Siamo sui monti del Matese, ci siamo incontrati con gli amici di Molise Explorer che organizzano da diversi anni dei trek tour, sempre interessanti, soprattutto dopo le camminate, per gli ottimi cibi a base di formaggi, salumi, dolci vino e altre bevande che ogni escursionista condivide con gli altri. Quando si parla di Roccamandolfi viene da pensare al “brigantaggio” e alla forra del torrente Callora. Il territorio del comune ha luoghi spesso inaccessibili, che erano stati in passato nascondigli per i briganti, la forra invece è ideale per chi fa torrentismo. E’ facile perdersi nelle faggete se non si ha un po’ di senso di orientamento. C’è stata una breve nevicata la notte prima dell’escursione, l’aria mattutina come si dice è “frizzante”, anche se non so cosa significa, penso sempre ad un buon “spumantino”. Con Michele, che ci fa da guida, dovremo percorrere ad anello 11 km. Speriamo di trovare anche qui, a quota sopra i 1300 mslm, qualche grande faggio. Si parte dall’accogliente rifugio-ristorante Guado la Melfa, per il pianoro di Campitelli. Ci fermiamo a vedere una vecchia fiat cinquecento, si parla delle loro “avventure” sulla neve;
Le vecchie 500 vanno un po’ dappertutto. Pensavo, potremo trovare anche un bel faggio con circonferenza del tronco da 500 cm. Leggiamo i toponimi sulla cartografia: Monte Valle dei Lupi, Monte Morzone, Serra delle Vallocchie scure, Campo delle Fosse, Colle del Caprio. Sono nomi di luoghi come da film di avventura, affascinanti, ombrosi spesso per la presenza di estese faggete intervallate qua e la da pianori, rocce e creste affioranti. I faggi sono quasi tutti uguali, qualcuno più vecchio è stato segnato sul tronco con una vernice gialla perchè in una zona SIC (sito della rete natura 2000) occorre lasciare piante da destinare all’invecchiamento indefinito. I faggi che sono spesso policormici, con più fusti derivanti da ceppaie, ci raccontano sempre la storia forestale e non solo di un luogo. Notiamo piante martellate, con qualche “NO” scritto in rosso sui tronchi a far capire a chi dovrebbe tagliarli che deve lasciare sempre “il meglio” di una pianta, per la rinnovazione del bosco e per le leggi della natura e dell’uomo. Seguiamo delle piste di esbosco e un sentiero non sempre evidente che sulla carta escursionistica del Matese è indicato con il numero 100 DM (Dorsale Matese), Siamo ai confini con la Campania, i panorami dalle creste rocciose a sud ovest affacciano sul territorio di Letino (Sorgenti dell’acqua Lete) come Michele esperto conoscitore del Matese e in particolare dell’Alto Molise ci descrive. Si vede l’ampio pianoro del lago Matese. Il sentiero CAI n.100 continua per Colle Tamburo e Monte Miletto (la montagna più alta della catena a 2059 mslm). Appena le pendenze per Colle Tamburo si fanno più elevate, il nostro gruppo di escursionisti devia per chiudere l’anello, sempre tra faggi grandi e piccoli spesso con i classici rami ondulati e contorti anche per l’azione del vento, qui sempre presente. Entriamo in un pianoro che dalla foto di google earth sembra un triangolo. Siamo in località campo le fosse a quota intorno i 1400 mslm . Si vede un esemplare isolato di faggio. Questa pianta, merita per le sue dimensioni e forma. Per deformazione professionale, sono il primo ad accorgermi della sua maestosità. Ci fermiamo, rollina intorno al tronco, si misura più volte la circonferenza media è di 500 cm., come la fiat 500 incontrata stamattina. Il numero 500 ci ha portato fortuna. La pianta nella sua veste invernale ha una chioma di grande impatto visivo ai margini del pianoro, è riuscita a crescere senza molte difficoltà, senza che l’uomo sia intervenuto. Le branche e i rami sono disposti in modo regolare. Il colore verde intenso del muschio sul tronco, qualche cavità, non si evidenziano segni particolari di sofferenza. Siamo in inverno e in riposo vegetativo, bisogna tornare a primavera per veder meglio il nuovo spettacolo della sua ampia chioma.