Si può dire che “l’oro verde” di Roma antica erano gli olivi di Venafro. Piante millenarie quelle che si trovano nel Parco degli Olivi di Venafro. La varietà oggi è chiamata Aurina. In epoca Sannita si chiamava “Licinia” da cui “olio Liciniano”. L’olivo a Venfaro fu introdotto da Licinio, che era un Sannita o meglio cittadino di Venafro. Scrive Vincenzo Cuoco su questi monumenti verdi “Dopo lunghe ricerche, fra le tante specie di questa pianta, ne ho trovata finalmente una capace di sostenere il freddo delle paterne montagne; e l’olio di questo ulivo non cede all’olio dei Salentini e dei Tarantini”. La coltura olearia raggiunse livelli tali, da rendere Venafro famosa in tutto il mondo nel periodo romano. Hanno lascato scritti sull’olivo e sull’olio di Venafro: Orazio, Plinio il Vecchio, e Strabone, nel I sec. a.C., Poi Giovanni Presta di Gallipoli, il maggiore studioso dell’olivicoltura di Venafro, un illustre botanco Michele Tenore, Vincenzo Petagna e in ultimo il Prof. Ferdinando Alterio nel suo libro “La storia dell’olivo. Il cammino di una grande pianta. Venafro cuore del mediterraneo olivicolo”, edito dalla Volturnia edizioni (2011), scritto per conto dell’Ente Parco Regionale dell’Olivo. Adesso parlano le immagini in cui si evidenzia l’unicità, la forza e la bellezza di questi patriarchi della natura.