottostante.

In arancione  la pericolosità  elevata della frana (Fonte webgis Protezione civile del Molise)
In arancione la pericolosità elevata della frana (Fonte webgis Protezione civile del Molise)

Il clima è freddo umido, la temperatura media annua è di 8,2 gradi. Monte Capraro rientra quindi nella regione bioclimatica con temperatura media minima inferiore a 0 °C per 2 mesi. Forte incidenza dello stress da freddo da Ottobre a Maggio. Il problema per il bosco sono anche le nevicate tardive che possono danneggiare le piante di faggio e di cerro.

Orto Foto lato Ovest di Monte Capraro
Orto Foto lato Ovest di Monte Capraro

La vegetazione

Semplicemente in base alle fasce altitudinali la riserva di Monte Capraro presenta una fascia basale con un querceto misto mesofilo con dominanza di cerro e una fascia montana con faggeta pura e mista con conifere in particolare abete bianco.

Il Querceto misto mesofilo a prevalenza di Cerro

Riscontrabile nell’orizzonte submontano e rappresenta una tipologia di vegetazione con un elevato indice di biodiversità, con clima temperato fresco, suolo fertile e ben provvisto di acqua per tutto l’anno. Nell’Appennino i querceti misti mesofili sono fondamentalmente caratterizzati dalla presenza del Cerro (Quercus cerris) e secondariamente da altre latifoglie (Roverella, Carpino bianco e nero, Aceri, ecc…) alle quali si associa una vasta gamma di specie arbustive ed erbacee. Dal punto di vista ecologico il Cerro è una specie particolarmente versatile, in montagna riesce ad arrivare a 1200 mslm ed eccezionalmente, in condizioni climatiche favorevoli, fino ai 1500 m di altitudine (Pirone, 1995); insinuandosi nelle faggete dove costituisce cenosi riconducibili all’ordine Fagetalia sylvaticae. Fisionomicamente la formazione vegetazionale risulta costituita da una fustaia monoplana di Cerro (Quercus cerris L.) e subordinatamente Faggio (Fagus sylvatica L.), Carpino bianco (Carpinus betulus L.), Carpino nero (Ostrya carpinifolia Scop.), Acero campestre (Acer campestre L.), Acero napoletano (Acer opalus Miller var. neapolitanum Ten.), Acero di monte (Acer pseudoplatanus L.), Perastro (Pyrus pyraster).

A chi é interessato di statistiche si ricorda che Monte Capraro é la quarta vetta più Alta del Molise con i suoi 1730 mslm (Wikipedia e molti altri siti indicano 1787 mslm). Noi abbiamo fatto riferimento alle tavolette IGM in scala 1.25.000. In vicinanza vi nasce il fiume Trigno.

Pescolanciano – Le due querce che sembrano una

Specie: Quercus cerris L.
Nome Comune: Cerro
Circonferenza (mt): 4.50
Stato Vegetativo: buono
Altezza (mt): 15-18
Età (anni): 100

In località Santa Maria del Comune di Pescolanciano si vedono queste 2 querce. Ci ha colpito la loro vicinanza. Sembra costituiscono un unico albero. Si possono confrontare la loro chioma e la loro altezza con il palo dell’Enel nascosto sulla destra. Purtroppo le foto non sempre ci danno la giusta dimensione dei grandi alberi: ci accorgiamo della loro maestosità solo se ci appoggiamo o ci avviciniamo ai loro tronchi.

Pescolanciano1

Isernia – Il Pino domestico

Specie: Pinus Pinea
Nome Comune: Pino domestico
Circonferenza (mt): 2,90
Altezza (mt): 20-22
Età (anni): 100-120

Molti non ci fanno caso perchè salgono sempre con le macchine dal bivio di Longano-Sant’Agapito per raggiungere Isernia lungo la salita dell’ospedale denominata Via Sant ‘Ippolito. Eppure qui c’è un grande pino domestico fotografato in notturna che supera anche in altezza il viadotto retrostante e che fa anche da ombra sulla strada. Tra il ponte e il fabbricato il Pino domestico rappresenta un bell’elemento del paesaggio.

La sua classica forma ad ombrello con alcuni rami laterali che man mano stanno cadendo anche sulla strada, testimoniano anche una non più giovane età. Ci siamo chiesti come mai è rimasto lì in una zona pendente ormai urbanizzata con terreno sicuramente ridotto e instabile. Segreti della natura. Consigliamo quindi agli automobilisti un po’ frettolosi e di passaggio di fermarsi ad osservare e fotografare non solo di notte questo bel esemplare.

Un Pino
Un Pinus

Isernia – Il Pinus Pinea delle Piane

Specie: Pinus Pinea L.
Nome Comune: Pino Domestico
Circonferenza (mt): 3.9
Stato Vegetativo: buono
Altezza (mt): 25-28
Età (anni): 60-80

Pino domestico isolato alle Piane di Isernia, o meglio in località Tremolicci, facilmente individuabile. Sono rimasti pochi esemplari nelle vicinanze. In particolare lungo le principali vie e su stradine di campagna. La chioma ombrelliforme, il tronco eretto con i rami che dal basso salgono verso l’alto fino quasi al culmine, determinano una bellezza inconfondibile. La circonferenza del tronco, la corteccia color ruggine, la tipica forma e l’elevata altezza, rendono suggestiva questa specie. Forse è l’albero più fotografato ad Isernia, escludendo quelli della Villa comunale.

In effetti nel centro urbano, tranne qualche eccezione, grandi spazi verdi e alberi di un certo pregio non li abbiamo visti. Anzi ci sono alcuni esemplari di sempreverdi lungo alcune strade cittadine che dovrebbero essere meglio potati e in alcuni casi tagliati in quanto quasi completamente secchi. Questi hanno forma quasi unica a “cilindro” e senza o con poca chioma e forse instabili.

Di foto di alberi e brutture di tagli agli alberi ce ne sono un’infinità sulla rete; basta scrivere “capitozzatura di alberi”. Si vedono immagini che fanno mettere le mani nelle “chiome” dei capelli più volte almeno per coloro che si occupano di arboricoltura e per gli addetti a lavori.

Isernia Pinus Pinea in località le Piane
Isernia Pinus Pinea in località le Piane

 

Isernia Pinus Pinea in località le Piane  un po' di anni fà
Isernia Pinus Pinea in località le Piane un po’ di anni fa


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