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Sarche (TN) un grande leccio da gli alberi di Valido

Nessun testo alternativo automatico disponibile.Dicono gli esperti che la zona intorno alla parte superiore del Lago di Garda viene considerata l’ultimo territorio verso nord a clima mediterraneo, quello che consente la crescita di ulivi e lecci. Quest’ultima specie non poteva scegliere esemplare migliore per chiudere in bellezza. A Sarche (TN) c’è uno dei più grandi lecci d’Italia, molto noto agli appassionati. Le misure, rilevate nel 1991, parlano di 5,25 metri di circonferenza, 20 d’altezza e 24 di diametro della chioma. L’età non fu possibile accertarla: ci provò un professore dell’Istituto Forestale di San Michele all’Adige, ma dovette desistere dopo che, nel tentativo di estrarre una carota con il “succhiello di Pressler”, gli si ruppero ben due punte. La stima parlava di 4-500 anni. Sicuramente l’albero era presente quando nel piazzale antistante vennero fucilati alcuni garibaldini durante le lotte risorgimentali. Era già grande, quando le truppe austroungariche usarono la sua ampia chioma come deposito e magazzino durante la Prima Guerra Mondiale.
Il fusto, in precedenza, era più alto di circa due metri, ma venne in parte sommerso quando venne costruito l’adiacente canale derivato dal fiume Sarca per la produzione di energia elettrica.
Dopo la guerra, sotto la sua chioma ha tenuto per una cinquantina d’anni la sua officina di meccanico Dante Frioli, che è la fonte di ogni notizia sul Leccio.
Nel 1991, c’erano forti dubbi sulla sopravvivenza dell’albero. Al momento della mia visita, il fusto presentava numerosi fori tipici delle larve di cerambici, e sulla chioma apparivano vistose chiazze rossastre.
La cittadinanza di Sarche aveva ben pensato di perpetuare la memoria del Leccio intitolandogli una via nei pressi: Via del Leccio, appunto. Tuttavia, nel 2009 notizie tratte da giornali locali lo davano ancora vivo e in buona ripresa. I particolari in: Gardenia, nr 92 del dicembre 1991
Nell’anno 2015 è stato tagliato vedi articoli seguenti:

Le foto e i racconti di alberi di Valido Capodarca

Ripercorriamo un po’ le storie, rivedendo le quasi 800 foto con le descrizioni di grandi alberi che Valido Capodarca ha pubblicato in questi ultimi anni su facebook.  Lui ci ha autorizzati alla divulgazione anche sul nostro sito.

Nei racconti e nelle foto c’è l’Italia, ci sono le regioni, le comunità, i borghi, le località, le persone e in particolare c’è l’amore di Valido per gli alberi. Una vita da cercatore di alberi, uno scrittore, una passione, un grande impegno, una conoscenza e che riassumiamo in un unica frase: “I grandi alberi di Valido”. Grazie Valido: i migliaia di alberi raccontati e fotografati sono un po’ tutti tuoi.

Adesso li stai regalando anche a noi di molisealberi con immagini, fotografie descrizioni, storie, anedotti, leggende. Riesci a farceli amare giorno per giorno. Citiamo una frase di un suo libro: “Caro lettore, che il grande albero, anche se al primo impatto può fornire una rassicurabile senzazione di solidità, di salute, di forza di eternità, è in realta quanto di più fragile possa esistere tra gli esseri viventi. Gli alberi, crescono vivono, fanno carriera, si ammalano, muoiono”.

Fatte queste premesse, partiamo nel lungo viaggio di Valido in molte regioni d’Italia alla ricerca dei grandi alberi. Molti post sono ripresi anche dai suoi libri, ne citiamo alcuni: Toscana cento Alberi da Salvare (1983), Marche cinquanta alberi da salvare (1984), Emilia Romagna,ottanta alberi da salvare (1986) Abruzzo, sessanta alberi da Salvare (1988). Gli alberi monumentali della Toscna (2003). Alberi monumentali delle Marche (2007). Valido poi ha deciso di appendere rotella metrica e penna con cui ha raccontato di migliaia di alberi. Noi non ci abbiamo mai creduto. Lui continua a descrivere di alberi su facebook perchè il mondo dei grandi alberi come egli stesso dice è un libro sempre aperto. C’è sempre qualcuno che deve continuare a riprendere rotella e penna per mantenere questo libro aperto.

Come lo stesso Valido dice alla fine del suo libro sui grandi alberi della sua Regione Marche: “Appendo a quel chiodo la penna e la bindella. Ogni tanto, mi affaccerò alla porta della stanza a controllare, con la speranza, un giorno, di non trovarcele perchè questo significherà che qualcuno le avrà riprese e starà continuando il lavoro da me cominciato trent’anni fa”.  Di nuovo grazie Valido per quello che hai fatto per gli alberi e per quello che ci hai insegnato.

Non potevamo che partire dalla prima foto che Lui ha inserito sul facebook nel 2012.  Si tratta di una coppia tra un leccio e un pino domestico ad indicare l’unione tra gli alberi. Ecco il suo primo racconto:
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QUESTO MATRIMONIO NON S’HA DA FARE
E’ stata, questa, la prima foto da me pubblicata su Facebook, il 18 maggio 2012, ma senza adeguata spiegazione di quanto esposto, come ho poi imparato a fare in seguito. Ritengo che pochi ricordino questi due alberi, in ogni caso, non avendo spiegato di cosa si tratti, ritengo opportuno riproporre la foto con l’opportuna didascalia. La coppia di alberi è costituita da un leccio e un pino domestico, e si trova accanto alla casa di campagna della famiglia Mercuri, in località Cortaglie, in comune di Montelparo (FM). Per Cortaglie si intende una delle due vallette che sono alla testata del torrente Indaco, affluente dell’Aso.
La curiosa figura è composta da due elementi molto poco omogenei: un leccio di dimensioni ordinarie, e un pino che, con m. 3,60 di circonferenza, è uno dei più grandi delle Marche e può accreditarsi del titolo di albero monumentale. Qui, però, ancor più monumentale è ”la strana coppia”. Non si sa se per intenzione di qualcuno o per un evento naturale, i due alberi sono nati e cresciuti estremamente vicini, tanto che sembrano l’uno abbracciato all’altro. Addirittura un ramo del leccio si e ricavato un incavo nel ramo del suo compagno. A causa della eccessiva diversità tra le specie, non si è verificata nessuna anastomosi, in quanto i due rami non sono saldati e non c’è travaso di linfa da una specie all’altra.
L’abbraccio, comunque, c’è, e forte, ma i due alberi hanno trovato il giusto modo per convivere e, più che lottare, sembra che si abbraccino.

Valido Capodarca

Albero monumentale: Elce o Leccio a Vallerano (VT)

Nome comune: Elce o Leccio Altezza stimata (m): 20 Circonferenza (misurata a circa 130 cm da terra): 450 cm

Tipo: Albero singolo Di chi é l’albero monumentale: eredi dell’Avvocato Poscia Proprietà: privata Indicazioni per raggiungere l’albero: arrivati a Vallerano chiedere della proprietà avv. Poscia e dell’albero Località: Riccioli Comune di Vallerano (VT)

Ambiente Urbano: Verde privato

La pianta viene segnalata per: Valore storico-culturale

Descrizione della motivazione: leggenda legata alla costruzione del Santuario di S. Maria del Ruscello XV secolo

ELCE O LECCIO a VALLERANO (VT) segnalato da Malatesta Ernesto – Fabrica di Roma – viterbo-

 

Alcuni alberi di San Francesco

Come scritto nel nostro gruppo di facebook dal più famoso cercatore di alberi, Valido Capodarca: “Il primatista assoluto, in Italia, in quanto ad alberi dedicati al proprio nome, è certamente San Francesco. Fra Centro e Nord Italia sono almeno una decina gli alberi che lo ricordano”. Noi di molisealberi riprendendo un po’ di spunti bibliografici abbiamo fatto un elenco di tre alberi di San Francesco, con una breve descrizione. Oggi tutto è dedicato a San Francesco.

Partiamo da Assisi località Eremo delle Carceri. Qui ci sono due lecci censiti nel 2008 dalla Regione Umbria indicati con codice pianta 001 e 002. Il primo ha una circonferenza di cm 200 altezza mt 5 larghezza chioma mt 4. Il secondo circonferenza di cm 360 altezza mt 21 larghezza chioma mt 16. Storie e miracoli si associano a questi luoghi dove Francesco pregava e contemplava. Boschi di leccio grotte e pietre sono i testimoni della vita del Santo di Assisi.

Leccio Eremo delle Carceri

Andiamo ora  a Rivodutri in provincia di Rieti frazione Cepparo a quota intorno i 1230 mtslm dove c’è un faggio con una forma particolare con rami che si intrecciano  ad ombrello dove la leggenda narra che Francesco si riparò da un temporale. Le dimensioni dell’albero sono  8 mt di altezza, la circonferenza è di 400 cm  L’età oscilla intorno ai 250 anni (Fonte: Alberi monumentali del Lazio di Valido Capodarca).  Capodarca lo definisce: originalissimo, un gigantesco cespuglio con i tronchi più grandi un po’ rovinati oggi come “radice quadrata” di una pianta madre (vecchio faggio di San Francesco che sta morendo ) in un nuovo faggio di San Francesco.

Si tratta comunque di fusti obliqui con rami contorti. Se l’albero ha 250 anni e San Francesco è vissuto 800 anni fa, qualcosa non quadra, ma a noi piacciono le leggende sugli alberi di San Francesco. Ci avviciniamo alle sue creature (non solo gli alberi), alla sua spiritualità, alle sue Lodi, al Creato, alla Natura, alla nostra sorella e madre Terra; “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba”. Questo faggio forse è un discendente di quello originario. E’ stato, in questi 800 anni, sempre un faggio un po’ particolare e magico, come dalla foto, e a noi basta questo.

Il Faggio di San Francesco

Dopo il leccio e il faggio uno dei dieci monumenti della natura da non perdere in Italia come dice Tiziano Fratus nel suo manuale del: “Perfetto cercatore di Alberi è il cipresso di San Francesco a Verrrucchio in provincia di Rimini. La targhetta dell’albero dice: Piantato da San Francesco nel 1213. Età 800 anni.” Circonferenza base cm 530. Altezza 25 mt.

Che dire di questo Cipresso, qui intorno all’albero e nel chiosco del Convento di Santa Croce si respira aria miracolosa. E’ una rarità anche per gli studiosi di alberi. Possiamo dire, qui si ferma un po’ la scienza che  cede il posto alla fede e alla religione. Se non vuoi ardere, cresci ? diceva Francesco al suo bastone che non riusciva a bruciare. Così buttandolo a terra  nacque il nostro Cipresso. L’albero oggi sta ancora in piedi  dopo aver perso la cima e grazie anche ad  alcuni sostegni. Il tronco è  legato con filo di ferro e una cintura arrugginita.  

Tiziano Fratus, osservatore attento di alberi, dice che nel 1800 la cintura arrugginita era stata applicata per poter tenere insieme le diverse branche, dopo che i soldati napoleonici tentarono di bruciarlo. Questo Cipresso, si legge dai giornali di oggi, è stato clonato per donarlo all’attuale papa Francesco. E’ uscita una piantina alta 40  centimetri diretta discendente del cipresso che 800 anni fa piantò San Francesco.

Un Albero forte, storico, leggendario, miracoloso, favoloso, imponente non ci vengono in mente altri aggettivi. Ci sono altri Cipressi di età superiore a 600-700 anni Capodarca classifica al secondo posto quello di Toffia (messo un po’ male) in provincia di Rieti e Fratus un cipresso alle cinque Terre in Liguria di 800 anni e a Grizzana in Provincia di Bologna in frazione La Scola  con circonferenza di cm 550 Si tratta quindi di Cipressi che per circonferenza e per altri parametri arrivano all’età in cui visse San Francesco. Continueremo nei prossimi giorni a parlare di grandi alberi di San Francesco e delle loro storie e leggende.

Il cipresso di San Francesco