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I Grandi Alberi del Molise

Casalborgone “la rul verda” un Quercus Crenata

Siamo stati in Piemonte nel Bosco del Vaj e nel territorio di Castagneto Po’ e Casalborgone. Abbiamo preso un po’ di materiale relativo agli alberi e ai boschi di questi luoghi e scoperto che tutto si muove intorno ad un Quercus Crenata. Un po’ come “giriamo” attorno un albero.

Esiste una Associazione culturale «Attorno alla Ro Verda» che da anni si batte per la valorizzazione e la tutela di un albero monumentale, la rovere verde o cerrosughera (Quercus crenata) di Casalborgone, localmente nota come la “Rul verda” (della quale Tiziano Fratus ha parlato in vari libri, l’ultimo dei quali è “La linfa nelle vene”, anno 2012) e dell’intera area del Bosc Grand, e del Bosco del Vaj.

Siamo nella maggiore area boscata della Collina di Torino che si sviluppa intorno al Bric Turniola. Dal lavoro che da anni vede impegnati molti appassionati, c’è il sito del Bosc Grand dove è stata scelta una poesia di Tiziano Fratus, dal titolo Bagolaro, pubblicata nel 2010 in Nuova Poesia Creaturale (Edizioni della Manifattura Torino Poesia) e poi ripubblicata nella selezione antologica: “Gli scorpioni delle Langhe. Poesie con radici” (2012, La vita felice, Milano). .

Si ringrazia Florence Baptiste che ci ha fornito notizie e alcune foto del Quercus crenata dal sito www.boscgrand.eu e Tiziano Fratus a cui si rimanda all’ articolo del 2012.

Rul Verda di casalborgone
Rul Verda di Casalborgone
Area SIC
Area SIC Cartografia e Tabellone d’Insieme

 

Il limite superiore del bosco (prima parte)

Chi va in montagna conosce molto bene che esiste una zona molto marcata che i botanici e gli studiosi hanno chiamato “Limite superiore del Bosco”. Questo limite è molto evidente, rappresentando una caratteristica del paesaggio montano.

limitesuperioredelboscoIn Molise, sul Matese ed in particolare sulle Mainarde-Meta “Il limite del bosco” è abbastanza evidente. Cerchiamo di capire come mai gli alberi ad una certa altitudine non ci sono più. Premettiamo che non esiste una spiegazione unica e convincente per giustificare il limite del bosco. Sicuramente sono molte le cause che possono influenzare lo sviluppo degli alberi in una fascia di transizione di circa 200-300 metri.

Salendo all’interno di un bosco possiamo accorgerci del suo limite vedendo alberi più distanziati, a volte meno cresciuti, più distorti con individui sparsi e arbusti bassi e foglie più piccole. Possiamo avere già due limiti: quelli del bosco chiuso e quello degli alberi isolati e sparsi. Il problema sta nel fatto che il limite di bosco non coincide quasi mai con il limite delle fasce di vegetazione.

Nel nostro Appennino il limite di bosco comprende sia una fascia montana dove ci sono ancora alberi (faggio e conifere in particolare) che subalpina o boreale con arbusti e piccoli alberelli sparsi. Per meglio localizzare il limite del bosco per le due grandi catene montuose del Molise (Matese e Mainarde-Meta) si può stimare in media 1650-1800 mt. Sono numeri da prendere con “le pinze” perchè per ogni montagna esso varia in funzione del: tipo di vegetazione, esposizione, latitudine, temperatura del suolo e dell’aria, impatto antropico (pascoli), durata stagione vegetativa, rocciosità, competizione tra le specie vegetali, periodo di presenza di neve, gelate tardive, valanghe, mancanza d’acqua, vento e condizioni microclimatiche particolari. A questi da aggiungere i grandi fenomeni del riscaldamento globale e dell’incremento dell’anidride carbonica nell’aria. Tutti questi fattori illustrati giocano, chi in maniera più marcata chi in maniera meno e poco significativa, sul limite della crescita degli alberi e del bosco.

Sicuramente il “limite del bosco” non è una linea rettilinea che spesso si vede a distanza sulle nostre montagne. Il clima in corso permette alla foresta, seppure lentamente, di riconquistare il terreno che aveva perduto, ma non sempre. Unico dato certo è che nella zona di transizione (Ecotono) gli alberi sono più sensibili alle variazioni climatiche ed è opportuno prima di tutto andare a vedere per esempio cosa accade nelle aree alle singole piante di faggio sul Matese e sulle Mainarde-Meta e a tutte le quote sopra i 1650-1700 mtsm delle montagne del Molise. Ci sono comunque alcuni dati, occorrono tempi e lunghe osservazioni per lo studio di queste comunità vegetali.

In un successivo articolo cercheremo di esaminare i singoli meccanismi e gli elementi che fanno variare il limite del bosco, ma non è detto che poi sull’Appennino sia variato o è in corso di variazione in modo rapido: la dinamica è abbastanza lenta (almeno 30-40 anni). Occorrerebbero studi più approfonditi e di dettaglio e molte cartografie e immagini satellitari a distanza di anni da poter confrontare, come si sta facendo adesso per esempio per i ghiacciai.

Limite superiore del Bosco

Guardiaregia – I tre Frati (I tre faggi)

Specie: Fagus Sylvatica L.
Nome Comune: I Tre Faggi
Circonferenza (mt): 5.30 – 4.50 – 4.20
Stato Vegetativo: buono
Altezza (mt): 28-32 stimata
Età (anni): 250-400 circa
Quota Slm (mt): 1130

Chi non conosce i tre frati di Guardiaregia nella zona dello splendido Monte Mutria e della riserva regionale gestita dal WWF? Speriamo pochi. Qui ci sono i tre spettacolari faggi, anche se nelle vicinanze se ne vedono di altri di indubbia bellezza. Perchè sono stati chiamati tre frati? Come vuole la leggenda raccontata da Nicola Merola responsabile dell’Oasi WWF: “Tre fratelli per furto di bestiame, furono impiccati sul posto proprio sugli alberi di questa località. I faggi, da allora denominati dei “Tre Frati”, non furono più toccati nei secoli a venire, lasciati lì apposta a futura memoria del tragico ed “esemplare” episodio. Inoltre, leggenda nella leggenda, ancor oggi nelle sere di tempesta, il rumoroso turbinio del vento e della neve sui possenti rami, sembrano quasi ricordare le voci urlanti dei tre fratelli appena catturati e di lì a breve impiccati.” I faggi “un po’ maledetti” non essendo più stati tagliati possono oggi essere visti nella loro bellezza.

Il piu grande dei tre frati

Il primo, quello più vecchio è un vero e proprio patriarca della natura con un’età stimata in 400 anni circa. Le sue lunghe radici superficiali ricoperte di muschio sembrano come numerose zampe di gallina. Gli altri esemplari dimostrano un età tra i 250 ed i 300 anni. Chiome slanciate branche e rami altissimi. Tra i faggi più conosciuti in Regione i tre frati meritano comunque una visita e una abbraccio del tronco. Bisogna essere almeno in quattro, per quello più grande che si trova più a valle rispetto ai primi due.

Sono tutti e tre vicini, facilmente raggiungibili da una stradina che parte in vicinanza della diga di Arcichiaro da 891 mslm in località San Nicola per fonte Macchio. La strada è denominata comunale Cusano Mutri. Ci si arriva dopo circa 1,30 ore di cammino a quota 1130 mslm e si può poi scendere facendo anche un giro ad anello. Meglio farsi accompagnare comunque da qualcuno se non si conosce bene il posto. I faggi sono ubicati in una piccola conca dove c’é anche un quarto che per grandezza e altezza promette bene. Hanno perso dei rami in basso ma in alto le chiome sono veramente molto belle e regolari.

Uno dei tre Frati

Anche se, come al solito, le foto non rendono l’idea della maestosità dei “frati”, consigliamo di arrivare in questi luoghi percorrendo buona parte il sentiero nella faggeta, non solo per guardarli, ma fermarsi ed osservarli un po’ più a lungo. Respiriamo quindi sotto le imponenti fronde “un’aria che sa di magia e di antiche leggende” come affermato da Nicola Merola responsabile dell’Oasi. Si ringrazia per le informazioni fornite il responsabile dell’Oasi WWF-Riserva regionale di Guardiaregia-Campochiaro.


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Santa Gertrude in Alto Adige – I larici millenari

Larici di San Geltrude (Trentino Alto Adige)
Specie: Larix decidua.
Età stimata: meno di mille anni

Ci piace la parola “ultimo”, perchè pensiamo di poter andare nella Val d’Ultimo. Questa Valle esiste davvero. Si trova vicino il parco Nazionale dello Stelvio in zona contornata dalle cime dell’Ortles. Accanto al Maso Ausserlahner in località St. Gertraud (Santa Geltrude) a Ulten (Ultimo), crescono i tre Larici che per quasi un secolo sono stati considerati gli alberi più antichi forse del Nord Italia, con oltre 2200 anni. Recenti analisi dendrocronologiche ne hanno dimezzata l’età (1000 anni). Restano comunque un riferimento essenziale del patrimonio arboreo italiano. Noi abbiamo allegato la foto che ci ha mandato Guido Leonardi che ringraziamo e che gestisce un sito ricco di informazioni su quel territorio www.ultental-valdultimo.com e che inizia dal comune di Lana e le località San Pancrazio, Santa Valburga, Pracupola, San Nicolò e Santa Gertrude dove ci sono i Larici. Posti incantevoli per escursionismo, passeggiate, alpinismo ecc…

Poi c’è sempre una descrizione dettagliata sempre di l’Homo Radix (Tiziano Fratus) su questi Larici. Noi di molisealberi quando leggiamo di larici di altezze sopra i 30 mt o quasi e circonferenze sopra gli 8 metri, non possiamo far altro che mostrare rispetto per queste creature viventi. Poche parole, molte emozioni quando gli alberi sanno parlare da soli. Ecco una immagine dei Larici.

I Larici di Val d'Ultimo
I Larici di Val d’Ultimo

Si Ringrazia per la foto: Guido Leonardi
Link: www.ultental-valdultimo.com

Larici millenari della val d'Ultimo
Larici millenari della val d’Ultimo

Fonte: Natura Mediterraneo

 

Frosolone – il Tiglio di Santa Maria delle Grazie

Specie: Tilius Cordata L.
Nome Comune: Tiglio
Circonferenza (mt): 3.70
Età (anni): 100 presumibile

Nella lista degli alberi monumentali della Regione Molise non poteva mancare questo grande Tiglio. Il tiglio é un albero longevo che può vivere fino a 200-250 anni. L’albero si trova di fronte la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, lungo la strada per il cimitero. Ha un tronco robusto e una chioma molto larga. Nelle giornate calde è possibile rinfrescarsi sotto di esso. Vale la pena una sosta anche per visitare la Chiesa (in passato c’era anche un convento dei Cappuccini).

Questo Tiglio può rappresentare il monumento naturale “tipo” per la zona di Frosolone e dintorni assieme al maestoso faggio del Pedalone, nel bosco della Grisciata e anche una grande quercia in località San Pietro in Valle. Nella patria dei coltelli per fortuna non abbiamo notato evidenti incisioni sulla corteccia. Il tiglio però non sta tanto bene, è un po’ instabile, il terreno forse non lo regge e la “vecchiaia” comincia a farsi sentire.

Tiglio di Frosolone
Tiglio di Frosolone


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Poggio Sannita – Le ramificanti Roverelle a San Cataldo

Nome Comune: Roverella
Specie:  Quercus Pubescens
Circonferenza: 4,70 mt
Altezza: 15 mt circa

Siamo a Poggio Sannita, abitanti 800. Il paese era chiamato Caccavone. Il nome si riferiva al fatto che in antichità la località era sede della produzione del caccavo, una sorta di grande paiolo o pentola di rame usato dai contadini per la coagulazione del latte; tale strumento comunque rimane tuttora presente nello stemma del comune. Caccavone era un feudo intorno all’anno 1000. Nome cambiato in Poggio Sannita solo nel 1921.

Scendendo lungo la strada che da località i Mucchi va verso il fiume Verrino, si possono notare numerose querce sparse in modo disordinato su terreni agricoli. In passato in quell’area ci doveva essere un antico Monastero fondato da San Cataldo. La tipicità di queste piante è la forte ramificazione.

Le querce rendono il paesaggio circostante meno monotono. In passato questi esemplari sparsi per i campi e in vicinanza di ruderi di fabbricati rurali erano sicuramente molti di più. Solo qualche proprietario ha saputo conservare con il tempo queste piante non utilizzandole come legna da ardere. Quattro roverelle sono state censite nel 2009 ed inserite nell’elenco regionale degli alberi monumentali. La più interessante ha una circonferenza di 4,70 mt.

Le Roverelle in Località San Cataldo a Poggio Sannita
Le Roverelle in Località San Cataldo a Poggio Sannita

 


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Civitanova del Sannio – Il faggio e il masso

Specie: Fagus Sylvatica L.
Nome Comune: Faggio
Circonferenza (mt): 3.6
Stato Vegetativo: buono

Siamo sulla Montagnola Molisana tra Sessano – Civitanova – Frosolone, al bivio per le Caselle di Civitanova a 1200 metri sul livello del mare. Al suo fanco un masso. Particolarità: il grosso masso ha quasi la stessa circonferenza del tronco. L’abbiamo fotografato in periodo umido e nebbioso.


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Civitanova del Sannio – Un faggio “largo” e “alto”

Specie: Fagus Sylvatica L.
Nome Comune: Faggio
Circonferenza (mt): 5,60

Un faggio bicormico. Il Numero 15 sul tronco. Grande esemplare. Si trova lungo la strada che da Sessano del Molise porta verso il lago di Civitanova, nella Montagnola Molisana a quota 1180 mslm. Qui ci sono dei veri grattacieli della natura, con altezze paragonabili a 7-8 piani di un palazzo. Faggi altissimi, quasi impossibile fotografarli interamente. Ci ha colpito oltre l’altezza, l’ubicazione di questo esemplare. Si trova ai margini del bosco, mentre all’interno altri alberi sono un po’ più bassi. Siamo affascinati da quest’albero e dal suo maestoso tronco… non abbiamo parole.

Un grande Faggio tra Sessano e Civitanova del Sannio - Montagnola Molisana
Un grande Faggio tra Sessano e Civitanova del Sannio – Montagnola Molisana

 


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Castelpizzuto – Una delle prime foto di grandi alberi

Specie: Quercus cerris L.
Nome Comune: Cerro
Stato Vegetativo: buono
Quota Slm (mt): 850

Inizi anni 90. Strada che collega Longano a Castelpizzuto, anche se la memoria fa un po’ gli scherzi. Si utilizavano macchine fotografiche con rollino e non si scattavano molte foto, anche perchè la fotografia era un hobby costoso. Si doveva saper scegliere come fotografare il paesaggio e gli alberi. Dalla foto di questa quercia è nata un po’ la passione e la ricerca di grandi alberi. Particolare di questa quercia è o forse era il suo tronco. Non ci sfuggì la sua solenne figura, giusto il tempo per un solo scatto. Non sappiamo quanti anni avrà ora questa pianta. Così a memoria d’uomo nessuno lo potrà mai sapere. Forse non c’è più. Godiamoci la bellezza di questo “patriarca della natura” almeno per un istante.

Una delle prime querce fotografate da noi di molisealberi
Una delle prime querce fotografate da noi di molisealberi

Il faggio policormico dei tre confini

Specie: Faggio
Nome scientifico: Fagus sylvatica L.
Circonferenza fusto policormico (diversi tronchi): 6 mt circa

Siamo al confine tra i Comuni di Miranda, Carovilli, Pescolanciano a quota intorno ai 1200 mslm. Un boschetto, una zona paludosa ed un passaggio di cinghiali. In vicinanza un’antenna anemometrica a misurare la velocità del vento forse per la costruzione d’impianti di pale eoliche. Un termine lapideo in vicinanza. Si incontra un faggio con diversi tronchi. In effetti sono 4-5 tronchi non facili da distinguere. Si tratta di fusti uniti di diverse dimensioni. Quello centrale, ormai secco, è in marcescenza. Il tronco principale sta bene e sviluppa una chioma simile ai faggi in vicinanza.

Al centro, un tronco (forse una concrescenza di tronchi) ormai secchi di altezza intorno ai tre metri che comunque rigettano ancora gemme e foglie. Ai lati, tre tronchi un po’ obliqui tali da formare altre piccole chiome. La forma, l’unione e la particolarià dei tronchi ci ha colpiti. Come non dire che i tronchi uniti fanno forza e rendono l’albero monumentale per la particolare forma dei tronchi.

Il Faggio dei Tre Confini


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