Archivi della categoria: Aree Protette del Molise

Aree prottette ZPS SIC ecc.. della Regione Molise

Il Fiume Fortore e il Lago di Occhito – Il Piano di Gestione area SIC-ZPS

Piano Gestione area Sic Fortore-Lago di Occhito anno 2010
Piano Gestione area Sic Fortore-Lago di Occhito anno 2010

La Giunta della Regione Molise con Seduta del 6 agosto 2010, n. 672. avente per oggetto: “Progetto Life Natura Fortore “Azioni di conservazione per i SIC del Fiume Fortore” – Adozione del Piano di Gestione del SIC/ZPS “Lago di Occhito”, codice: IT7222248″,  ha adottato il Piano di Gestione del SIC/ZPS lago di Occhito che definisce uno strumento di pianificazione tematico settoriale del territorio e che va anche a produrre effetti integrativi e sostitutivi sulle norme e previsioni degli strumenti urbanistici dei Comuni interessati che per il Molise sono Colletorto, Gambatesa, Macchia Val Fortore, Pietracatella, San Giuliano di Puglia, Santa Croce di Magliano, Sant’Elia a Pianisi e Tufara.

Il Piano di Gestione del Fortore- Lago di Occhito è scaricabile qui

Fonte: Regione Molise

Pescopennataro – Il Bosco di Vallazzuna

Comune interessato: Pescopennataro;
Superficie bosco: Ha 300 circa;
Sito di Importanza comunitaria: codice IT7218217;
Quota minima: mt 900 slm;
Quota massima: mt 1120;

Rete Natura: Habitat codice 9510:

Pescopennataro - Vallazuna
Pescopennataro – Vallazuna

A Nord Est del comune di Pescopennataro in Alto Molise c’è una caratteristico sito di importanza comunitaria rappresentato da un unico complesso boscato denominato Vallazzuna. Ubicato nell’ambiente tipico dell’Appennino su suoli prevalentemente argillosi dove predomina il cerro (Quercus Cerris), il Bosco di Vallazzuna confina ad Est con Monte Castellano (1642 mslm) e con i Vallone Cese. E’ attraversato da una pista forestale ad Ovest che scende lentamente con direzione SE-NO non quasi a confine dell’area. Un’altra pista la divide sul lato Est in località Selva Piana.
A Nord il bosco è delimitato dal confine regionale e precisamente con il comune di Rosello in provincia di Chieti. A sud del Bosco di Vallazzuna c’è anche quello di Selva Piana. Esso è in lieve pendenza e nella parte centrale è attraversato da una serie di fossi.  Geologicamente si presenta con argille siltose con subordinate livelli arencei.

Vallazzuna lato sud
Bosco Vallazuna a sud Fonte Carta tipi Forestali

Prevale il Cerro allo stato puro (Quercus cerris) o misto a Acero (Acer), ed altre essenze forestali. Si tratta di una cerreta mesofila tipica del piano submontano di circa 285 Ettari. Ci sono dei nuclei di abete bianco a nord ed anche a sud, come meglio si evidenzia nella carta dei tipi forestali della Regione Molise.

I rimanenti ettari sono aree pascolive incolti e cespugli, generalmente concentrati a sud est del bosco. Il sito di Vallazzuna si inserisce in un ambiente incontaminato e in vicinanza delle caratteristiche abetaie di Pescopennataro. Merita una  visita, accompagnata. E’  facile perdersi, in quanto non ci sono facili piste forestali all’interno.

Bosco di Vallazuna Pescopennataro
Bosco di Vallazuna a Pescopennataro

Pescolanciano – La Riserva di Collemeluccio (seconda parte)

Locandina della riserva di Collemeluccio
Locandina della riserva di Collemeluccio

L’altitudine della Riserva di Collemeluccio varia tra i 795 ed i 1.075 m.s.lm, la pendenza è generalmente modesta ed i terreni, del tipo “suolo bruno calcarei”, derivano da un’unica formazione miocenica, costituita da arenarie micacee, argille scistose e calcari marnosi. Le precipitazioni sono in media di 900-1000 mm annui e vi è umidità diffusa e stagnante, specie nelle arre in vicinanza di fossi e valloni. Questa umidità secondo noi crea un microclima e un habitat ideale per le varie specie arboree e arbustive presenti e una biodiversità unica. Il clima meno rigido determina sicuramente accrescimenti delle piante più sostenuti.

Collemeluccio è una eccezionalità dal punto di vista fitosociologico (termine che vuol dire in poche parole le piante-sociali o meglio comunità vegetali  che si associano come indicatori di ambiente). Nonostante il rifornimento di specie dei querceti con cui sono collegati dinamicamente, la foresta di Collemeluccio è stata ascritta all’associazione Aquifolio-Fagetum  caratteristica dei faggeti meridionali. Il pregio di queste cenosi, ampiamente rappresentate all’interno della riserva, consiste sia nell’eccezionalità della consociazione cerro-abete bianco sia nel grado di conservazione che ha consentito di mantenere, nel complesso, un notevole grado di ricchezza di flora.

Nel’ambito della classificazione della Rete Natura 2000 e dalla cartografia della riserva codice  IT212134  (Bosco di Collemeluccio – Selvapiana – Castiglione – La Cocozza) la riserva fa parte quasi completamente  all’habitat numero 09515. Questo habitat significa:  “Boschi relittuali di abete bianco, spesso accompagnati da cerro e faggio, localizzati in aree montane dell’Appennino meridionale, all’interno della fascia potenzialmente occupata dalle faggete“. Tali formazioni vengono comunemente inquadrate nell’alleanza Geranio versicoloris-Fagion sylvaticae. Le Specie guida per l’identificazione dell’habitat 9510 sono Abies alba Mill.,  Fagus sylvatica L. subsp. sylvatica, Quercus cerris L., Geranio versicoloris-Fagion sylvaticae, Anemono penninae-Fagetum sylvaticae.

In Molise solo il bosco degli Abeti Soprani e il  Bosco Vallazzuna hanno l’habitat numero 9510.  Nel gruppo dei siti forestali individuati con il codice 9510 sono comprese, per affinità ecologica e di distribuzione, l’abete accompagnato normalmente da Quercus cerris ma anche, laddove le condizioni microclimatiche sono favorevoli, da Fagus sylvatica. Tra le altre specie che caratterizzano questo sito possiamo citare: Acer lobelii, Adenostyles australis, Alnus cordata, Chardamine caledonia, Doronicum columnae, Geranium versicolor, Lilium croceum, Luzula sieberi, Potentilla micrantha, Ranunculus brutius.

Pescolanciano L’abetina di Collemeluccio  (prima parte)

Il Piano di Gestione della Riserva di Collemeluccio (Terza parte)

L’Area MAB di Collemeluccio (quarta parte)

Collemeluccio Habitata 9510
Collemeluccio Habitata 9510

 

Che fine ha fatto il “Parco” del Matese? Dedicato a Flavio Bruni.

montidelmatese
Cartografia del Matese Scala 1:25000

Anno 2009. Cinque anni fa. Lodevole iniziativa per l’istituzione del parco “Regionale” del Matese. Da qui l’appello del Comitato promotore di allora e le battaglie a cui aderirono, cittadini, comuni, associazioni varie. Ne parlò anche in un articolo il geologo Mario Tozzi su Primapagnamolise  del 07/10/2009.

Anche noi di molisealberi ne parlammo un po’, in particolare c’è rimasto “nel cuore” lo studio e la tesi di laurea di Flavio Bruni dal Titolo “Per lo sviluppo del Comprensorio Matesino-Molisano“, Editore Società Geografica Italiana, Anno 2009.  I genitori di Flavio, che già ringraziammo pubblicamente,  ci hanno scritto e mandato la sua tesi con la seguente dedica: “Agli Amici dell’Associazione Ophrys-Molisealberi con stima e simpatia“  e che oggi (anno 2014) custodiamo ancora con cura nella nostra biblioteca. Flavio non c’è più dal 2008. A Lui viene dedicato un memorial annuale di calcio dal titolo: “Un pallone per amico” come per noi, che c’è sempre da trovare un albero per amico.

Noi non abbiamo conosciuto Flavio ma l’avremmo voluto conoscere. Su Flavio c’è il sito che consigliamo di visitare www.flaviobruni.it.  Si legge della sua intensa vita, delle sue idee sulla natura e sull’ambiente. Flavio era uno studioso di geografia, amante del Molise e in particolare del Suo Matese. Flavio aveva una forza del “sapere“ innata. Ce ne siamo accorti leggendo per caso la tesi di laurea qui allegata e pubblicata dalla Società Geografica Italiana. Sono 56 pagine che descrivono con semplicità  e dettaglio il Suo Matese. Risponde in sintesi a tutto quello che c’é da dire e da fare sul territorio. Affronta gli argomenti della pianificazione, dello sviluppo sostenibile, della valorizzazione delle risorse del Matese. Valuta il valore aggiunto per le attività economiche e turistiche e conseguentemente le possibilità di lavoro del comprensorio matesino. Combatte in casa e fuori e divulga le sue idee di amante della natura.

Forse Flavio, come dicono i suoi genitori, conosceva già il nostro sito molisealberi. Nella sua tesi Flavio dedica alcune pagine all’escursionismo, ai tratturi, alla tracciatura e valorizzazione dei sentieri. Quello che noi abbiamo sempre voluto per le nostre zone. Siamo convinti che il Matese non è solo lo sfruttamento di Campitello. Come diceva Flavio, “il comprensorio Matesino è un territorio molto sensibile ma con delle potenzialità“. Sensibile forse perché viene spesso sfruttato nelle sue risorse naturali e culturali (acqua, legna,  cave,  ecc…) in modo sbagliato. Potenzialità perché crediamo che occorra una gestione migliore delle risorse e del territorio e che Flavio si è battuto, nella sua vita per realizzarla.

La soluzione sta nella creazione di un’area protetta sul Matese. Ormai se ne parla da sei anni, da quando Flavio non è più con noi. Noi vogliamo continuare a divulgare i suoi scritti e a combattere ogni giorno affinché quello che Flavio descrive e analizza nella sua Tesi di laurea possa realizzarsi, cioè il Parco del Matese e conseguentemente tutto quello che ruota intorno ad un Parco come: il minor sfruttamento della montagna, l’ottimale gestione dell’acqua, l’artigianato tipico, il turismo storico-culturale, l’agriturismo, l’escursionismo a piedi e a cavallo, il selviturismo, l’alpinismo, la speleologia, il recupero del patrimonio edilizio, l’agricoltura biologica, la certificazione forestale, le terme, la ricettività diffusa, le aree archeologiche, il parco del sottosuolo, lo studio della flora e della fauna. Nella tesi Flavio vuole valorizzare l’area del Matese in termini di risorse ambientali, economiche ed umane. I figli di questa terra potranno un giorno trovare un lavoro ed un futuro un po’ “più verde“ non legato allo sviluppo “utopico“ industriale basato sullo sfruttamento delle risorse e che Flavio non voleva. Abbiamo voluto non dimenticare Flavio.  Forse è stato un caso riproporre questo articolo a gennaio 2014 non sapendo che era proprio un gennaio di 6 anni fa che Flavio se ne andato lassù,  ma il Tuo ricordo, le Tue idee sull’ambiente e sul territorio e sulla volontà di istituire un Parco del Matese sono rimaste in noi e credo di tutti gli amici di molisealberi.

Condividiamo la tesi di Flavio come una lezione di vita e consigliamo di leggerla attentamente.

Concludiamo riprendendo  un parte della Tesi che oggi dopo 6 anni è ancora più attuale:

“L’economia molisana ha sempre vissuto grazie ad aiuti esterni e ora ne sta pagando le conseguenze. Infatti, il tessuto industriale che si era andato strutturando è per la maggioranza opera di operatori extraregionali che ora, causa anche il momento non facile di congiuntura economica, non esitano a smantellare le proprie attività produttive. Un po’ tutto il Molise sta risentendo del momento poco favorevole, ma sono soprattutto le zone interne, come l’area matesina, a subirne di più gli svantaggi. È una storia che si ripete, come afferma lo scrittore molisano Franceso Jovine”.

Per dettagli: www.flaviobruni.it

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Per leggere la  e scaricare la Tesi di Flavio Bruni cliccare qui Tesi di Flavio

Il Sito del Comitato Promotore Parco del Matese

 

 

Pescolanciano – L’abetina di Collemeluccio (prima parte)

Mappa di Collemeluccio

Collemeluccio si trova tra Pescolanciano e Pietrabbondante in Alto Molise. La Foresta di Collemeluccio è una consociazione di Abete Bianco con il Cerro. L’abetina ha una valenza ecologica elevata ed è sottoposta a studi e ad una attenta gestione. Abete bianco e Cerro non è facile trovarli insieme nel nostro Appennino molisano. Di solito l’Abete bianco sta in consociazione con il faggio, ma qui scende di quota nel piano della Cerreta. Stranezze della natura.

Il bosco di Collemeluccio per diventare com’è oggi ha aspettato molto tempo, l’uomo ha fatto il resto. L’Abetina di Collemeluccio fa parte di un sito SIC (Sito di importanza Comunitaria) denominato  IT7212134 Bosco di Colle Meluccio – Selvapiana – Castiglione – La Cocozza per una superficie di circa 4000 ettari. L’Abetina di Collemeluccio rientra nell’habitat indicato con il numero  9510 per una superficie di 484 Ettari pari a circa l’8% dell’area SIC L’habitat di Collemeluccio n. 9510 è detto prioritario: “Foreste sud-appenniniche di Abies alba” descritto come: “Boschi relittuali di abete bianco, spesso accompagnati da cerro e faggio, localizzati in aree montane dell’Appennino meridionale, all’interno della fascia potenzialmente occupata dalle faggete”.

Tali formazioni vengono comunemente inquadrate (per chi si occupa un po’ di fitosociologia) nell’alleanza Geranio versicoloris-Fagion sylvaticae. Gli habitat prioritari sono habitat naturali che rischiano di scomparire in Europa e per la cui conservazione un po’ tutti noi abbiamo una grossa responsabilità. Ormai si parla di habitat prioritari dal 1992, anno della “famosa” direttiva Habitat.

Facciamo un po’ di storia del Bosco di Collemeluccio che preferiamo chiamare Foresta. Il nome di Collemeluccio forse deriva dal nome della nobildonna Desiderata Mellucci consorte del duca D’Alessandro di Pescolanciano. Siamo nell’anno 1628 e qui già c’era l’Abete bianco. Prima si chiamava Feudo Vignali o secondo altri: Selva di Santa Maria in Salcito, proprietà del Duca D’Alessandro fino al 1895, anno in cui fu espropriato dal Banco di Napoli ed acquistato da altre  famiglie. Poi la foresta fu suddivisa nel tempo, per una serie di successioni ereditarie, in tante piccole quote (frammentazione fondiaria). A partire dal 1969, la foresta è diventata un bene inalienabile dello Stato, gestito dall’ex Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, oggi dall’ Ufficio Territoriale della della Biodiversità di Isernia.

Durante il periodo di gestione privata fino al 1890 circa, il bosco era regolarmente utilizzato ed il legname di abete venduto per travame ed altri prodotti artigianali, con mercato ristretto ai comuni limitrofi. La vendita dell’abete avveniva per alberi in piedi generalmente con diametri superiori a 40-45 cm. Il legname d’abete veniva utilizzato per le manutenzioni dei fabbricati per fare attrezzature varie connesse all’attività agricola e pastorale e anche da artigiani per la trasformazione dei grossi tronchi. Nel 1870 il bosco venne diviso il 8 sezioni per l’utilizzo di una sezione ogni 8 anni seguito poi da un periodo di uguale durata nel quale non era previsto nessun taglio. Il bosco veniva, poi, abbondantemente pascolato, e i D’Alessandro concedevano le fide pascolo per i capi bovini, equini ed ovini.

Le latifoglie generalmente del piano intermedio del bosco consociate alla conifera erano governate a ceduo per la produzione di legna da ardere e carbone vegetale, mentre nel piano dominante si interveniva con un taglio a scelta che interessava le piante di abete di maggiori dimensioni. Sembra tuttavia che, soprattutto per quanto riguarda la fustaia di abete, le utilizzazioni fossero alquanto contenute ed eseguite nel rispetto di elementari norme tecniche che hanno consentito al soprassuolo di rinnovarsi naturalmente, in una certa misura, e di sopravvivere, poi, a due periodi di crisi particolare, caratterizzati da drastiche utilizzazioni in corrispondenza degli ultimi conflitti mondiali. Durante la prima guerra mondiale infatti, il bosco di Collemeluccio fu requisito dalle autorità militari e tutte le piante di abete con diametro superiore  a 15-20 cm furono tagliate. Analoghi tagli si ebbero durante il periodo dal 1940 al 1946. Nel 1968 l’Azienda di Stato delle Foreste demaniali ne prese la gestione per circa 363 ettari, la foresta è diventata una riserva orientata non più soggetta a tagli irrazionali. (fine prima parte)

Pescolanciano – La Riserva di Collemeluccio (II parte)

Il Piano di Gestione della Riserva di Collemeluccio (Terza parte)

L’Area MAB di Collemeluccio (quarta parte)

Il Giardino della Flora Appenninica a Capracotta

Il Giardino dell Flora Appenninica a Capracotta

Tra le aree protette e di interesse in Molise c’è Il Giardino della Flora Appenninica di Capracotta nell’Alto Molise, a quota 1.550 metri s.l.m., lungo la strada provinciale che collega il centro abitato  alla località sciistica di Prato Gentile. Il Giardino si trova in posizione di straordinaria bellezza paesaggistica che domina un’ampia vista sulle Mainarde, la Maiella e il Matese. Si estende su circa 9 ettari, è uno dei pochi esempi di “orto botanico naturale” esistenti in Italia, nel senso che la maggior parte delle specie botaniche presenti sono spontanee ed endemiche della flora dell’Appennino e l’intera tipologia ed architettura interna al giardino stesso è quella naturale, senza artefatti di sorta od interventi da parte dell’uomo che ne abbiano minimamente alterato l’originaria allocazione degli elementi naturali preesistenti.

Gli unici interventi che sono stati effettuati riguardano il ripristino e la sistemazione dei sentieri preesistenti ed il miglioramento complessivo della fruibilità da parte dei visitatori e degli studiosi, oltre alla costruzione di un edificio, in fase di completamento, che presto sarà utilizzato come museo, centro di ricerca per la biodiversità vegetale e per il biomonitoraggio ambientale, centro di accoglienza per i visitatori, spermoteca, erbario e foresteria per gli studenti.

Giardino della Flora Appenninica di Capracotta

Nel Giardino crescono spontaneamente circa 200 specie distribuite in vari ambienti che vanno dalla faggeta, ai cespuglieti, alle zone umide, agli habitat rocciosi e rupestri; oltre a ciò sono stati realizzati alcuni terrazzamenti per fare posto alle aiuole dimostrative delle specie di maggior attrazione per i visitatori. Insieme a queste specie spontanee è in atto un lavoro di introduzione, previa acclimatazione, di molte specie botaniche rappresentative dei più importanti habitat montani dell’Appennino centro-meridionale (Maiella, Gran Sasso d’Italia, Monti della Laga, Terminillo, Monti Sibillini, Matese, Meta, Mainarde). L’ambiente è naturalmente quello originario, lasciato quasi completamente allo stato naturale ed inserito nel tipico e meraviglioso paesaggio rupestre e sassoso delle pendici di Monte Campo (1746 metri s.l.m.) che fa da splendido sfondo.

Il visitatore incontra il percorso della faggeta dell’abetina e la ricchezza flogistica dell’ambiente umido oltre che l’ambiente della roccia e quello rupestre. Tra le specie di notevole interesse ambientale sono quelle endemiche e alcune rischio di estinzione come il ciombolino (Cymbalaria pallida), la linajola (Linaria purpurea) la margherita laciniata (Leucanthemum ceratopylloides subsp. Tenuifolium).

Il Giardino è gestito da un Consorzio tra Università del Molise, comune di Capracotta Regione Molise, Provincia di Isernia ed è impegnato in vari progetti relativi alla biodiversità, al recupero di essenze agroalimentari locali, alla coltivazione di piante officinali ed a progetti di didattica ed educazione ambientale e alla sviluppo del turismo naturalistico. In questi anni il Giardino ha avuto un forte incremento di visitatori non solo alunni delle scuole ma anche ricercatori e molti  turisti.

Giardino Flora Appenninica a Capracotta

Convegni di alto valore scientifico fanno del Giardino una realtà ormai consolidata per tutto il Molise in Italia e in Europa, e non solo. Rappresenta per chi e interessato alla conoscenza e alla ricerca un “fiore” all’occhiello per la biodiversità e per la conservazione degli habitat del nostro Appennino.

Per dettagli http://www.giardinocapracotta.unimol.it/

Fonte: www.giardinocapracotta.unimol.it