Archivi della categoria: Studi sul Molise

Studi sull’ambiente, boschi, aree montane,…

Casalborgone “la rul verda” un Quercus Crenata

Siamo stati in Piemonte nel Bosco del Vaj e nel territorio di Castagneto Po’ e Casalborgone. Abbiamo preso un po’ di materiale relativo agli alberi e ai boschi di questi luoghi e scoperto che tutto si muove intorno ad un Quercus Crenata. Un po’ come “giriamo” attorno un albero.

Esiste una Associazione culturale «Attorno alla Ro Verda» che da anni si batte per la valorizzazione e la tutela di un albero monumentale, la rovere verde o cerrosughera (Quercus crenata) di Casalborgone, localmente nota come la “Rul verda” (della quale Tiziano Fratus ha parlato in vari libri, l’ultimo dei quali è “La linfa nelle vene”, anno 2012) e dell’intera area del Bosc Grand, e del Bosco del Vaj.

Siamo nella maggiore area boscata della Collina di Torino che si sviluppa intorno al Bric Turniola. Dal lavoro che da anni vede impegnati molti appassionati, c’è il sito del Bosc Grand dove è stata scelta una poesia di Tiziano Fratus, dal titolo Bagolaro, pubblicata nel 2010 in Nuova Poesia Creaturale (Edizioni della Manifattura Torino Poesia) e poi ripubblicata nella selezione antologica: “Gli scorpioni delle Langhe. Poesie con radici” (2012, La vita felice, Milano). .

Si ringrazia Florence Baptiste che ci ha fornito notizie e alcune foto del Quercus crenata dal sito www.boscgrand.eu e Tiziano Fratus a cui si rimanda all’ articolo del 2012.

Rul Verda di casalborgone
Rul Verda di Casalborgone
Area SIC
Area SIC Cartografia e Tabellone d’Insieme

 

Il limite superiore del bosco (prima parte)

Chi va in montagna conosce molto bene che esiste una zona molto marcata che i botanici e gli studiosi hanno chiamato “Limite superiore del Bosco”. Questo limite è molto evidente, rappresentando una caratteristica del paesaggio montano.

limitesuperioredelboscoIn Molise, sul Matese ed in particolare sulle Mainarde-Meta “Il limite del bosco” è abbastanza evidente. Cerchiamo di capire come mai gli alberi ad una certa altitudine non ci sono più. Premettiamo che non esiste una spiegazione unica e convincente per giustificare il limite del bosco. Sicuramente sono molte le cause che possono influenzare lo sviluppo degli alberi in una fascia di transizione di circa 200-300 metri.

Salendo all’interno di un bosco possiamo accorgerci del suo limite vedendo alberi più distanziati, a volte meno cresciuti, più distorti con individui sparsi e arbusti bassi e foglie più piccole. Possiamo avere già due limiti: quelli del bosco chiuso e quello degli alberi isolati e sparsi. Il problema sta nel fatto che il limite di bosco non coincide quasi mai con il limite delle fasce di vegetazione.

Nel nostro Appennino il limite di bosco comprende sia una fascia montana dove ci sono ancora alberi (faggio e conifere in particolare) che subalpina o boreale con arbusti e piccoli alberelli sparsi. Per meglio localizzare il limite del bosco per le due grandi catene montuose del Molise (Matese e Mainarde-Meta) si può stimare in media 1650-1800 mt. Sono numeri da prendere con “le pinze” perchè per ogni montagna esso varia in funzione del: tipo di vegetazione, esposizione, latitudine, temperatura del suolo e dell’aria, impatto antropico (pascoli), durata stagione vegetativa, rocciosità, competizione tra le specie vegetali, periodo di presenza di neve, gelate tardive, valanghe, mancanza d’acqua, vento e condizioni microclimatiche particolari. A questi da aggiungere i grandi fenomeni del riscaldamento globale e dell’incremento dell’anidride carbonica nell’aria. Tutti questi fattori illustrati giocano, chi in maniera più marcata chi in maniera meno e poco significativa, sul limite della crescita degli alberi e del bosco.

Sicuramente il “limite del bosco” non è una linea rettilinea che spesso si vede a distanza sulle nostre montagne. Il clima in corso permette alla foresta, seppure lentamente, di riconquistare il terreno che aveva perduto, ma non sempre. Unico dato certo è che nella zona di transizione (Ecotono) gli alberi sono più sensibili alle variazioni climatiche ed è opportuno prima di tutto andare a vedere per esempio cosa accade nelle aree alle singole piante di faggio sul Matese e sulle Mainarde-Meta e a tutte le quote sopra i 1650-1700 mtsm delle montagne del Molise. Ci sono comunque alcuni dati, occorrono tempi e lunghe osservazioni per lo studio di queste comunità vegetali.

In un successivo articolo cercheremo di esaminare i singoli meccanismi e gli elementi che fanno variare il limite del bosco, ma non è detto che poi sull’Appennino sia variato o è in corso di variazione in modo rapido: la dinamica è abbastanza lenta (almeno 30-40 anni). Occorrerebbero studi più approfonditi e di dettaglio e molte cartografie e immagini satellitari a distanza di anni da poter confrontare, come si sta facendo adesso per esempio per i ghiacciai.

Limite superiore del Bosco

Guardiaregia – I tre Frati (I tre faggi)

Specie: Fagus Sylvatica L.
Nome Comune: I Tre Faggi
Circonferenza (mt): 5.30 – 4.50 – 4.20
Stato Vegetativo: buono
Altezza (mt): 28-32 stimata
Età (anni): 250-400 circa
Quota Slm (mt): 1130

Chi non conosce i tre frati di Guardiaregia nella zona dello splendido Monte Mutria e della riserva regionale gestita dal WWF? Speriamo pochi. Qui ci sono i tre spettacolari faggi, anche se nelle vicinanze se ne vedono di altri di indubbia bellezza. Perchè sono stati chiamati tre frati? Come vuole la leggenda raccontata da Nicola Merola responsabile dell’Oasi WWF: “Tre fratelli per furto di bestiame, furono impiccati sul posto proprio sugli alberi di questa località. I faggi, da allora denominati dei “Tre Frati”, non furono più toccati nei secoli a venire, lasciati lì apposta a futura memoria del tragico ed “esemplare” episodio. Inoltre, leggenda nella leggenda, ancor oggi nelle sere di tempesta, il rumoroso turbinio del vento e della neve sui possenti rami, sembrano quasi ricordare le voci urlanti dei tre fratelli appena catturati e di lì a breve impiccati.” I faggi “un po’ maledetti” non essendo più stati tagliati possono oggi essere visti nella loro bellezza.

Il piu grande dei tre frati

Il primo, quello più vecchio è un vero e proprio patriarca della natura con un’età stimata in 400 anni circa. Le sue lunghe radici superficiali ricoperte di muschio sembrano come numerose zampe di gallina. Gli altri esemplari dimostrano un età tra i 250 ed i 300 anni. Chiome slanciate branche e rami altissimi. Tra i faggi più conosciuti in Regione i tre frati meritano comunque una visita e una abbraccio del tronco. Bisogna essere almeno in quattro, per quello più grande che si trova più a valle rispetto ai primi due.

Sono tutti e tre vicini, facilmente raggiungibili da una stradina che parte in vicinanza della diga di Arcichiaro da 891 mslm in località San Nicola per fonte Macchio. La strada è denominata comunale Cusano Mutri. Ci si arriva dopo circa 1,30 ore di cammino a quota 1130 mslm e si può poi scendere facendo anche un giro ad anello. Meglio farsi accompagnare comunque da qualcuno se non si conosce bene il posto. I faggi sono ubicati in una piccola conca dove c’é anche un quarto che per grandezza e altezza promette bene. Hanno perso dei rami in basso ma in alto le chiome sono veramente molto belle e regolari.

Uno dei tre Frati

Anche se, come al solito, le foto non rendono l’idea della maestosità dei “frati”, consigliamo di arrivare in questi luoghi percorrendo buona parte il sentiero nella faggeta, non solo per guardarli, ma fermarsi ed osservarli un po’ più a lungo. Respiriamo quindi sotto le imponenti fronde “un’aria che sa di magia e di antiche leggende” come affermato da Nicola Merola responsabile dell’Oasi. Si ringrazia per le informazioni fornite il responsabile dell’Oasi WWF-Riserva regionale di Guardiaregia-Campochiaro.


Visualizza Grandi Alberi in Molise in una mappa di dimensioni maggiori

Santa Gertrude in Alto Adige – I larici millenari

Larici di San Geltrude (Trentino Alto Adige)
Specie: Larix decidua.
Età stimata: meno di mille anni

Ci piace la parola “ultimo”, perchè pensiamo di poter andare nella Val d’Ultimo. Questa Valle esiste davvero. Si trova vicino il parco Nazionale dello Stelvio in zona contornata dalle cime dell’Ortles. Accanto al Maso Ausserlahner in località St. Gertraud (Santa Geltrude) a Ulten (Ultimo), crescono i tre Larici che per quasi un secolo sono stati considerati gli alberi più antichi forse del Nord Italia, con oltre 2200 anni. Recenti analisi dendrocronologiche ne hanno dimezzata l’età (1000 anni). Restano comunque un riferimento essenziale del patrimonio arboreo italiano. Noi abbiamo allegato la foto che ci ha mandato Guido Leonardi che ringraziamo e che gestisce un sito ricco di informazioni su quel territorio www.ultental-valdultimo.com e che inizia dal comune di Lana e le località San Pancrazio, Santa Valburga, Pracupola, San Nicolò e Santa Gertrude dove ci sono i Larici. Posti incantevoli per escursionismo, passeggiate, alpinismo ecc…

Poi c’è sempre una descrizione dettagliata sempre di l’Homo Radix (Tiziano Fratus) su questi Larici. Noi di molisealberi quando leggiamo di larici di altezze sopra i 30 mt o quasi e circonferenze sopra gli 8 metri, non possiamo far altro che mostrare rispetto per queste creature viventi. Poche parole, molte emozioni quando gli alberi sanno parlare da soli. Ecco una immagine dei Larici.

I Larici di Val d'Ultimo
I Larici di Val d’Ultimo

Si Ringrazia per la foto: Guido Leonardi
Link: www.ultental-valdultimo.com

Larici millenari della val d'Ultimo
Larici millenari della val d’Ultimo

Fonte: Natura Mediterraneo

 

Castelpetroso Fraz di Indiprete – Una farnia tra le più grandi in Molise

Specie: Quercus robur
Nome Comune: Farnia
Circonferenza (mt): 4,80
Altezza (mt): 18-20
Età (anni): 250
Quota slm (mt): 665

Lungo la strada che collega il Bivio di Santa Maria del Molise con la frazione di Indiprete sparse qua e là si vedono alcune piante di Farnia, almeno così ci sembrano, per il fatto che manca il picciolo alle foglie ed alla base delle stesse hanno delle orecchiette. Superato il cartello che indica la frazione, in prossimità di una curva, sulla destra e di fronte ad un fabbricato, si nota subito un vero ed autentico patriarca, che come detto dagli abitanti del luogo è sicuramente tra i più grandi. Infatti un signore che nel 2008 aveva l’età di 83 anni se la ricorda sempre allo stesso modo.

L’albero si trova a quota 665 mslm. Il tronco, che ha subito alcuni tagli, ha una circonferenza del tutto di riguardo. Da qui partono con un’angolatura simile quattro grossi rami (branche). Anche se la foto non rende l’idea, con un po’ di attenzione confrontando l’albero con il retrostante fabbricato, la chioma è davvero molto ampia e regolare. Fotografato nel periodo di ripresa vegetativa (inizio maggio 2008) sembra non avere rivali per rimanere lì fermo a lungo, combattendo anno per anno contro le avversità atmosferiche e i danni dell’uomo. Nemmeno la strada in vicinanza e il terreno non sembrano avergli creato problemi. Un elogio a coloro (che noi non conosciamo) che lo hanno saputo ben curare durante il corso di questi ultimi secoli. Nel 2013 siamo tornati a fotografarla: sta ancora bene.

 


Visualizza Grandi Alberi in Molise in una mappa di dimensioni maggiori

A Castel Del Giudice il più grande cerro del Molise

Comune:  Castel del Giudice
Specie: Cerro
Località: Le Vigne
Circonferenza: 6,20 mt
Età: 200-250 anni

Non ci siamo dimenticati di Lui; siamo tornati a fotografarLo in questo periodo (marzo 2014) prima della sua ripresa primaverile. E’ il cerro tra i più grandi del Molise. La sua chioma svetta un po’ da tutte le parti. Facilmente raggiungibile. In vicinanza c’è un’area attrezzata con cartelloni, tabelle, staccionate, panchine e una fonte, ma senza cestini per la raccolta dei rifiuti.

C’è un cartello sulla strada in vicinanza del cimitero di Castel del Giudice ad indicare la sua presenza. Si può fotografare benissimo in quanto c’è un bel prato in vicinanza. Un po’ d’impatto in veste autunnale è un edificio bianco sullo sfondo. La presenza dell’acqua e del fango nella zona crediamo lo faccia “campare” per molti altri anni. Ci preoccupa una incavatura sul tronco. Stavolta facciamo parlare le foto:


Visualizza Grandi Alberi in Molise in una mappa di dimensioni maggiori

Nel 2017 l’albero è caduto, rimangono le foto e un ricordo di un grande patriarca.

Le fustaie di cerro del Molise. Uno studio del Centro di Ricerca per la Selvicoltura

fustaieCosì ci scrive Paolo Cantiani in merito alla  richiesta di pubblicazione sul nostro sito del suo studio e che riportiamo in questo post: “Potete citare tutto dove ritenete più opportuno, ne sono solo lusingato e credo che certi tasselli della nostra storia recente, ma anche dell’attualità debbano essere divulgati…. Il caso ha voluto che anch’io abbia amato e lavorato in Molise. E’ stato un caso, ma un caso molto fortunato. La sua (rivolto a noi di molisealberi) terra ha ancora dei valori importanti. E’ una cosa per la quale andare molto fieri. Sono felice di avervi incontrato e veramente buon lavoro appassionato”.

Un ringraziamento è stato il minimo che potevamo fare a Paolo Cantiani. Troviamo sempre persone fuori regione che apprezzano il nostro Molise. Queste parole rendono orgogliosi un po’ tutti i molisani anche perchè dette da ricercatori che studiano giornalmente le foreste e che vivono di pane-alberi e boschi tutti gli anni. D’altronde di anni ce ne vogliono sempre di più visto che noi viviamo molto poco, 80-100 anni, rispetto ad un albero che puó vivere fino a 7000 anni.

Vediamo brevemente il lavoro pubblicato negli annali del Centro Ricerche per la Selvicoltura Vol 36, 2009-2010 pag 25-36, autori: Paolo Cantiani, Fabrizio Ferretti, Francesco Pelleri, Dalila Sansone, Giovanni Tagliente. Premesso che noi di molisealberi non siamo sempre “all’altezza” paragonandoci ai grandi alberi, abbiamo più o meno capito che è stata svolta un’ indagine sul trattamento delle Cerrete del Molise analizzando i piani d’assestamento ed altra documentazione storica. Nel territorio di un Comune (Carovilli) è stata analizzata “l’efficacia del trattamento applicato alla cerreta, valutando come le scelte gestionali abbiano influito sulla struttura di quattro popolamenti e stadi evolutivi successivi. L’Analisi conferma l’efficacia a tagli successivi delle fustaie di cerro del Molise”.

Che significa tagli successivi per chi non è addetto ai lavori? Diciamo che è una tecnica di rinnovazione e che oggi è lo strumento migliore per garantire le perpetuità delle cerrete. Questa rappresenta l’elemento gestionale più efficace per la stabilità delle stesse formazioni. O meglio, come si afferma nelle discussioni e conclusioni dello studio “le Fustaie di cerro del Molise rappresentano un valido e utile laboratorio per la sperimentazione sul trattamento della specie in Appennino. La persistenza nel territorio regionale della funzione produttiva di questa formazione, pur con variazioni nella tipologia di assortimenti prodotti per le diverse richieste del mercato nel tempo, ha fatto sì che le cerrete molisane siano state, e siano tuttora attivamente gestite”.

Noi di moliseaberi non possiamo che essere doppiamente contenti in quanto come si dice nello studio la pianificazione forestale in Molise è stata, ed è ancora oggi, particolarmente attiva. Obiettivo del lavoro è stato quello di fornire un contributo alla conoscenza delle modalità del trattamento delle cerrete molisane che sia di utilità per le scelte selvicolturali del futuro.

E’ possibile scaricare lo studio qui
Fonte: http://ojs-cra.cilea.it/index.php/asr/article/view/817

Un resoconto più semplice dello studio e del lavoro del Dr. Cantiani e del suo staff all’Università del Molise durante le giornate forestali molisane del 2011 potete scaricarlo qui
Fonte: http://web.unimol.it/Vecchio%20sito%20Unimol/serviziweb.unimol.it/unimol/eventi/Sim2011/cantiani.pdf

Le aree montane della Provincia di Isernia

ProvinciaIsernia1Siamo in un periodo in cui il disseto idrogeologico, i terremoti, le frane e gli alluvioni sono all’ordine del giorno. Riprendiamo quindi un nostro vecchio articolo sulla classificazione delle aree montane in Provincia di Isernia. Si possono distinguere quattro aree montane: a sud sud-est il massiccio del Matese, a nord i monti dall’Alto Molise, nella parte centrale la Montagnola-Molisana ad ovest la catena delle Mainarde ed i Monti della Meta. Analizzando un po’o territorio, che pur di ridotta estensione pari a 1529 kmq e (89.000 abitanti) si può affermare che la provincia coincide con un’area particolarmente complessa dal punto di vista geologico derivando per gran parte dal “Bacino Molisano”, che corrisponde ad un ambiente di sedimentazione (Paleogene-Miocene superiore) riempitosi con depositi torbiditici, le cosiddette “formazioni flyscioidi”.

Infatti in Alto Molise prevalgono alternanze fliscioidi del bacino molisano (parte alta), flysch della Daunia calcareo-marnoso. I rilievi principali dell’ area delle Mainarde e del Matese sono costituiti invece da un basamento dolomitico (Trias superiore- Giurassico inferiore) cui è sovrapposta una formazione calcarea (Giurassico-Cretacico); il complesso è noto in letteratura con i termini di “Altofondo Abruzzese”, o “Piattaforma del Matese”, oppure “Piattaforma Abruzzese- Campana”. Sono costituite da rocce litoidi ben stratificate, di vario spessore, al cui interno sono molto diffuse cavità e cavernosità in particolare sul Matese dovute a processi carsici di solubilizzazione del carbonato di calcio. La morfologia prevalente è costituita da forme aspre ed impervie, con pareti subverticali e pendii acclivi ma stabili ed incisi da profondi solchi vallivi.

La zona di transizione tra la Piattaforma Abruzzese-Campana ed il Bacino Molisano corrisponde ad un ambiente di scarpata in cui si sono sedimentati materiali litologici calcareo-marnoso-selciosi e detriti della zona della piattaforma (dal Cretacico al Paleogene). La zona di transizione occupa l’area dei Monti di Venafro e Isernia, l’area di Frosolone e la zona di Sepino fino all’allineamento Carovilli-Chiauci-Frosolone.  La zona della Montagnola di Civitanova e Frosolone appare morfologicamente più movimentata, data la prevalenza di rocce a costituzione calcarea al fianco di formazioni marnoso-calcaree o marnoso-argilloso-arenacee. Al Quaternario appartengono i depositi della conca di Isernia e depressioni di origine tettonica formatesi durante l’orogenesi appenninica in cui si sono sedimentati materiali di tipo lacustre, fluvio-lacustre e fluvio-palustre.

Sedimenti continentali sono infine i depositi alluvionali recenti ed attuali che sono rappresentati da ghiaie e ciottoli che colmano i fondovalle dei principali corsi d’acqua e dei loro affluenti come i sedimenti fluvio-lacustri della piana di Venafro del bacino del Fiume Volturno  e delle altre ridotte pianure della Provincia. La natura carsica dei massicci appenninici (Matese e Mainarde) produce una scarsa idrografia di superficie. Lo scorrimento dell’acqua meteorica, infatti, è minimo a causa della penetrazione di questa nella fitta rete di cavità ipogee, quali doline, inghiottitoi, pozzi, grotte, canyon carsici. Conseguentemente, numerose emergono le sorgenti ai piedi dei massicci montuosi, nei punti di contatto argilla-calcare o nelle fessurazioni del calcare.

L’assetto idrogeologico è dato da due fiumi principali il Volturno e Il Trigno con i suoi vari affluenti. Il massiccio del Matese è sede di un imponente acquifero sotterraneo: la sua enorme massa calcarea assorbe gli afflussi meteorici, piovosi e nevosi, grazie alla sua rapida dissoluzione carsica e, nelle zone di contatto calcare-flysh, dà luogo a numerose manifestazioni sorgentizie. Come si vede la morfologia, la geologia, la litologia, l’idrografia delle montagne in provincia è un po’ complicata ed esistono studi  cartografie delle aree instabili dal punto di vista idrogeologico, delle frane, della sismicità, ecc..link_r2

I nostri quattro  gruppi montuosi (Matese in ridotta  parte, Meta-Mainarde, Alto Molise e Montagnola) comprendono poi vallate, pascoli, boschi, incolti,  strade, fiumi, torrenti centri abitati, frazioni, aree archeologiche, chiese, castelli, ruderi di fabbricati in un mosaico di ambienti e paesaggi molto variegati.

Ai fini della pianificazione della rete dei sentieri in montagna da tempo è consolidata la classificazione delle aree montane in Settori Montuosi. I Settori sono una porzione di territorio con le caratteristiche geografiche e morfologiche omogenee  che in Provincia di Isernia coincidono con i gruppi  e sottogruppi  montuosi. Per esempio il sentiero 350 indica gruppo montuoso Alto Molise (Settore 300) e la cifra 50 sta indicare il numero del sentiero.

Nella cartografia seguente sono indicati i 4 settori con cui è stato distinta la Provincia di Isernia che corrispondono ai gruppi e sottogruppi montuosi facendo  parte  dell’Appennino meridionale e  centrale.

settori prov isernia

I CONFINI DEI SETTORI MONTUOSI IN PROVINCIA DI ISERNIA

 

Codice

Gruppo montuoso – denominazione

Confini

100

Matese (Parte) Confine regionale – fiume Volturno – fiume Vandra – fiume Cavaliere – fiume Carpino – piana di Carpinone – Lago di Pettoranello – il Guasto (valico di Castelpetroso) – torrente Rio – fiume Biferno – torrente Quirino – torrente Rio Cupo – Sella di Vinchiaturo – fiume Tammaro

200

Mainarde -Meta Confine regionale – fiume Vandra – S.S. 17 – fiume Carpino – fiume Cavaliere – fiume Vandra – fiume Volturno

300

Alto Molise Confine regionale – fiume Trigno – S.S. 650 – piana di Sessano – fiume Carpino – S.S. 17 – fiume Vandra

400

Montagnola Molisana Torrente Vella – Torella del Sannio – vallone delle Macchie – fiume Biferno – torrente Rio – il Guasto – lago di Petoranello – piana di Carpinone – fiume Carpino – piana di Sessano – S.S. 650 – fiume Trigno

Più in dettaglio nell’ambito del Settore montuoso 300 Alto Molise  si possono trovare i Sottosettori Montuosi che sono stati classificati in cinque attribuendo il nome della Montagna ritenuta più rappresentativa Sottosettore o (Sottogruppo) :  1. Monte Campo.  2  Sant’Onofrio   3. Monte Capraro  4. Monte Caraceno 5. Monte Pizzi


Visualizza Settore Montuoso 300 Alto Molise in una mappa di dimensioni maggiori

Il limite superiore del Bosco in Molise

Monte Meta nei pressi di Passo dei Monaci
Monte Meta nei pressi di Passo dei Monaci

Chi va in montagna conosce molto bene che esiste una zona molto marcata che i botanici e studiosi hanno chiamato “Limite superiore del Bosco”. Questo limite è molto evidente rappresentando una caratteristica del paesaggio montano. In Molise sul Matese e in particolare sulle montagne Mainarde-Meta il “limite del bosco” è abbastanza evidente. Ci ha sempre incuriosito come mai gli alberi ad una certa altitudine sulle nostre montagne non ci sono più. Per molti la risposta è molto semplice, per noi invece, e la biografia lo dimostra non esiste una spiegazione unica e forse non convincente per giustificare il limite del bosco. Sicuramente ci sono molti fattori che possono influenzare lo sviluppo degli alberi in una fascia di transizione di circa 200-300 metri. Salendo all’interno di un bosco possiamo accorgerci del suo limite vedendo alberi più distanziati, a volte meno cresciuti, più distorti con individui sparsi e arbusti bassi, foglie più piccole,… Si possono avere già due limiti quelli del bosco chiuso e quello degli alberi isolati e sparsi. Il problema sta nel fatto che il limite di bosco non coincide quasi mai con il limite delle fasce di vegetazione.
Nel nostro Appennino il limite di bosco comprende sia una fascia montana dove ci sono ancora alberi (faggio e conifere in particolare) che subalpina o boreale con arbusti e piccoli alberelli sparsi.
Per meglio localizzare il limite del bosco per le due grandi catene montuose del Molise (Matese e Mainarde-Meta) si può stimare in media 1650-1800 mt. Sono numeri da prendere con “le pinze” perchè esso varia in funzione del: tipo di vegetazione, esposizione, latitudine, temperatura del suolo e dell’aria, impatto antropico (pascoli), durata stagione vegetativa, rocciosità competizione tra le specie vegetali, periodo di presenza di neve, gelate tardive, valanghe mancanza d’acqua, vento e condizioni microclimatiche particolari. A questi da aggiungere i grandi fenomeni del riscaldamento globale  dell’incremento dell’anidride carbonica nell’aria. Tutti questi fattori illustrati giocano chi in maniera più marcata chi in maniera meno e poco significativa il limite della crescita degli alberi e del bosco.
Sicuramente il “limite del bosco” non è una linea rettilinea che spesso si vede a distanza sulle nostre montagne. Il clima in corso permette seppure lentamente alla foresta di riconquistare il terreno che aveva perduto, ma non sempre. Unico dato certo é che nella zona di transizione (Ecotono) gli alberi sono più sensibili alle variazioni climatiche ed è opportuno prima di tutto andare a vedere per esempio cosa accade nelle aree alle singole piante di faggio sul Matese e sulle Mainarde-Meta e a tutte le quote sopra i 1650-1700 mtsm delle montagne del Molise.

Occorrono comunque dati e tempi e lunghe osservazioni per lo studio di queste comunità vegetali. Successivamente cercheremo di esaminare i singoli meccanismi e gli elementi che fanno variare questo limite del bosco ma non è detto che poi sull’Appennino questo limite sia variato o e in corso di variazione in modo rapido: la dinamica è abbastanza lenta (almeno 30 anni). Occorrerebbero studi più approfonditi e di dettaglio e molte cartografie e immagini satellitari a distanza di anni, un po’ come si sta facendo per i ghiacciai.