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La cura e la gestione di un albero monumentale, alcune considerazioni.

Pioppo nero monumentale a Sesto Campano

Curare un patrimonio arboreo “monumentale” non solo quello dei circa 3300 alberi e formazioni vegetali che fanno parte dell’elenco nazionale ma anche molti altri alberi, filari, gruppi che potrebbero essere considerati monumentali risulta complesso perchè si devono gestire piante vecchie, delicate, fragili, spesso malate, uniche, eccezionali, non facilmente rinnovabili. Se per la cura si considerano anche gli aspetti biologici, economici e tecnici, la gestione e la tutela dei nostri “patriarchi arborei” si complica ancora di più, anche per gli addetti ai lavori e che si occupano di arboricoltura. I tecnici, che potremo chiamare “medici e guaritori” dei nostri grandi e monumentali alberi non possono essere considerati dei manutentori del verde. Occorre competenza, conoscenza ed esperienza per la loro cura e salvaguardia. Nelle linee guida, scaricabile qui intese come buone pratiche, per gli interventi e cura degli alberi monumentali redatta a dicembre 2019 dal Ministero delle Politiche agricole la gestione e la tutela di questo patrimonio devono essere “quanto più rispettosi dei più intimi meccanismi biologici che regolano la vita di un albero e si misurino con le tante implicazioni fitopatologiche, agronomiche ed arboricolturali che possono discostarsi anche molto da quelle considerate nelle ordinarie pratiche di manutenzione del verde. La gestione degli alberi monumentali dovrà essere, pertanto, coordinata in ogni fase da figure professionali competenti e condotta da ditte esecutrici specializzate: tecnici di comprovata esperienza nell’ambito dell’arboricoltura e con le specifiche competenze e abilitazioni definite dalle norme relative all’esercizio delle professioni, e imprese scelte in base a documentata esperienza nel campo dell’arboricoltura e in particolare nella cura degli alberi monumentali rappresentano, pertanto, le figure a cui necessariamente si deve fare riferimento” L’albero è un sistema energetico e biologico assai complesso specialmente un vecchio e grande albero dove non bastano solo le normali tecniche e studi dell’ arboricoltura per essere sicuri di ottenere dei risultati per tenerlo ancora più a lungo in vita senza “accanimenti”. Potremo riuscire a misurare il lento accrescimento del tronco, i rami che crescono, vedere annualmente i germogli, le foglie, i fiori ogni tanto qualche frutto. I nostri grandi alberi, anche senza molte cure, sanno risolvere i loro problemi di vecchiaia anche favorendo la vita di altri esseri viventi (se si pensa al solo valore biologico di un tronco ) per cui ci si chiede spesso se o no intervenire su alberi con interventi drastici (capitozzature) o non toccarli e lasciarli fermi a completare il loro ciclo di vita. Gli alberi, in particolare quelli malandati e vecchi diventano un problema e un fastidio per noi uomini in quanto ci dimentichiamo che sono essere viventi.

Quercia delle Streghe o di Pinocchio ?

Le conclusioni indicate nella guida redatta dal Ministero sono da condividere: ” L’approccio con un albero monumentale dovrebbe avvenire con umiltà, ma allo stesso tempo deve essere libero da condizionamenti e presunzioni: un approccio interdisciplinare, olistico, capace di raccogliere da ogni esperienza, da ogni conoscenza, elementi utili alla comprensione e alla risoluzione dei tanti problemi che un albero, soprattutto se senescente, manifesta “

Sepino una grande quercia con “ferri vecchi” alla base del tronco

In vicinanza del Tratturo Pescasseroli – Candela nel Comune di Sepino, la chioma di questa quercia mi appare nella sua maestosità. Mi trovo a poche centinaia di metri da Altilia (zona archeologica tra le più importanti del Molise ). Mi avvicino all’albero per scattare alcune foto, un anziano signore mi vede e mi viene incontro. Aveva capito, che stavo dirigendomi verso l’albero. Lo saluto e gli dico se l’albero è di sua proprietà. Lui mi risponde che non è suo ma è del “Padre Eterno” . Gli rispondo che se è un bene cosi bello del “Padre Eterno” non dovremmo lasciarlo con tubi, ferri e legname e materiale vario accumulato sotto il tronco. L’albero si trova a 560 mtslm ha una circonferenza del tronco di 380 cm, una chioma ampia e regolare.

Peccato che il materiale ferroso accumulato alla base dell tronco non permette di goderselo nella sua bellezza.

La quercia di Casalincontrada sarebbe monumentale? da gli alberi di Valido

Valido ci racconta della grande quercia di Casalincontrada in provincia di Chieti un vero “Patriarca” con una grossa chioma. Alberi tra i più belli d’Abruzzo e non solo d’Abruzzo che man mano ha perso la sua monumentalità, forse anche perchè si poteva intervenire in tempi in cui non accusava problemi vari dalle radici al tronco, alle branche e ai rami e alle foglie che ma mano sono quasi “scomparse”.

Può accadere, anche se raramente, che un albero già considerato monumentale, a distanza di tempo, pur continuando ad esistere, non possa essere più considerato tale. La pianta di cui parleremo oggi è uno di questi casi. La quercia veniva fatta conoscere al pubblico con la PRIMA FOTO pubblicata nel mio “Abruzzo, 60 alberi da salvare” del 1988. Per farne la conoscenza, mi ero recato nella tenuta Sant’Agatopo, di proprietà dell’ing. Enrico Sbraccia, a Casalincontrada (CH).
Qualcosa del genere doveva esistere anche nel Paradiso Terrestre, e sicuramente Adamo ed Eva amavano trascorrere sotto di essa i loro momenti più intimi, prima che un giorno sbagliassero albero e si trovassero sbattuti fuori dall’uscio dal Padrone di casa.
La quercia era una delle più belle d’Abruzzo e d’Italia. Il fusto,molto basso, misurava m. 5,01 di circonferenza, la chioma raggiungeva i 30 metri di diametro e l’altezza complessiva era di 18 metri. La bellezza della pianta veniva esaltata dal suo isolamento lungo il lieve pendio della collina. Per la sua bellezza, la quercia in passato aveva attirato le attenzioni di personaggi illustri degli anni Venti e Trenta, quali il pittore Francesco Paolo Michetti e il ministro dell’agricoltura dell’epoca Giacomo Acerbo i quali, ospiti della tenuta, chiesero espressamente di visitarla da vicino.


La quercia faceva parte di un bosco più esteso poi smantellato per fare spazio alle colture. Era tanto apprezzata e amata dai proprietari, che essi accettavano ben volentieri di sacrificare per essa i 700 mq sotto la sua chioma sui quali non si poteva coltivare alcunché. La salute della quercia appariva eccellente, e si potevano prevedere ancora secoli di prosperità sul cammino della sua vita.
Quando, dopo quasi 25 anni, con l’animo ricolmo di allettanti prospettive, Francesco Nasini si recava a visitare la quercia per inserirla nel suo “Grandi Alberi d’Abruzzo”, il disastro era avvenuto da un paio di anni. Il fusto si era scisso in due parti e due terzi della chioma erano crollati al suolo (qualcuno ipotizzò un collegamento con il contemporaneo terremoto de L’Aquila). Quello che restava , cioè meno di mezzo fusto e un terzo della chioma, in luogo dello stupore e dell’ammirazione, suscitava ormai solo pena e rimpianto.

Oggi, nessuno prenderebbe più in considerazione la quercia per un suo inserimento fra gli alberi monumentali soggetti a tutela, essendo venuti meno i requisiti (dimensionali, estetici, paesaggistici), ma vale la pena porsi la domanda: se questo dovesse accadere a una pianta già tutelata, essa dovrebbe essere depennata dall’elenco? La legge 10/2013 non prevede casi come questo.

Segnalazione Albero – Quercia da Sughero MONTALTO DI CASTRO

Segnalato da Ernesto – Canepina (VT)

Nome comune dell’albero:quercia da sughero
Altezza stimata (m): 25
Circonferenza (cm): 180
Tipo: Albero singolo
Numero esemplari: 1
L’albero ha un solo fusto?: si
Comune di: MONTALTO DI CASTRO
Località: Campomorto
Indirizzo: Campomorto
Indicazioni utili per raggiungere l’albero: si trova sulla strada che da tuscania porta a montalto di castro vicino al provinciale circa un km prima della vecchia strada che portava a Canino
Proprietà: privata
Di chi é l’albero monumentale: non conosco

Ambiente Urbano: verde privato
Ambiente Extraurbano: Coltivi
La pianta é segnalata per: Valore paesaggistico
Descrizione della motivazione: bellissimo esemplare isolato collocato in punto molto panoramico
Minacce: Fuoco

Scurcola Marsicana (Aq) La Quercia di Donato (da gli Alberi di Valido Capodarca)

Foto della Quercia di Donato di Francesco Nasini dal libro Grandi Alberi d’Abruzzo

Riportiamo sul nostro sito un po’ le storie e leggende di grandi alberi di Valido Capodarca attive da alcuni anni sul nostro gruppo facebook – Ci sono alberi che riescono meglio a farci provare sensazioni ed emozioni solo nel guardare le foto. Tra questi la Quercia di Donato che si trova a Scurcula Marsicana di cui si descrive una storia del sua antico proprietario nel Libro Grandi Alberi d’Abruzzo di Francesco Nasini in cui ” la Quercia di Donato ” rappresenta uno dei casi in cui la natura è riuscita a costruire un vero capolavoro vegetale con la sua lentezza ed è presa come prototipo di un albero “monumento” . Infatti è inserita anche nell’elenco degli alberi monumentali d’Italia con circonferenza di 550 cm e altezza di 14 metri.

LA Quercia di “Donato” a Scurcola Marsicana in vicinanza di un Convento di Cappuccini

Ecco l’articolo di Valido Capodarca

LA QUERCIA DI DONATO
E’ una delle più importanti querce d’Abruzzo. Quando, nel 1986, il maresciallo forestale Pannella me la fece conoscere, le sue misure erano:m. 5,65 la circonferenza del fusto, 20 l’altezza, 17 il diametro di chioma. L’età che il Corpo Forestale le attribuiva era di 750 anni. Si trova a poche centinaia di metri di distanza da Scurcola Marsicana (AQ), e vi si accede per via dei Cappuccini. Se l’età fosse esatta, si prospetterebbe una suggestiva considerazione. La quercia poteva essere già nata quando, a pochi chilometri da qui, nel XIII secolo,si svolgeva la battaglia di Tagliacozzo, a seguito della quale un colpo di spada recideva, in un colpo, la testa del giovane (appena 16 anni) Corradino di Svevia e i suoi sogni di conquista dell’Italia. Il fusto, pur deformato da diverse protuberanze, appare come una scultura moderna. Su di esso si notano degli scalini, intagliati dai ragazzi di Scurcola per salire sulla pianta. 
La pianta ha una singolare conformazione: un fusto dalla forma strana, dal quale si originano solo due grandi rami orizzontali, troncati sul nascere. Da questi partono,in perfetta verticale, sette o otto rami. Nel 1986 non erano pochi i problemi per la pianta: sulla sommità, nella conca del primo palco dei rami, si formava un ristagno d’acqua che sfaldava la corteccia passandole sotto. Su questa acqua crescevano cespugli di varie erbe. Il tronco era molto invaso da formiche. I progetti del comune prevedevano un risanamento della pianta e un ampliamento dello spazio attorno.
Cosa sarebbe accaduto in seguito lo leggiamo in Grandi Alberi d’Abruzzo, di Francesco Nasini (sua la foto).
Veniamo così a sapere che nel 1996, un imbecille diede fuoco alla Quercia versando benzina sulla grossa branca sovrastante la strada. A lungo si temette che l’albero non potesse farcela a sopravvivere ma, a 10 anni di distanza dall’atto vandalico, il giorno 12 novembre 2006, presso il Comune di Scurcola Marsicana si svolse la “Giornata di volontariato ambientale in difesa della Quercia di Donato”promossa dal Circolo Marsicano di Legambiente e dall’ Assessore all’Ambiente Luigi Sulpizi. Nell’occasione venne deciso un intervento di risanamento urgentissimo anche per una grave carie interna al tronco. Molti volontari si adoperarono per sistemare l’area e apporre una targa con inciso il nome della antica Quercia. Le ultime visite offrono notizie confortanti e riferiscono di una buona ripresa della gloriosa Quercia di Donato.

La Quercia delle streghe o meglio di “Pinocchio” di Capannori, da gli alberi di Valido

Non potevamo che scrivere di  storia e leggende intorno a quest’albero, forse il più famoso d’Italia per la notevole quantità di articoli, foto, gruppi social, video, wikipedia e altro.  Censimento degli alberi monumentali d’Italia, anno 2017, a Capannori sono state censite 4 piante monumentali. Fra queste la Quercia delle streghe, come  roverella con circonferenza del tronco di 400 cm, (non è quindi una Farnia)  a quota 110 metri sul livello del mare. Da Wikipedia:  la Quercia delle Streghe o di Pinocchio (o Farnia delle Streghe )  presenta un’altezza di 15 metri, un tronco dalla circonferenza di circa 4 metri ed una chioma di oltre 40 metri di diametro, misure che consentono alla Quercia di essere classificata seconda in Toscana per dimensioni. La particolarità di questa pianta è la tendenza ad espandere la chioma in direzione parallela al terreno, cosa non comune in questa specie.

Localizzazione della quercia delle streghe

Un po’ di Storia

Sempre da Wikipedia: Nei primi anni del secolo scorso, alcuni vandali spezzarono alcuni rami sedendovici sopra. Successivamente, durante la seconda guerra mondiale la quercia fu individuata dagli occupatori nazisti come legna da ardere, ma poi il progetto di abbattere l’albero monumentale fortunatamente sfumò grazie alla mobilitazione degli abitanti di San Martino in Colle. In seguito negli anni Sessanta l’albero fu colpito da un fulmine che gli causò importanti danni.

Valido Capodarca  la descrive nei suoi libri agli iniizi degli anni 80. Egli scrive: La Quercia delle Streghe (questa) si trova nei pressi di Gragnano, frazione di Capannori (LU). Specie di appartenenza: benché venga definita da molti farnia, i caratteri sembrano più prossimi alla roverella, ma le cupole delle ghiande sono del cerro, ma cerro, di sicuro, non è.  Il nome: le deriva da una credenza popolare secondo la quale sui suoi rami in passato le streghe usassero tenere i loro sabba; sarebbe stato proprio l’andirivieni delle streghe a provocare i tipici contorcimenti dei rami.  L’età: da sfatare la fantasiosa idea che la quercia abbia 600 o addirittura 700 anni. Nel “Toscana, cento alberi da salvare”, del 1983, la pianta ha una circonferenza di m. 3,93 (ril. del 1981), la chioma ha un diametro di 37 metri. In “Alberi Monumentali della Toscana” del 2003 (ril. 2002) la circonferenza è di 4,21 e il diametro della chioma 38. I rilevamenti degli ultimi visitatori danno una circonferenza di m. 4,50. Dal 1981 al 2002 la circonferenza è aumentata di 28 cm in 21 anni, con un tasso di crescita di 1,35 cm l’anno. Supponendo una crescita costante, la quercia avrebbe raggiunto i 421 cm in circa 300 anni. Cifra approssimativa,ma la metà di quella favoleggiata. I 38 metri della chioma sono la media fra i 37 della direzione N-S e 39 della direzione E-O (sempre ril. del 2002). All’origine di questa disparità c’è un episodio avvenuto verso il 1930. Il suo proprietario, l’avvocato Giovanni Carrrara, nel 1981, racconta che una scolaresca in visita alla quercia (già allora, come ora, la pianta era oggetto di visite frequenti), si era appesa per gioco ad un lungo ramo che si protendeva verso sud, spezzandolo. Il proprietario di allora padre dell’avvocato, lo fece recidere. “Fosse accaduto oggi – diceva l’avvocato – l’avrei rimesso in sesto e quasi certamente si sarebbe risaldato”.
Durante la guerra, un reparto di panzer tedeschi usò l’ampio ombrello della chioma per mimetizzarvi i suoi carri armati. Al momento di andarsene, il comandante aveva ordinato di abbattere la quercia per rifornirsi di legna ma alla fine rinunciò; non, come racconta qualche sensazionalista ma poco credibile giornalista, per le proteste dei contadini (ma ve li immaginate i contadini schierarsi con i forconi davanti ai cannoni e alle mitragliatrici, e il colonnello tedesco che si spaventa e si fa intimidire?). Molto più semplicemente, la madre dell’avvocato parlava bene il tedesco e, con gentilezza e diplomazia, fece capire al militare il valore monumentale della pianta e l’opportunità di rifornirsi con le altre querce dei dintorni.
Colpita da un fulmine intorno al 1960 e da una malattia pochi anni dopo,la quercia ebbe sempre le cure necessarie a farla guarire. Morto parecchi anni fa l’avvocato, la proprietà della Quercia è passata alla figlia.
Da qualche tempo, qualcuno ha avuto l’idea di darle un nuovo nome “la Quercia di Pinocchio”, identificandola con quella sotto cui Pinocchio nascose i zecchini di Mangiafuoco.
Non si contano più le pubblicazioni che ne hanno parlato, e i riconoscimenti che la quercia ha ottenuto, a partire dal suo inserimento fra i 300 alberi monumentali d’Italia, nell’omonimo volume del Corpo Forestale.
Negli ultimi anni la quercia, continuando a espandersi, è andata ad appoggiare i suoi rami sull’argine al di là della stradina comunale che le passa a fianco, sì che i proprietari, per consentire il transito, sono stati costretti a puntellare i rami stessi con dei robusti pali.
Sopra l’argine, a pochi metri dalla strada, c’è una casa, dove da un quindicina di anni vive la pittrice Sandra Cortesi, che è felice di svegliarsi ogni mattina con la visione della quercia, che ha scelto come soggetto preferito dei suoi dipinti. La donna ama trascorrere lunghe ore sotto la quercia, e soprattutto ama ascoltare i registrare nella memoria i commenti dei visitatori che, provenienti da ogni dove, sostano incantati sotto la Quercia delle Streghe.

La leggenda e le fiaba  

Secondo la leggenda su questi rami e branche si riunivano le streghe, poi per riti magici o cose del genere i rami si sarebbero allungati  arrivando ad dimensione della chioma di 40 metri  tra le più grandi d’Italia. La Quercia ispirò Collodi nel suo Pinocchio, sarebbe quella dove il burattino più celebre del mondo nascose i denari  da cui sarebbe nato un albero pieno di zecchini d’oro. La quercia, nella fiaba, si trova lungo la strada per il paese dei Balocchi e dove Pinocchio venne impiccato dagli assassini che volevano rubargli le  quattro monete d’oro e vicino alla quale poi il burattino incontrò il Gatto e la Volpe, che lo convinsero a sotterrare i denari nel Campo dei Miracoli nella città di Acchiappacitrulli. Ma questa è un’altra storia.

 

Quercia delle streghe foto da Street view anno 2016 autorei Google

Della Quercia si riporta un articolo su la Stampa di Tiziano Fratus #homoradix

articolo su la Stampa di #homoradixarticolo

Forli del Sannio località Macchia un “silenzioso gigante” di roverella

Parafrasando un libro di Tiziano Fratus che sto leggendo dal titolo “I giganti silenziosi”, grandi alberi  nelle città d’Italia mi è venuto in mente di chiamare questa roverella “un silenzioso gigante”. Si trova a Forli del Sannio, contrada Macchia, in vicinanza della strada che dal Santuario di San Giuseppe Moscati porta ad un agriturismo. Pianta di grossa chioma, qualche ramo rotto.Tronco cavo, qualcuno ha acceso un fuoco all’interno. Nel vecchio censimento regionale aveva una circonferenza di 480 cm. Abbiamo misurato il tronco anche se con un po’ di difficoltà per la presenza di una folta vegetazione intorno, ha un circonferenza di tutto rispetto cm 450. Età stimabile intorno ai 200 anni.  Ci sono lesioni e ferite, alcuni rami sono spezzati, presenza di carie evidente.  Pianta di alto valore ecologico questa  roverella riesce comunque  a vivere nonostante la mano dell’uomo. Come dice il Fratus nel suo ultimo libro, “Ogni volta che incontro un albero lo incontro per la prima volta”. Questa roverella la conoscevo già nel 1997 mi pareva molto diversa. Enorme all’epoca ma ora un po’  cambiata nella forma, nelle dimensioni, nel tronco, ma anche nel contesto in cui era inserita. Ritornare nei luoghi dopo un po’ di anni per incontrare un vecchio grande albero e scattargli alcune foto e come se fosse la prima volta.

Il silenzioso gigante di Contrada Macchia a Forli del Sannio

    

Rionero Sannitico località Castiglioni/e. Un quercione di tutto rispetto

Castiglioni o Castiglione  di Rionero Sannitico, come scritto nella tabella di entrata. Frazione fantasma. Case abbandonate. Ruderi sparsi e qualche carrozzeria arrugginita di automobile  lasciata lì, età anni 70.  Molti anni fa ci fu una frana a Castiglione e la popolazione andò via. La strada in un primo tratto è asfaltata poi diventa brecciata, terminando in una zona impervia e ricca di arbusti . Attraversando questi luoghi, sembra che il tempo si sia  fermato, lo si nota anche da alcuni vecchi elettrodomestici lasciati e  attrezzi da lavoro, utilizzati per le attività agricole e per il pascolo. In una zona quasi inaccessibile, per la presenza di vegetazione e quasi dentro un vallone, si nota una quercia di notevole dimensioni con una chioma di forte  impatto visivo. Si raggiunge con difficoltà ma ne è valsa la pena. Ha una circonferenza del tronco superiore ai 400 cm. Sembra una roverella, ma no siamo sicuri. In base alle caratteristiche del luogo impervio all’interno di una zona cespugliosa e inaccessibile l’abbiamo definita “la quercia del paese fantasma”, anche per le numerose branche e rami contorti.

Quercia di Castiglione di Rionero Sannitico

Cerro a Volturno- Frazione San Vittorino – La quercia e il “casotto”

Nome scientifico: Quercus pubescens W. (Roverella)
Circonferenza tronco: mt 5.70
Siamo nel Comune di Cerro a Volturno lungo la strada che da San Vittorino porta a Foci, due frazioni del paese. Macchinetta fotografica con le pile quasi scariche. Succede spesso a noi di molisealberi. Sapevamo dell’esistenza di una quercia con circonferenza del tronco che abbondantemente supera i 5.00 metri.  Pur parlando della Roverella interessante è l’origine del nome “Cerro” a Volturno. Forse deriva dalla presenza nel suo territorio di un albero secolare “quercus cerris”. Ma sono sempre leggende e storie un po’ inventate.  Lo stesso stemma comunale porta inciso nel campo un cerro e sullo sfondo vi è un pastore che veglia al pascolo di tre suini e il motto: “Fortitudo Cerri”. In Molise alcune località hanno nome “Cerro”: Cerro Frazione vicino Campobasso, Cerro Savino (Carovilli), Cerreto (Vastogirardi) e altre ancora. Con il nome si potrebbe pensare che ci siano stati uno o grandi alberi, come per Cerro a Volturno. La quercia con tronco ben robusto e una chioma non indifferente fa ombra ad un casotto per ricovero di mezzi e attrezzature e  c’è  una recinzione. La pianta ha una lunga cavità sul tronco, un po’ sintomo di vecchiaia, ma ha anche un grande valore ecologico per il microhabitat presenti sulla pianta e nelle vicinanza. I microhabitat degli alberi sono substrati e strutture importanti per la biodiversità forestale. Una maggiore consapevolezza dell’importanza dei microhabitat degli alberi può contribuire a mantenere ed aumentare il valore degli habitat per la biodiversità, anche nelle foreste gestite.

Fonte http://www.integrateplus.org/uploads/images/Mediacenter/Catalogue_TreMs_IT_Final.pdf

Cerro a Volturno Quercia di San Vittorino


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