Gli alberi di Natale: non buttateli, ripiantateli. Storia, simbologia e cultura

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Pescopennataro Abeti Soprani

Siamo con la rivista sherwood e con Lorenzo Ciccarese da cui abbiamo ripreso questo interessante articolo che ci trova noi di molisealberi in accordo e che brevemente ha descritto un po’ la storia la simbologia e la cultura degli alberi di Natale. Si avvicinano le festività natalizie e molti di noi addobberanno l’albero di Natale nelle proprie case insieme alla famiglia.

Lorenzo Ciccarese ha dato un significato sulle origini della simbologia natalizia legata agli alberi, sottolineando che l’uso di alberi veri, da vivaio, meglio se certificati, è sempre preferibile all’uso di quelli artificiali. Finito il Natale piantateli, utilizzateli come energia rinnovabile o come pacciamante… hanno fissato e fisseranno ancora per qualche tempo la CO2, daranno calore a voi e risorse alle aziende agricole produttrici e non inquineranno, come invece farà sicuramente, prima o poi, un albero di plastica. A parte il presepe e S. Nicola (e gli adattamenti che del santo sono stati fatti in ogni parte del mondo e nel tempo), non esiste un simbolo più rappresentativo dell’albero per le festività di Natale.

La storia dell’albero di Natale (o degli alberi di Natale, visto che ce n’è più di uno) segue da vicino la storia dello stessa Natività e della necessità per il Cristianesimo di costruire una simbologia propria, assorbendo le tradizioni e i simboli delle religioni pagane pre-esistenti in tutta Europa. Tradizioni e simboli da eclissare. Come quelle legate al culto di Saturno, dio dell’agricoltura, o a quello di Mitra: Entrambi, in tempi diversi, celebrati nello stesso periodo dell’anno (solstizio invernale). È questo uno dei motivi per cui fu deciso, solo nel IV secolo, di celebrare la nascita di Cristo il 25 Dicembre, anche se all’epoca non era certo popolare celebrare l’anniversario di nascita di qualcuno.

Allora cosa meglio di un albero, che germina, si radica, cresce, ramifica? E cosa meglio di un albero “sempreverde”, capace di trasferire il messaggio di rinnovamento e di immortalità?

Presenze e segni sulle origini dei nostri alberi di Natale possono essere riscontrate nelle più antiche culture pagane. I Romani decoravano le loro case con rami di pino e altre sempreverdi nelle Calende di gennaio. Tra i Celti, i sacerdoti e le sacerdotesse druidi (dal gaelico duir, ossia quercia) usavano decorare i loro alberi sempreverdi, abeti rossi e bianchi, per le celebrazioni del giorno più corto dell’anno. Tra i Vichinghi dell’estremo Nord dell’Europa, per esempio, dove il sole “spariva” per settimane nel pieno dell’inverno, nella settimana precedente e successiva al giorno con la notte più lunga, si officiavano le solennità per auspicare il ritorno del sole. L’abete rosso, così diffuso a quelle latitudini, era ritenuto in grado di esprimere poteri magici, poiché — a differenza delle betulle e del sorbo e delle poche altre decidue in grado di resistere a quelle condizioni — non perdeva le foglie nei geli dell’inverno. Alberi di abete venivano tagliati e portati a casa, decorati con frutti, ricordando la fertilità che la primavera avrebbe ridato agli alberi. E quando i primi missionari raggiunsero le regioni scandinave cominciò a diffondersi l’uso dell’albero di Natale anche come simbolo cristiano.

Nell’Alto medioevo, i primi alberi di Natale erano chiamati “alberi del Paradiso” e venivano decorati con mele (chiara allusione al peccato originale) e ostie (simbolo del corpo di Cristo sacrificato per scontare il peccato originale). Col tempo le ostie furono poi sostituite da candele, noci, castagne, dolci e biscotti, come simboli della redenzione di Cristo.

L’abete è il genere più comunemente usata per l’albero di Natale, perché ha il vantaggio di sembrare vitale anche se reciso e di mantenere a lungo gli aghi e di mantenerne a lungo il colore e il profumo. Ma non è il solo. In Europa sono usati anche i pini(soprattutto il pino silvestre e il pino cembro). In Nord America, America Centrale e Sud America le specie cambiano: douglasia, sequoie, cipressi, ginepri, araucaria. Il pino d’Aleppo è usato nel Sud per decorare e creare il fondo dei presepi. Ma non ci sono solo le conifere tra le piante simbolo della Natività.

Il vischio era già in uso nelle religioni pagane per celebrare l’arrivo dell’inverno e ad esso venivano conferiti poteri curativi. In Scandinavia era foriero di pace e armonia ed era associato a Frigga, dea dell’amore. I Druidi piazzavano rami di vischio sulla porta di ingresso per tenere lontani gli spiriti del male. La Chiesa delle origini ne vietò l’uso durante il Natale a causa delle sue origini pagane e lo sostituì con l’agrifoglio, per simboleggiare con le spine la corona di Cristo e con le bacche le gocce di sangue che escono dal capo. Fonte Sherwood – Foreste ed Alberi Oggi

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