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Le Foreste vetuste. Cerchiamo di capire cosa sono

Nel  2010  Il MInistro dell’Ambiente, la Società Botanica Italiana, il Centro di Ricerca Interuniversitario“Biodiversità, Fitosociologia ed Ecologia del Paesaggio” della Università della Sapienza di Roma grazie al  gruppo ricerca foreste vetuste fece una pubblicazione dal titolo: “Foreste Vetuste in Italia”. Riprendiamo alcune parti di questa pubblicazione e ne facciamo una sintesi. Già non è chiara la definizione di “foresta” e di “bosco” in particolare dal punto di vista giuridico se poi aggiungiamo il termine “vetusto” esso può significare:

– comunità forestali che hanno raggiunto una fase di sviluppo caratterizzata da un’elevata eterogeneità strutturale.

– una foresta vetusta è un bosco primario o secondario che abbia raggiunto un’età nella quale specie e attributi strutturali normalmente associati con foreste primarie senescenti dello stesso tipo, si siano sufficientemente accumulati così da renderlo distinto come ecosistema rispetto a boschi più giovani  (FAO anno  2001).

Troppo generale la definizione FAO, poi Americani, Asiatici, Australiani Europei e Italiani hanno  dato  diversi significati di foreste vetuste. Quella Italiana, che secondo noi è la più obiettiva e chiara è: “Foreste in cui il disturbo antropico sia assente o trascurabile, caratterizzate da: una dinamica naturale che determina la presenza, al loro interno, di tutte le fasi di rigenerazione, compresa quella senescente”. Tale fase è caratterizzata da individui di notevoli dimensioni ed età; presenza di legno morto (alberi morti in piedi, rami e alberi caduti a terra); una flora coerente con il contesto biogeografico caratterizzata dalla presenza di specie altamente specializzate che beneficiano del basso grado di disturbo e di specie legate ai microhabitat determinati dall’eterogeneità strutturale.” Bella definizione, un pò difficile da applicare nella pratica secondo noi.

Dire che una foresta è vetusta deve essere molto difficile.  L’ecosistema bosco già di per se è molto complesso (alberi di diversà età, alberi di disturbo, competitività tra alberi, auto-diradamento, chiusura della volta arborea, accumulo di biomassa a terra, tipo di sottobosco  ecc.. ) e le cause legate allo sviluppo e maturazione del bosco sono diverse e numerose (densita di copertura, umidiità del suolo, luce, tipo di terreno  ecc.). Le specie morte di alcuni individui delle volte consentono una maggiore disponibilità luminosa al suolo e la riaffermazione di una più ricca comunità nel sottobosco. (Morte tua vita mia, anche tra gli alberi nei boschi). In Italia i boschi sono stati sottoposti a sfruttamento da secoli.

Solo in aree prottette e nei parchi nazionali secondo noi si ha quindi una maggiore  probabilità di trovare e studiare le foreste vetuste. Infatti c’è la necessità di creare una rete nazionale delle Foreste Vetuste  nelle aree protette in cui potersi concentrare per ulteriori indagini ai fini della definizione di linee guida, diversificate per tipologie vegetazionali, per la gestione sostenibile delle foreste in termini di biodiversità. Si studiano le foreste vetuste da diversi anni.  Come già molti autori hanno scritto sono un importante punto di riferimento al fine della valutazione dell’impatto delle attività umane sugli ecosistemi forestali.

Foreste vetuste, riferimento necessario per lo sviluppo di tecniche per una gestione sostenibile che integri funzioni ecologiche, sociali ed economiche del bosco. Si conclude nella pubblicazione che ” I siti con le caratteristiche di vetustà più marcate dovranno essere monitorati attraverso un approccio ecosistemico, includendo indagini sulla biodiversità, specialmente per quei taxa noti per essere strettamente legati a foreste vetuste (organismi saproxilici, licheni, briofite etc.). Queste analisi potrebbero rappresentare un ulteriore passo verso una conoscenza completa della foreste italiane più vicine a condizioni di naturalità”.

Al giorno d’oggi infatti, non è più pensabile considerare il valore di un bosco tenendo conto esclusivamente della funzione economica e produttiva tralasciando le altre funzioni di cui abbiamo più volte scritto anche in questo sito. Lo studio delle  foreste vetuste porta a conoscere di più i nostri vecchi  alberi che sono sicuramente qui molto numerosi,  di grandi dimensioni e  che stanno per morire o meglio stanno in fase di deperimento. L’esempio più  evidente è  per i nostri vecchi o “senescenti”  faggi presenti in quei luoghi nascosti, inaccessibili, dove il disturbo dell’uomo è assente, e dove si vedono anche numerose piante “morte” in “piedi o a terra” con una elevata presenza di legno morto. Nelle foreste vetuste  siamo piu vicini alla naturalità, alla biodiversità e al mondo degli  alberi, qui l’uomo non può e non deve intervenire.

Siamo oltre quello che si definisce “riserva naturale integrale” intesa come  un’area naturale protetta nella quale non sono ammesse attività antropiche di nessun tipo, ad eccezione della ricerca scientifica. Perciò, non  si eseguono interventi di alcun genere: ad esempio, se un albero cade per vari motivi, viene lasciato dov’è. Noi cercatori di grandi e vecchi alberi saremo più contenti quando l’uomo in questi boschi “vetusti” entra quasi in punta di piedi in silenzio ad osservare e a studiare il meraviglioso mondo degli alberi.

Il documento è scaricabile qui Foreste Vetuste in Italia

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